15. Fear

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Dopo che Taehyung e Jungkook se n'erano andati, Yoongi era rimasto seduto sul letto accanto a Jimin senza riuscire a prendere sonno. Aveva provato a sdraiarsi accanto a lui e abbracciarlo, sperare di trovare conforto nella sua presenza, ma non ci era riuscito. Camminava per la stanza, avanti e indietro, con i pensieri a tormentarlo. Non sapeva in che modo sfogare la sua rabbia e aveva lasciato che le lacrime scorressero lente e silenziose sulle sue guance. Avevano fatto del male a Jimin e lui non era stato lì per aiutarlo. Si sentì inutile, come se tutte le cose che si fosse promesso non valessero più niente. Ma in fondo, che colpa ne aveva lui? Non poteva sapere quello che sarebbe accaduto. Jimin non gli aveva dato modo di sapere. Non gli aveva detto di come quel ragazzo lo stesse infastidendo. Se l'avesse fatto avrebbe sicuramente impedito che Jimin andasse alla festa e che tutto ciò accadesse. Anche se quello Jimin avrebbe anche potuto valutarlo da solo.

Lo aveva guardato, e aveva pensato di mettergli qualcosa di più comodo. Prese dei suoi vestiti dall'armadio: una felpa grigia che stava grande anche a lui, ma moriva dalla voglia di vederlo con qualcosa di taglie più grandi, e dei pantaloni di tuta neri che dovevano stargli bene. Si sedette sul bordo del letto e, facendo attenzione a non svegliarlo, gli sfilò la maglietta. Il suo sguardo si fermò sul suo petto e il suo addome scolpito. Sembrava una statua greca, perfetta in ogni dettaglio. Dovette reprimere un grido al pensiero che qualcuno avesse cercato di violare tanta bellezza. Era come entrare in un museo e squarciare un quadro di Salvador Dalì o rompere una scultura di Michelangelo. In fondo, Jimin era così: il suo corpo statuario, perfetto, la sua mente un'esplosione di colori. Prese la felpa e gliela mise piano, per non disturbare il suo sonno. Gli tolse le scarpe e i pantaloni. Notò qualche cicatrice sulle ginocchia che doveva essersi procurato da piccolo mentre giocava o mentre danzava. Sorrise al pensiero di un piccolo Jimin che correva di qua e di là sorridendo felice. Gli infilò i pantaloni, sfiorando la sua pelle nuda. Quando ebbe finito, gli lasciò un bacio sull'angolo della bocca e si alzò.

Si sedette sul davanzale della finestra, con le gambe piegate al petto. Si accese una sigaretta e la portò alle labbra. Poggiò la testa sulle ginocchia espirando il fumo, e guardò Jimin. Il suo volto pallido e sudato era illuminato dalla luce della luna. In quel momento sembrava fatto di porcellana. Si vedeva tutta la sua fragilità, la sua purezza, e le crepe della sua anima. Era un angelo addormentato sul suo letto, un angelo che era stato ferito quando non poteva difendersi. Un angelo della cui innocenza avevano approfittato. Un angelo così bello, così raro. Non c'era nulla di bello come lui in quel mondo e nella sua vita. Yoongi per un attimo distolse lo sguardo da lui e lo rivolse al cielo, fuori dalla finestra. Forse quel ragazzo un angelo lo era davvero, che gli era stato mandato per migliorare la sua vita e darle un senso. Era davvero la cosa più bella che gli fosse mai capitata, e se l'avesse persa, la sua anima sarebbe andata via con lui. Non avrebbe più avuto alcun Park Jimin nella sua vita. Ne aveva uno ed era prezioso. Lo era più di qualsiasi ricchezza materiale potesse possedere. Ed era grato a chiunque avesse deciso di portarlo nella sua vita, se tutte quelle teorie sull'universo e il destino erano vere.

Espirò,e una nuvola di fumo si dissolse nell'aria insieme a quei pensieri. Sperava che un giorno anche le sue paure scomparissero in quello stesso modo, come il fumo che si espandeva nell'aria fino a non esserci più.

Il sole era sorto da un pezzo quando Jimin si svegliò. Yoongi non aveva chiuso occhio per tutta la notte. Aveva contato già ventiquattro ore che aveva passato sveglio. Aveva sentito i suoi genitori uscire per un motivo sconosciuto che a lui, personalmente, non interessava nemmeno. Era sceso in cucina a preparare la colazione a Jimin per quando si sarebbe svegliato, se ne avesse avuto voglia.

Si alzò dalla sedia della scrivania nello stesso momento in cui aveva sentito la flebile voce di Jimin chiamarlo dal letto. Corse verso di lui, che si era alzato su un gomito, e lo abbracciò. Lo fece sedere in braccio a lui, per stringerlo meglio e per proteggerlo, anche se era troppo tardi ormai per farlo.

I Am Another Yourself || YoonMinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora