17. Revenge

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Si sentivano voci provenire dall'ingresso. Quella voce raggelò le vene di chiunque l'avesse già sentita prima, perché non doveva trovarsi lì. Non doveva essere lì a rovinare quel pomeriggio che stava passando così tranquillo.

"Non ti ho dato il permesso di entrare in casa mia!" urlò Haejung mentre quella figura, spaventosa seppur minuta, faceva capolino nel salotto.

Minjee fulminò Yoongi con lo sguardo. Dal momento in cui quel campanello era suonato, lui aveva avvertito il pericolo. Si aspettava che fosse lei, perché era capace di una cosa del genere. E non doveva dispiacerle rompere la pace del figlio. Quest'ultimo si alzò dal divano, seguito da Jimin, che gli prese la mano.

"Tu!" esclamò Minjee puntando un dito verso Yoongi. "Ti sembra normale sparire nel bel mezzo della notte senza dire una parola? Senza neanche avvisare?" guardò il figlio più attentamente. "E quei vestiti non sono nemmeno tuoi!"

"Allora avevo ragione!" esclamò Haejung, che proprio in quel momento era entrata in salotto. Nel frattempo, il marito stava facendo un breve riassunto di cosa fosse successo con la famiglia di Yoongi alla famiglia Lee e si stava scusando. "Yoongi, per l'amor del cielo, cosa vuol dire che sei sparito di notte?"

Yoongi si sentì mancare la terra sotto i piedi. Cosa avrebbe dovuto dire? Come si sarebbe dovuto giustificare? Pensò alla scusa da utilizzare mentre il signore e la signora Lee, insieme al figlio Taeyong, salutavano e lasciavano la casa. Ma purtroppo il tempo non bastò: non gli venne in mente nulla.

"Sono stato io a chiamare Yoongi-hyung qui, stanotte." disse però Jimin. Yoongi si girò a guardarlo sconvolto: non voleva che si prendesse lui la colpa. Gli strinse la mano per farglielo capire.

Parlò prima che Jimin potesse dire altro. "Mi era sembrato triste dal tono di voce, quindi sono venuto qui. Sono cose che si fanno, no? Stamattina però non... ecco, sì, non mi sono fatto vedere per..."

"Perché doveva andare a lasciare dei documenti per un posto di lavoro." riparò subito Jimin. "È un posto molto importante in un piccolo teatro, e aveva bisogno di vestiti eleganti, quindi gli ho prestato i miei. È uscito molto presto."

Yoongi strinse la mano di Jimin. Gli stava dicendo "grazie".

Ci fu silenzio. Le due donne stavano riflettendo sulle parole dei ragazzi, sulla loro credibilità e la coerenza dei fatti. Alla fine sembrarono cedere. Dovevano essere davvero sconvolte per non notare particolari come il fatto che fosse strano che Yoongi avesse i documenti adatti visto che era andato a casa di Jimin per caso.

"Va bene." disse Haejung.

"No, non va per niente bene." ribatté Minjee. "Yoongi, adesso ascoltami. So che hai la tua vita e tutto il resto, ma, te lo dico per l'ultima volta, non devi più frequentare questa famiglia. Nessuno di questa famiglia, chiaro?"

Quelle parole colpirono Jimin nel petto come una palla da demolizione. Sapeva che Yoongi non l'avrebbe ascoltata, ma sentirselo dire non era bello. Gli faceva male. Era come se lui e la sua famiglia fossero sbagliati, come se i suoi genitori e suo fratello avessero colpe in quello che c'era fra lui e Yoongi.

"Ti sei contraddetta da sola. La vita è mia. Sono io che decido con chi stare, non tu. Prenderò delle mazzate? Bene, imparo qualcosa, divento più forte. Ma sono abbastanza sicuro che di certo questa famiglia non mi deluderà come hai fatto tu." rispose Yoongi, senza timore. Sentì la mano di Jimin stringere ancora la sua: era fiero di lui.

"Non ci consideri una famiglia, allora? Va bene, Yoongi. Va bene. Mi auguro allora che ti trovi presto un'altra casa in cui abitare." disse Minjee.

Yoongi fece un sorriso amaro. Aveva gli occhi pieni di lacrime, che era deciso a non versare davanti a quella donna. "Me lo auguro anche io. Non ero il benvenuto in quella casa già da tempo."

I Am Another Yourself || YoonMinDove le storie prendono vita. Scoprilo ora