DOVE SI NARRA E SI FA SAPERE CHI ERA IL CAVALIERE DAGLI SPECCHI E CHI IL SUO SCUDIERO
Soprammodo contento, inorgoglito e tronfio incedeva don Chisciotte per avere riportato vittoria su così prode cavaliere come s'immaginava che fosse quel dagli Specchi, dalla cavalleresca promessa del quale aspettava di sapere se l'incantamento di Dulcinea continuava; poiché, per forza, sarebbe dovuto tornare quel vinto cavaliere, sotto pena di non esser più tale, a riferirgli ciò che gli fosse avvenuto con lei. Ma una cosa pensava don Chisciotte ed un'altra quel dagli Specchi, sebbene per allora questi non pensasse che a cercare, come si è detto, dove potersi fare degli impiastri. Dice pertanto la storia che quando il baccelliere Sansone Carrasco consigliò don Chisciotte a riprendere le abbandonate sue imprese cavalleresche, fu in conseguenza dell'aver prima tenuto segreto consiglio col curato e col barbiere in ordine a quale mezzo si sarebbe potuto adottare per costringere don Chisciotte a starsene quieto e tranquillo in casa sua, senza più tormentarsi l'anima a cercare le disgraziate sue avventure; un consiglio dal quale venne fuori la deliberazione, per voto unanime di tutti e per particolare proposta di Carrasco, di lasciare che don Chisciotte si mettesse di nuovo in campagna, dal momento che pareva impossibile trattenerlo; inoltre, che Sansone gli uscisse incontro per la sua strada fingendosi cavaliere errante, attaccasse battaglia con lui, giacché motivi non ne sarebbero mancati, e lo vincesse (il che era ritenuto per cosa facile), dopo essere stato stabilito come patto e accordo che il vinto rimanesse alla mercé del vincitore. In tal modo vinto don Chisciotte, il baccelliere avrebbe dovuto ingiungergli di tornarsene al suo villaggio e a casa sua, senza più uscirne per due anni o fino a tanto che da lui non gli fosse comandato diversamente. Il che era manifesto che da don Chisciotte sarebbe stato osservato, senza alcun dubbio, per non trasgredire e venir meno alle leggi della cavalleria. Or poteva accadere che durante tale ritiro gli passassero di mente le sue fantasticherie ovvero si desse modo di trovare qualche efficace rimedio alla sua follia. Accettò l'incarico Carrasco al quale si profferse per scudiero Maso Cecial, compare e vicino di Sancio Panza, un buontempone, un capo ameno. Sansone si armò come è stato narrato e Maso Cecial aggiustò sul suo naso naturale quello falso e da maschera, su accennato, per non essere riconosciuto dal compare quando si fossero veduti. Così presero la medesima strada che faceva don Chisciotte e arrivarono quasi a trovarsi presenti all'avventura del carro della Morte, finché li incontrarono nel bosco, dove successe loro ciò che il diligente lettore ha letto. E se non fosse stata l'idea bislacca di don Chisciotte che si dette a credere che il baccelliere non era il baccelliere, il signor baccelliere sarebbe stato sempre nella impossibilità di salire al grado di Licenziato, perché «trovò la luna di marzo dove si credeva trovare il sole d'agosto». Maso Cecial, vedendo come male aveva conseguito i suoi desideri e la mala riuscita che aveva avuto quella loro via, disse al baccelliere: — In verità, signor Sansone Carrasco, c'è toccato quel che ci si meritava: è facile pensare e accingersi a un'impresa, ma è difficile il più spesso uscirne bene. Don Chisciotte matto, noi savi, ma intanto lui se ne va sano e ridendo; vossignoria è pesto e contristato. Vediamo un po', ora dunque: chi è più matto? colui che è tale perché deve essere così, o colui che è tale perché così vuole lui. Al che rispose Sansone: — Il divario che c'è fra questi due matti è che quegli il quale è tale per forza sarà sempre tale, mentre quegli che è matto per suo piacimento cesserà d'esserlo quando vorrà. — Poiché è così — disse Maso Cecial, — io sono stato matto di mia volontà quando volli farmi scudiero di vossignoria: or mediante la stessa volontà intendo smettere d'esser matto e tornarmene a casa. — Questo riguarda voi — rispose Sansone; — perché pensare che io abbia a tornarmene alla mia senza aver pesto a legnate don Chisciotte è pensare cosa inutile. Né ora sarò già portato a cercar di lui dal desiderio ch'egli ricuperi il senno, bensì da quello di vendicarmi, poiché il vivo dolore delle mie costole non consente più che io sia compassionevole. Così andarono ragionando i due, finché giunsero a un borgo dove fu vera fortuna l'aver trovato un cerusico praticone dal quale il disgraziato Sansone si fece curare. Maso Cecial tornò indietro e lo lasciò a mulinare la sua vendetta. La storia riparlerà di lui a suo tempo, per non lasciare ora di spassarsi con don Chisciotte.
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Don Chisciotte della Mancia
ClassicsDon Chisciotte della Mancia (il titolo originale è in lingua spagnola: El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha) è la più rilevante opera letteraria dello scrittore spagnolo Miguel de Cervantes Saavedra e una delle più importanti nella storia d...