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12.Aiuto


Il primo pugno lo aveva colpito senza che se ne accorgesse, e da una parte Edoardo s'era sentito quasi sollevato fosse solo un pugno. Da uno come il Tedesco, si sarebbe aspettato una coltellata, come minimo.
Ma no, lui gli serviva vivo, per arrivare a Barbara, spaventarla, tenerla intrappolata nell'incubo e qualcos'altro che a Edoardo sfuggiva, ma che sapeva esserci.
Qualcosa che, in tutta quella storia, non tornava.
Edoardo guardò il cielo, mentre a terra, incapace di muoversi, congelava.
Gli uomini del Tedesco lo avevano colpito così tante volte che ad un certo punto aveva smesso di contare, o di sentire dolore. Era diventato tutto lontano, come se quel corpo martoriato non fosse il suo, come se quei cinque uomini non stessero colpendo lui.
Cinque uomini, contro uno solo, disarmato per giunta e preso alla sprovvista. "Vigliacchi" Aveva gridato, non sapeva bene perché, o quando.
Era così ingiusto.
Lo avrebbero ammazzato di botte per cosa? Spaventare a morte i suoi amici?
No, diamine, no. Non sarebbe stato mai una pedina del suo gioco. Non era un codardo, non era un rammollito e glielo avrebbe dimostrato.
Si era alzato, barcollando, e subito l'avevano spinto a terra, poi erano arrivati calci, violenti, cento o forse mille. Edoardo aveva continuato a gridare, e le sue urla avevano il sapore metallico del sangue che bagnava le sue labbra e veniva da chissà dove.
"Brutto bastardo"
L'avevano tirato su a forza e spinto contro un muro, uno degli uomini del Tedesco l'aveva sollevato da terra, prendendolo per il collo. Edoardo aveva iniziato a boccheggiare in cerca di ossigeno e dimenarsi.
Non voleva morire, Dio, non voleva morire.
Aveva paura.
"Ti risparmierò la vita" Aveva sentenziato il Tedesco. "Ma come ti ho detto, dovrai darle un messaggio"
Edoardo aveva annuito impercettibilmente.
Si sentì un vigliacco, un verme, ma poi? A cosa sarebbe servito morire? Avrebbe soltanto distrutto sia Lauro che Barbara, non li avrebbe aiutati, non li avrebbe salvati, non sarebbe servito a niente.
Il Tedesco aveva riso e fatto cenno ai suoi uomini di allentare la presa, in modo da farlo respirare, ma senza lasciarlo andare. C'erano stati istanti di silenzio e attesa. Edoardo si era guardato intorno confuso, poi uno degli uomini aveva spinto la sua testa contro il muro. La vista si era oscurata improvvisamente, l'unica cosa che riusciva a pensare era di essere giunto al capolinea e di averlo fatto da codardo.
Non c'era nulla di eroico in quella fine.
Ma improvvisamente la vista era tornata, assieme a una fitta intensa di dolore, che aveva attraversato il suo cranio come una scossa elettrica. L'uomo l' aveva lasciato cadere al suolo, come una marionetta a cui sono stati tagliati i fili. Poi lo aveva preso a calci, di nuovo. Edoardo faticava a respirare, non capiva nulla, voleva solo che il dolore finisse. Il Tedesco gli aveva preso il volto e si era avvicinato. "Dille che non mi importa di lei. Che tornerò per ciò che è mio"
E poi era andato via. Lasciandolo solo, confuso e sanguinante.
Edoardo guardò le stelle, incapace di muoversi, pregando che qualcuno lo trovasse.
Passò del tempo, non avrebbe saputo dire quanto, tutto era lento e diradato, i secondi parevano ore e i minuti settimane. Sentì un suono lontano e famigliare. Il suo telefono, il suo telefono squillava.
Mosse il capo con lentezza e lo vide a pochi metri da lui. Pochi metri e la salvezza. Con le ultime forze rimaste, cercò di allungarsi, strisciò, urlando per il dolore. Si fermò, per riprendere fiato. Poi, finalmente, lo afferrò e riuscì a rispondere. Non lesse neppure chi fosse. "Aiuto" Disse. Solo aiuto.
Poi svenne.

Non doveva essere lontano, Lauro lo sapeva. Doveva comprare solo delle sigarette, delle fottutissime sigarette. Cosa poteva essere successo?
Cazzo, cazzo, cazzo.
Il cuore batteva a mille, impazzito. Aveva così tanta paura. La voce strozzata e sofferente del suo amico gli rimbombava nella mente, chiedeva aiuto e poi silenzio.
Lauro correva veloce, aveva lasciato Barbara a casa,  ed era scappato, doveva trovare Edo il prima possibile. Lei sarebbe voluta venire con lui, si torturava le mani e ripeteva che era colpa sua, che era stato Luca, se lo sentiva. Lauro le aveva detto che era importante rimanesse a casa. "Non si sa mai torni" Lei aveva finto di crederci, e lo aveva guardato uscire, tremando al solo pensiero che gli sarebbe toccata la stessa sorte di Edoardo. Quale sorte poi? Dio, il dubbio la tormentava.
Lauro si guardava attorno e correva, poi si fermava e di  nuovo ricominciava e poi, quando ormai aveva iniziato a perdere le speranze, notò in lontananza una figura sdraiata in un vicolo.
Si immobilizzò, strinse le mani in due pugni, deglutì rumorosamente e infine si avvicinò.
Il respiro gli si mozzò in gola nel notare che quella maschera di sangue non era altri che il suo migliore amico.
Mosse un passo, lentamente, incerto e barcollante e quando gli fu abbastanza vicino si lasciò cadere accanto a lui, in ginocchio, come uno a cui hanno appena sparato le gambe.
O forse al cuore. Non lo sapeva, non era sicuro da dove venisse tutta quella sofferenza, solamente c'era e lo inghiottiva.
"Edoa" Lo chiamò, toccandogli appena la spalla. "Edoa dai non fa' il coglione" Continuò, senza rendersi conto di aver iniziato a tremare.
"Te prego" Ripeté. Ma Edoardo non si svegliava.
Forse non lo farà mai. La nausea lo colse impreparato mentre afferrava il corpo di Edoardo, immobile e pesante, e se lo stringeva al petto. Lo tenne lì, pochi istanti, cullandolo come fosse un bambino, pregando di sentire la sua voce sfotterlo come sempre.
"Ao che poco poco hai cambiato sponda La?"
Ma lui non parlava. Era da qualche parte, lontano da lui.
Lauro si alzò con fatica caricandoselo sulle spalle, non sapeva da dove venisse quella forza, forse la disperazione: doveva portarlo a casa, al sicuro.
Doveva salvarlo.

«Sotto lune pallide» Achille Lauro #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora