11-Parte due

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Edoardo li aveva lasciati soli, con un  ghigno divertito nascosto sotto un'espressione neutra che Lauro aveva colto immediatamente

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Edoardo li aveva lasciati soli, con un  ghigno divertito nascosto sotto un'espressione neutra che Lauro aveva colto immediatamente. Lo conosceva fin troppo bene, sapeva che quella delle sigarette era solo una scusa come un'altra.
Avrebbe voluto fermarlo e dirgli che no, non c'era nessun motivo per andarsene, che non sarebbe successo nulla tra lui e Barbara comunque, che non voleva succedesse, ma  dall'altra parte sapeva che era una bugia, e voleva pregarlo di restare. Era l'unico modo per fermare se stesso.
Sentiva tutto quel sentimento esplodergli dentro, dalla punta dei capelli fino all'ultima cellula delle dita. Lo sentiva prepotente, scavargli dentro, in profondità, e scuoterlo forte. Gli girava la testa e voleva fermarsi, ma non riusciva.
L'unico punto fermo era Barbara, ma non poteva raggiungerla.
Era sbagliato.
Lauro si morse il labbro inferiore, mentre un' immagine lontana di faceva largo nella sua mente.
Lei, a cavalcioni sopra di lui, che mordeva il suo collo e succhiava e leccava la sua pelle morbida nei punti più delicati. I suoi seni piccoli che si muovevano contro il suo petto, bollenti, come la sua pelle. I fianchi che oscillavano, i boxer che erano ormai diventai un inutile e fastidioso muro.
Sospirò pesantemente, cancellandolo,  ma Barbara non sembrò accorgersene.
Un silenzio teso ed imbarazzante regnava nell'appartamento, lei era seduta sul divano, persa nei suoi pensieri. Lauro la guardò, studiandola, il profilo dolce, la piccola curva del naso, la mascella contratta, gli occhi vacui e lontani, i capelli perfetti e chiarissimi, che le conferivano tutto un altro aspetto.
Wow, pensò.
"Mi stai fissando" Affermò.
Lauro non negò. "Controllavo che stessi davvero bene"
Barbara puntò gli occhi nei suoi, intensamente, e rimase in silenzio qualche istante, indecisa se parlare o meno, soppesando le sue stesse parole. Ma quello era Lauro, la conosceva da sempre, l' aveva vista bambina e ragazzina ed ora donna, era il suo primo amore, il suo migliore amico, infine il suo salvatore, non c'era ragione per tacere.
"Io non sto mai davvero bene da quando l' ho conosciuto La. Lui mi ha distrutta" Sussurrò. Poi si voltò, in modo che lui non la riuscisse a guardare in faccia. Le veniva da piangere, un pianto nuovo, liberatorio, isterico.
Trattenne un singhiozzo, portandosi la mano alla bocca. Poi un altro, facendolo passare per un colpo di tosse, infine esplose, coprendo il volto con le mani. Aveva paura, per se, per Lauro, per Edo.
Voleva solo cancellare tutto.
Lauro si precipitò verso di lei, inginocchiandosi davanti al divano. Era solo colpa sua.
Se non l'avesse lasciata sola tanti anni prima, se solo fosse riuscito ad essere più forte, se solo avesse avuto il coraggio di restare, se solo non avesse scelto la carriera le avrebbe evitato tutto questo.

"Ei"Disse, provando ad accarezzarla.
Lei si ritrasse.
Era forte, non aveva bisogno di aiuto, ne di essere compatita.
"Ba" La chiamò Lauro. Lei scosse il capo. Le prese il mento tra due dita e la costrinse a guardarlo.
Sentì il cuore spezzarsi, con un sonoro e doloroso crack , non appena vide le lacrime scendere copiose lungo le sue guance.
Stava liberando tutto il dolore di quegli anni, tutto il dolore che il Tedesco le aveva procurato, tutto quello che aveva dovuto nascondere e trattenere per salvarsi la pelle.
E Lauro la ammirò e la amò e desiderò prendersi un po' di quella sofferenza, per alleggerire lei.
Perché lo meritava.
Le carezzò la guancia, sfiorandola appena con i polpastrelli, poi raggiunse le labbra e lì si fermò, sentendo Barbara tremare.
Lei annuì, impercettibilmente, come a dargli il permesso di andare avanti.
Non c'era più modo di tornare indietro, stavano superando il limite.
Lauro ebbe paura, ma la sua mente improvvisamente si spense.
Si mosse lentamente, avvicinandosi a Barbara. Lei, continuando a piangere, fece lo stesso.
Le loro labbra si incontrarono, titubanti, timide, incerte, ma bastò poco perché i ricordi tornassero e loro due ritrovassero la familiarità perduta.
Continuando a baciarla, Lauro si alzò e si sedette sul divano accanto a lei. Le sue mani piccole si muovevano frenetiche, sul collo, le spalle, le guance di lui. Lo aveva desiderato così tanto che ora sembrava non bastarle, lo voleva, lo voleva tutto.
Strinse le braccia attorno al suo collo e gli morse il labbro inferiore, lo succhiò con lentezza, poi riprese a baciarlo, e più lo baciava più la dolcezza si affievoliva e la passione prendeva il sopravvento.
"Ei ei con calma" Sussurrò Lauro con voce roca, eccitato.
Barbara abbassò lo sguardo.
"No, non vergognarti è solo che...questa volta non voglio sbagliare Ba"
Barbara sorrise.

Faceva freddo fuori, Edoardo si strinse nel cappotto, cercando conforto e calore. Guardò l'orologio, sperando fosse passato abbastanza, e quando notò che non era passata più di un'ora imprecò mentalmente contro Lauro e poi contro se stesso, perché era un coglione di proporzioni gigantesche che era già entrato in quattro bar diversi, tutto perché il suo amico e Barbara potessero finalmente decidersi a fare un passo in più.
È che forse glielo invidiava un po' quell'amore così forte, un amore che Edoardo non credeva di aver mai conosciuto, e per questo voleva proteggerlo, preservarlo, aiutarlo a crescere come poteva.
Ci teneva, a loro.
Si fermò su una panchina, tremando tirò fuori il telefono, ma aveva le mani così fredde da essere intorpidite e non riusciva neppure a premere a dovere e nei punti giusti. Allora mise le cuffiette e prese a canticchiare, poi, notando che era solo iniziò a muoversi.
"È una giungla amore mi, coi leoni amore mi, coi serpenti"
E ballava e cantava, perché non aveva nulla da fare, e poi gli piaceva la musica, gli metteva allegria.
Lo faceva stare bene anche se era giù e sognava l'amore e stava letteralmente congelando.
Una mano lo prese per la spalla e lo spinse a terra, le cuffiette vennero sbalzate lontano, assieme al telefono.
"Guarda un po' chi abbiamo qui"
Edoardo si guardò attorno confuso e poi li vide, due occhi di ghiaccio puntati su di lui e un ghigno inconfondibile, pronto a ricordargli di quella promessa. Solo che sta volta la pistola puntata contro di lui era vera.
"Cosa vuoi da me?" Chiese, cercando di nascondere la voce tremante.
"Da te? Oh niente. Tu non mi servi Edo" Si avvicinò al suo orecchio. "Tu porterai solo un messaggio" Sussurrò.
E un pugno lo colpì dritto sulla pancia.

«Sotto lune pallide» Achille Lauro #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora