Jimin aprì lo sportello dell'auto di Yoongi e mise un piede fuori. Si fermò e voltò la testa verso il più grande, che aveva lo sguardo fisso su di lui. Fece per aprire bocca e dire qualcosa, ma Yoongi lo precedette.
"Non saltare il pranzo, o non sarai in forze. Sappi che ho chiesto a Hoseok di tenerti d'occhio riguardo a questo. Controlla sempre la respirazione. Se qualcuno dovesse farti del male o prenderti di mira, tu..." sospirò. "Non sei capace di far male a una mosca, non posso chiederti di picchiarlo, e poi ti espellerebbero. Quindi se qualcuno dovesse farti del male, fammi sapere chi è e gli faccio pentire di essere nato. Sii gentile con gli insegnanti, così non ti metteranno sotto il naso e ti daranno le parti migliori. Dai il tuo meglio."
Jimin rise. Quelle parole per lui erano come una coperta calda che andava a coprirgli il cuore, riscaldandoglielo. Gli piaceva sentirsi dire queste cose. Yoongi non diceva frasi sdolcinate, ma diceva cose come quelle, e avevano forse più significato.
"Io? Io non saprei picchiare una persona? Secondo te perché questi bicipiti sono qui allora? Eh?" lo sfidò Jimin pavoneggiandosi e mostrando i bicipiti.
Yoongi schioccò la lingua e roteò gli occhi. "Di sicuro non perché facevi a pugni con qualcuno ogni giorno."
Jimin sbuffò e scosse la testa. "Fa' vedere a tutti chi è il genio." disse facendogli l'occhiolino e ridendo. "Mantieni la pazienza per quelli un po' più... un po' meno svegli, ecco."
"Mi stai chiedendo una cosa troppo difficile." disse Yoongi.
"Anche tu mi chiedi una cosa difficile quando mi chiedi di non saltare il pranzo, ma non mi sono mica lamentato." borbottò Jimin.
"Questo perché tu hai chi ti controlla e non puoi farlo." ribatté Yoongi puntandogli un dito contro.
"Vuoi davvero che chieda a qualcuno della casa discografica di tenerti sotto controllo? Non fare il bambino."
"Disse il nanetto da giardino."
"Non che tu sia poi così alto." borbottò Jimin, e scese dall'auto. Chiuse lo sportello e infilò la testa dentro il finestrino, ancora aperto. "Hwaiting!" e corse via, dentro il teatro.
Yoongi lo guardò allontanarsi e sparire dentro l'ingresso, un po' come faceva quando aspettava di non sentire più i suoi passi dentro casa prima di andarsene, quando erano a Daegu. Era troppo lontano e c'era troppo rumore per sentirli, ma Yoongi poteva immaginarli, poteva immaginarlo correre verso il palco, andare dietro e cercare la sua sala di danza.
Sospirò e sorrise, per poi rimettere in moto l'auto. Si diresse verso la casa discografica dove, da quel giorno, avrebbe lavorato, che non era né troppo vicina né troppo distante da lì.
"Min Yoongi." disse la donna che sedeva all'entrata. Era dietro una scrivania, sul quale si trovavano un computer, un telefono fisso e dei fogli. Cercò il nome di Yoongi al computer. "Ah, è il suo primo giorno di lavoro qui a quanto pare." disse accennando un sorriso che Yoongi non seppe interpretare. "Bene, mi lasci chiamare il collega, così potrà indicarle cosa fare."
La donna mise una mano sul telefono, digitò un numero e portò l'apparecchio all'orecchio. Aspettò la risposta per pochi secondi, avvertì la persona dell'arrivo di Yoongi e riattaccò. Pochi minuti dopo, si presentò un uomo non troppo alto ma robusto, che sorrise a Yoongi e si presentò come Lee Youngnam.
Yoongi sentì un lieve bruciore allo stomaco che avvertiva di solito quando era in ansia. Aveva paura di non riuscire a parlare. Sorrideva, e lo faceva con il cuore, perché quello era un momento molto importante. Doveva fare una bella figura, ci teneva molto.
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I Am Another Yourself || YoonMin
FanfictionIn una piccola scuola superiore di Daegu, Min Yoongi è un ragazzo timido e introverso che si limita a guardare la vita scorrergli davanti da lontano, come se lui non facesse parte di essa. Osserva gli altri come se vivesse attraverso loro. Non ha am...