Capitolo 23: una vita basata sulla fudicia

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Buio.


Chack.

«Corri!»


«Grrraaaaaugh*»

«Mamma!»

«Vattene, presto!»

Fiamme ovunque.

Paura.

Oscurità.

Poi, una luce. Abbagliante, bianca, pura.

E il tempo era come se si fosse fermato. Tutt'intorno era cenere.

Una bambina, dai lunghi capelli bianchi, in mezzo ad un campo di sangue, in ginocchio, che si copriva gli occhi.

Lacrime, fredde, le solcavano il viso, lavandole via lo sporco dal viso; rabbia, terrore, disperazione erano racchiuse in esse.

"Ma io cosa centro? Chi è quella bambina? Cosa è successo qui?"

Tesi la mano verso lei, ma divenne sabbia fra le mie mani, mentre la terra sotto i miei piedi svaniva, lasciandomi precipitare nel nulla più buio.





Caddi dal letto.

Ero sudata, scossa.

"Non ne posso più di questi stupidi e insensati sogni! Tanto vale non dormire affatto!"

"Sssh! Sto cercando di dormire." disse irritato Kurama nella mia mente.

Era ancora notte fonda, tanto valeva farsi una camminata all'esterno.

Mi vestii, uscii in silenzio dalla mia camera e mi diressi all'entrata del covo. Gli altri dormivano, dubitavo si sarebbero svegliati.

Soffiava un freddo vento, come di consueto in alta montagna. Raggiunsi l'estremità del precipizio, sedendomi con le gambe a penzoloni dal bordo, osservando la valle sottostante. Quanto verde, rispetto al mio sogno.

"C'è vita, ma non la sento. Perché non la sento? Una sensitiva come me, con le mie abilità, dovrebbe riuscire a sentire il battito di ogni animale che si trova laggiù, ma allora perché non riesco a collegarmi a niente?"

Mi sentivo persa. Forse addirittura vuota. Ecco, questi erano i momenti che detestavo di più. Non quando la gente mi gridava mostro o abominio, quelli erano momenti che passavano e che dimenticavo. Questi invece, mi restavano appressi all'anima, come un peso. C'erano, ma non si vedevano, perché li nascondevo dietro a un sorriso.

Eppure soffrivo perché ero vuota dentro. Cos'ero io? Una persona? Ebbene si. Un demone? Anche, mai negato. Una creatura vivente? E qui i dubbi crescevano. Il mio cuore batteva, di questo ne ero certa, ma non come avrebbe dovuto, non come avrei voluto.

«Qualcosa ti turba?»

Mi voltai, notando Itachi a pochi passi da me, con uno sguardo spento.

«Forse. Te?»

Non rispose, solo si sedette accanto a me, con un ginocchio piegato, sul quale poggiò un braccio.

Non disse nulla, non un commento, una spiegazione per la sua presenza. Non che mi desse fastidio, tanto, che ci fosse o meno, non faceva differenza.

«Perché sei qui?» domandai monotona dopo diversi minuti.

«Mi andava.» rispose con lo stesso tono.

«Ti andava.» ripeteii metabolizzando le sue parole.

Alzai gli occhi al cielo, un gesto di irritazione abbastanza ovvio che il corvino colse subito.

Naruto Shippuden: LA STORIA DI AKATSUKI NO  KEIKODove le storie prendono vita. Scoprilo ora