Erano le 19:15 circa, Alan era tornato a casa e aveva pranzato, gli si erano presentate mille occasioni per parlare a sua madre, l'unica presente in casa in quell'arco della giornata, dello strano incontro e del marchio che ora si ritrovava sul braccio, ma nonostante ciò non era riuscito a parlargliene. Era in camera sua, seduto alla propria scrivania in legno chiaro e metallo, con un libro ed un quaderno dinanzi, ma l'unica cosa che stava facendo da mezz'ora a quella parte era fissare lo strano marchio e percorrerne con il dito i contorni leggermente affossati nella pelle, pensava e ripensava a come avrebbe potuto dirlo ai suoi genitori perché credeva che non gli avrebbero creduto se avesse detto loro che aveva visto il tempo intorno a lui rallentare e che un ragazzo gli aveva impresso quel segno solo toccandolo. Quando terminò di ripercorrere i contorni della stella a quattro punte, sentì un veloce ma intenso bruciore agli occhi ed ebbe la sensazione di cadere nel vuoto prima che tutto diventasse buio. La vista rimase oscurata solo per un istante, dopodiché rivide i libri davanti a sé, ma i suoi sensi erano alterati: la vista era sfocata, ma maggiormente ai margini del campo visivo, i suoni erano distorti e ridondanti, aveva un sapore amaro in bocca e si sentiva completamente intorpidito. Sopraggiunse nuovamente quel senso di angoscia e inquietudine che lo aveva assalito durante l'incontro con il ragazzo albino, ma questo divenne ancora più accentuato quando si rese conto di non essere lui a manovrare il proprio corpo. Si guardò a destra e a sinistra come se fosse confuso, smarrito, poi si guardò le mani e il segno sull'avambraccio, stava per percorrere i contorni della stella a quattro punte con l'indice della mano destra, ma sentì la voce della madre che gli diceva che la cena era pronta. Subito dopo il campo visivo di Alan si oscurò nuovamente, accompagnato dalla sensazione di cadere nel vuoto. Sobbalzò sulla propria sedia ansimando, mentre riacquistava lentamente la vista, tuttavia dopo poco si accorse che, proprio come qualche istante prima, i suoi sensi erano alterati e, oltre ad essere semi-intorpidito, aveva ancora quel sapore amaro in bocca. Spaesato si guardò intorno e dopo aver aperto e chiuso entrambe le mani, le guardò non capendo ancora cosa stesse accadendo, istintivamente guardò il segno sul proprio avambraccio e iniziò a formulare un pensiero, venendo però interrotto dalla voce della madre che esclamava
<<E' pronto a tavola!>>.
A quel punto ebbe la conferma ai suoi sospetti e sussurrò
<<Ho previsto il futuro?>>
Sorrise estasiato, non era la solita impressione di déjà vu, lui aveva davvero visto cosa gli sarebbe successo. Iniziò a pensare a tutte le possibili applicazioni, a se fosse successo davvero o se fosse stato solo frutto della sua immaginazione, ma subito dopo fu colto da una fame tremenda e decise che non ne avrebbe parlato con nessuno se fosse riuscito a replicare l'accaduto. Si recò nella sala da pranzo: la stanza più grande della casa, nella quale si trovavano due comodi divani a tre posti al cui centro, sopra di un grande tappeto, c'era un piccolo tavolo in legno di forma circolare, sul lato sinistro della stanza era posizionata una parete attrezzata con cristalliera sulla quale erano esposti alcuni piatti in argento messi in verticale e altri pezzi d'argenteria. Di fronte alla parete attrezzata c'era una grande porta scorrevole con un pannello di vetro al centro e che dava sul grande ed aperto salone che faceva anche da ingresso, mentre al centro della stanza vi era un lungo tavolo rettangolare con 6 sedie e poco più avanti un televisore da 52 pollici posizionato sopra un mobiletto. La tavola era già apparecchiata, e i piatti erano già su di essa. Il padre, la madre e il fratello si Alan stavano già cenando, completamente presi dal programma in televisione, il ragazzo si sedette a tavola dando a tutti un timido
<<Buon appetito>>
Lo aveva quasi sussurrato perché sapeva che in quel momento nessuno gli avrebbe prestato attenzione. Molto spesso gli succedeva di non essere preso in considerazione in svariate occasioni, sia quando proponeva un'idea, una soluzione o introduceva un argomento che, più generalmente, quando parlava; non poche volte gli era capitato che in classe, mentre parlava con un suo coetaneo, questo preferisse andarsene facendo finta di non sentire oppure iniziasse a parlare con qualcun'altro e questa cosa lo aveva portato a non parlare molto. Dopo poco iniziò il telegiornale che, come succedeva spesso in quel periodo, iniziò annunciando un nuovo attacco terroristico, stavolta nel bel mezzo di un concerto, il cui risultato erano stati 22 morti e almeno 120 feriti, tra cui anche dei ragazzini, la più piccola dei quali aveva solo 8 anni.
<<Come si fa a fare una cosa simile?>>
Chiese con orrore la madre di Alan. Quest'ultima era una donna di media statura, con lunghi e lisci capelli castani, era magra e slanciata, un viso giovanile e grandi occhi color nocciola, le guance erano leggermente affossate e aveva delle grandi labbra. Da sempre stata una donna umile e che aveva trasmesso ad Alan un forte senso morale, la madre si chiedeva con orrore e timore se mai quegli attacchi fossero arrivati a colpire l'Italia e in quel caso quale sarebbe stata la città colpita.
<<Sono dei pazzi! Gli hanno dato il potere ed ora non sanno più come contenerli.>>
Esclamò il signor Cantelli, l'uomo abbastanza alto e robusto, anche se non troppo, con espressione accigliata seduto a capotavola. Era il padre di Alan, un uomo perlopiù pacato e riflessivo, che contestava fortemente i governi di alcuni paesi, sopratutto quello italiano, accusandoli di fare solo i propri interessi piuttosto che quelli del popolo. Spesso Alan si trovava in disaccordo con il pensiero del padre, ma stavolta gli dava ragione, almeno in parte
<<Non li definirei pazzi quanto idioti - disse senza smettere di fissare il proprio piatto di pasta fumante - solo un idiota può sperare di fare la differenza attaccando i civili, i governi di certo non si piegheranno e anzi si accaniranno su di loro. Un attentato terroristico compiuto in nome di un dio è un modo subdolo che qualcuno di influente usa per colpire indirettamente le nazioni sfruttando uomini che hanno la sola colpa di essere stati indottrinati e spinti a credere che compiendo un gesto folle come quello di divenire una bomba ambulante si garantiranno un posto in paradiso. Nessun dio, indistintamente dal suo nome vorrebbe che i suoi fedeli si facessero saltare in aria, un dio senza fedeli è destinato a cadere nell'oblio, la sua stessa figura smetterebbe di esistere...ammesso che fosse mai esistita.>>
La madre lo guardò con sguardo di rimprovero, essendo profondamente credente, non sopportava che suo figlio sostenesse che Dio non esistesse.
<<Come credi sia possibile che ci sia un culto così grande, così tanti fedeli e così tante testimonianze se non esistesse nessun Dio?>>
Alan rispose d'impulso
<<Dio avrebbe scelto un solo popolo in un angolo del pianeta Terra, in una porzione di sistema solare, in un meandro di una galassia con miliardi di stelle e pianeti, tra miliardi di altre galassie nell'universo che lui stesso ha creato, per dirgli attraverso degli intermediari che devono fare i bravi bambini altrimenti lui li avrebbe puniti mandandoli in un posto dove è stato confinato anche un angelo che lui stesso ha creato senza sapere che si sarebbe opposto alla sua autorità? Ma per favore.>>.
Michele, il fratello di Alan, seduto di fronte a lui, lo guardò con sguardo sorpreso per qualche istante. Il silenzio era tombale, interrotto solo dalla voce della giornalista in televisione, un senso di disagio iniziò ad assalire Alan fin quando michele, probabilmente anche lui infastidito da quei secondi così taciturni, disse
<<Ho trovato un appartamento a Roma, vicino all'università, ho deciso di trasferirmi lì: frequentare l'università sarà più facile e comodo se sono a poca distanza dall'istituto.>>
Questa volta fu Alan a guardare il fratello con sguardo sorpreso, era sempre stato molto legato a suo fratello, nonostante i frequenti litigi, e ora non lo avrebbe rivisto fino alle vacanze natalizie? Ma poi si fermò a pensare in modo più razionale a quella notizia e dopo poco disse
<<Le vacanze di natale sono quasi prossime, che senso ha andarsene ora? Non sarebbe più logico trasferirsi dopo la fine delle vacanze?>>
guardò il fratello con sguardo accusatorio, quasi come sentendosi tradito, sentiva che il ragazzo dai capelli castani e ricci e dal portamento quasi arrogante nascondeva qualcosa, ma la risposta tanto rapida quanto concreta fu
<<Si, ma fino ad allora devo pur continuare a frequentarla e andare avanti e indietro non è per niente conveniente, anche se non devo andarci tutti i giorni.>>.
Alan si rese conto che ogni suo tentativo di far desistere il fratello era inutile, lui non gli avrebbe mai dato ascolto, sopratutto non per una motivazione come la sua, quindi dovette accettare quella decisione a malincuore. Dopo cena Alan non ebbe molto tempo per rimembrare su quello che era successo quel giorno dato che un'improvvisa stanchezza lo attanagliò poco dopo aver finito di cenare. chiuse gli occhi e cadde in un sonno profondo.
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Viaggio nel mondo intermedio
FantasyQuando un comune adolescente viene a contatto con un misterioso quanto affascinante potere pensa di poterlo sfruttare quanto e come vuole, ma cosa succederebbe se di colpo questo fantastico potere lo conducesse in una dimensione alternativa dove il...