7.

87 8 28
                                    

Erano passati alcuni giorni da quella sera, quando Jessica fu investita da quell'auto lanciata a folle velocità, Alan ne era rimasto profondamente scosso, colpito, sentiva come se avesse potuto fare di più per salvarla, ma era stato tutto così veloce. Quando riprese contatto con la realtà, dopo aver visto quello scioccante avvenimento proprio davanti ai suoi occhi, Alan poté vedere come Elena e Luca fossero accorsi dalla ragazza e di come l'auto avesse frenato di colpo, lasciando sul suo percorso delle brevi linee nere. Tre ragazzi intorno alla maggiore età erano scesi dalla vettura per vedere quello che era successo e lanciavano imprecazioni mettendosi le mani nei capelli. Ma non ci volle molto prima che risalissero in macchina per poi dileguarsi il più velocemente possibile. Luca si era sbrigato a chiamare un ambulanza e Alan restava lì a guardare, tra le urla di Elena che era china sull'amica e la voce nervosa di Luca. L'arrivo dei soccorsi fu tempestivo ma Jessica entrò in coma. Nei giorni che seguirono, Alan non si recò a scuola e non rispose nemmeno ai messaggi ricevuti dai compagni di classe o da Luca. Pianse, divorato dal senso di colpa: forse avrebbe potuto fare di più, avrebbe potuto interpretare meglio la visione, avrebbe potuto stringere più saldamente il braccio della ragazza, e se lui inconsciamente non voleva salvare Jessica? Forse l'antipatia che provava nei suoi confronti lo aveva condizionato. Dopo quattro giorni dall'accaduto, quattro giorni passati nella propria camera a contemplare il vuoto e assorto nel suo mondo di tristezza e rimorso, Alan ricevette la visita del fratello Michele che in quei giorni aveva cercato sempre di dargli conforto e di stargli accanto

<<Alan, come va?>>

Il ragazzo non rispose e continuò a guardare con sguardo vuoto un punto indefinito, Michele sospirò e con il cuore in gola decise di andare al punto

<<Mi dispiace che sia un momento così buio per te, e vorrei aiutarti in modo più concreto. Ma...>>

Alan si voltò lentamente verso il fratello e prese a fissarlo negli occhi, Michele non ce la fece a sostenere lo sguardo ma continuò dicendo

<<...Io devo partire oggi, devo andare a Roma.>>

Alan restò in silenzio per dei secondi che sembravano non finire mai, sentiva la rabbia e lo sconforto farsi strada dentro di sé

<<Perché ora? Perché proprio ora che ho bisogno di te?!>>

Chiese Alan quasi urlando. Michele non sapeva cosa rispondere, avrebbe fatto di tutto per proteggere suo fratello, anche farsi odiare se fosse servito

<<Non c'è un vero perché. La gente spesso fa le cose senza un vero motivo, ma solo perché sente di doverle o di volerle fare. Potrai chiamarmi quando vuoi e ci potremo sentire tramite messaggi...>>

Ma Alan lo zittì

<<No! Un messaggio o una telefonata di tanto in tanto non possono sostituirti!>>

Lo aveva detto con così tanta foga che Michele si ritrasse leggermente, quasi a evitare di essere colpito dalla sua rabbia. Mentre Alan ancora fissava il fratello con la speranza che cambiasse idea, Michele sospirò e dopo essersi Alzato uscì dalla stanza senza dire una parola. Chiuse la porta alle sue spalle e si fermò un attimo, aveva il cuore in gola e sapeva che non sarebbe riuscito a dire nemmeno più una parola al fratello. Dopo circa un'ora, Alan vide dalla propria finestra Michele che metteva le valige in macchina, in un attimo realizzò per davvero quello che stava succedendo:

Si trasferirà a Roma...non tornerà, non tornerà per chissà quanto! E proprio adesso! Adesso che Jessica è in coma per colpa mia!

Preso dallo sconforto e dalla rabbia, scese in cortile e urlò al fratello

<<Se te ne vai ora, non tornare più! Scordati che esisto!>>

La signora Cantelli stava per dire qualcosa, ma fu preceduta dal marito che fece voltare Alan e gli disse

Viaggio nel mondo intermedioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora