Mi scuso tantissimo per il ritardo, scrivere questo capitolo si è rivelato stranamente difficile e nonostante non ne sia pienamente soddisfatta non credo di poter fare di meglio. Spero a voi piaccia
Ne approfitto per ringraziare tutto quelli che seguono/votano la storia.
Buona Lettura!
5.Roma è una città crudele
Edoardo schioccò le dita di fronte agli occhi di Lauro nel tentativo di attirare la sua attenzione. La sera era arrivata lenta, le ore erano parse infinite in quel groviglio di emozioni che avevano stretto il suo stomaco con un cappio saldo e soffocante. L'immagine di Barbara che lo scrutava impaurita la sera precedente ritornava nella sua mente prepotentemente quando meno se lo aspettava, lasciandogli un vuoto inspiegabile nel petto.
E si pentiva della rabbia.
Si pentiva della sua impulsività.
Era tornata come un uragano e se ne era andata con le sue felpe, mentre a lui rimaneva il suo letto vuoto e la solita vita di sempre.
Non è che sentisse veramente la mancanza di Barbara, c'era rimasto poco di lei in quella ragazza, aveva semplicemente una paura folle per una persona alla quale aveva tenuto molto. Sapeva quanto potesse essere pericoloso il Tedesco, quanto potesse essere sadico e malvagio e lui cosa aveva fatto? L'aveva cacciata via direttamente tra le sue braccia quando tutto quello che gli aveva chiesto era un rifugio sicuro, un posto caldo in cui stare.
Si sentiva in colpa come mai in tutta la sua vita.
"Bella addormentata svegliati"Disse Edoardo dandogli poi una pacca sulla spalla.
"Ah si, scusa" Sussurrò debolmente, il tono appena udibile, lo sguardo perso nel vuoto.
Sospirò, prese il volto dell' amico tra le mani e lo costrinse a guardarlo.
"Che c'hai oggi? Non parli, non scherzi, c'hai uno sguardo che non t'ho mai visto La"
"So solo stanco" Replicò Lauro liberandosi brusco dalla sua presa.
"Eh no bello mio. Io la conosco la faccia stanca, quella affaticata, quella svogliata. Io te conosco, ma non te capisco sta volta. Con me puoi parlare, lo sai"
"T'ho detto che sto bene cazzo e smettila con ste stronzate sdolcinate" Gridò lui, alzandosi di scatto, recuperando la giacca di pelle e uscendo rapidamente dal pub, lasciando la birra ancora nel bicchiere e una banconota sul bancone sotto lo sguardo curioso di tutti i presenti.
Edoardo alzò gli occhi al cielo e inspiró profondamente, strinse le mani in due pugni per qualche secondo nel tentativo di calmarsi e poi dopo essersi scusato seguì Lauro fuori dal locale.
Odiava che l'amico l'avesse lasciato lì così, che gli avesse risposto in quel modo, ma il suo comportamento era la dimostrazione che qualcosa lo turbava profondamente.
Lauro era un coglione, era un grandissimo, immenso coglione ma era anche il suo migliore amico ed Edoardo era preoccupato per lui.
Doveva capire.
Lo trovò immobile che fissava con gli occhi sgranati qualcuno dall'altra parte della strada e si sentì più confuso di prima.Aveva passato la giornata a vagare per le strade di una città troppo grande, di quella Roma immensa ed eterna e se non avesse avuto la costante sensazione che qualcuno la stesse osservando, seguendo, spiando avrebbe guardato ogni strada della sua città come fosse la prima volta, con stupore, amore e meraviglia. Ma Barbara aveva paura, aveva avuto paura per l'intera giornata ma nonostante tutto aveva continuato a camminare con le gambe tremanti.
Chi si ferma è perduto, le ripeteva sempre Luca, mentre contava le banconote con rapidità e lei si portava una mano al petto, dove la collana che le aveva regalato sembrava bruciarle il petto. Una collana comprata con soldi sporchi, puttane e droga, una collana che la rendeva complice inerme del suo uomo solo perché era troppo debole per alzare la testa.
Quando aveva trovato il coraggio di farlo però s'era trovata a desiderare di poter tornare indietro, a sognare quello che aveva subito riconosciuto come il suo posto sicuro e dal quale Lauro l'aveva cacciata, a vedere i visi degli uomini che l'avevano svegliata sull' autobus ovunque si girasse.
Non era una paranoia, Barbara lo sapeva, erano lì davvero, la seguivano da lontano aspettando chissà cosa e lei ne era terrorizzata.
Centrava Luca.
Erano i suoi uomini, senza ombra di dubbio, un paio dei tanti trogloditi pronti a scattare a ogni suo ordine, di quello che lo seguivano ovunque, che a malapena lasciavano spazio per lei.
Sentì una mano afferrarle le spalle con forza, in una presa troppo ferrea per non sembrare intimidatoria. Un brivido la scosse da capo a piedi, attraversando la spina dorsale, la immobilizzò come fosse un bambola.
Barbara si girò verso l'uomo che la teneva per la spalla e provò a liberarsi con uno strattone senza troppo successo. Lei, lei era piccola, esile, debole ad affamata, non aveva speranze in partenza. Era finita.
Se tutto fosse andato,per il meglio sarebbe tornata in gabbia, non provò neppure ad immaginare la peggiore delle ipotesi.
"Ce ne avete messo di tempo" Ridacchiò sarcastica, cercando di non lasciar trapelare la paura dalla sua voce.
"I veri professionisti lavorano quando cala il buio signorì" Replicò, aveva la voce calda, profonda, accogliente e sarebbe stato quasi rassicurante se non avesse saputo chi era e che, nella mano libera stringeva una pistola che non aveva paura di usare.
"E mo te vieni co' noi, che è pericoloso per le principesse come te girare sole a quest'ora della sera. Roma è una città crudele" Continuò l'altro prendendola per i fianchi mentre provava a fuggire via, mettendole una mano sulla bocca per attutirne le grida e strattonandola con violenza per evitare s'agitasse troppo.
"Statte bona ragazzina, o me tocca usare le maniere forti e tu, ora come ora, vali qualcosa solo finché respiri"Lauro attraversò la strada come una furia noncurante delle macchine, Edoardo lo seguì timoroso nel vedere che puntava diritto verso un gruppo di uomini. Tra loro spiccava la figura di un ragazzo, un loro coetaneo più o meno, indossava una giacca elegante ed un paio di Jeans e fissava Lauro con un ghigno prepotente e sfacciato stampato sul volto perfettamente squadrato, l'esatto contrario dell'espressione furibonda del suo amico.
"Che cazzo fai qui?" Gridò avvicinandosi a lui, il passo rapido e pesante.
"È un piacere anche per me rivederti Lauro caro. Ne è passato di tempo? Quanto?Tre, quattro anni? Ne hai fatta di strada" Lo schernì il Tedesco, carezzandogli la guancia con un dito. Il rapper si ritrasse immediatamente.
"Non te lo ripeterò ancora. Che ci fai qui, cosa vuoi?" Ripeté.
"Volevo solo vedere come te la passavi amico mio. Ti ringrazio per aver ospitato la mia piccola Barbara, sei stato gentile ma non abbiamo più bisogno di te"
Lauro strinse le mani in due pugni, pronto a colpire il Tedesco in pieno viso. La rabbia era cieca, incontrollabile. Rabbia, verso se stesso e verso il mostro che aveva di fronte e poi, ancora, verso Barbara che aveva fatto riaffiorare ricordi di cui portava ancora le cicatrici e che aveva impiegato anni e rendere lontani e ovattati.
Edoardo si precipitò a bloccarlo. "Non ne vale la pena" sussurrò al suo orecchio, con dolcezza. Non poteva immaginare quanto ne valesse, invece.
Il Tedesco si stava riprendendo Barbara e questo lo mandava in besta,gli faceva quasi male.
Era tutta colpa sua.
"Non ne vale la pena" Ripeté Edoardo. Non sapeva chi fosse la Barbara di cui parlavano e neppure quel ragazzetto dell'aria sfacciata e misteriosa, ma immaginava non fosse una persona tranquilla e poi aveva quegli occhi di ghiaccio che lo mettevano a disagio, lo inquietavano.
"Andiamo a casa"
"Ascolta il tuo cagnolino Lauro e non aspettare Barbara stanotte. Sta tornando a casa sua.
Quella vera"
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«Sotto lune pallide» Achille Lauro #Wattys2018
Fanfic[Achille Lauro] [02/2020-STORIA IN REVISIONE] Alzò lo sguardo lentamente, sentendosi osservato. Un paio di iridi scure lo fissavano riflesse nello specchio del suo camerino, occhi grandi, troppo diversi dai suoi e pericolosamente famigliari. "Che...