III - Under Pressure*

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UNDER PRESSURE, QUEEN ft DAVID BOWIE

"It's the terror of knowing What the world is about"

Castiel – o qualunque fosse il suo nome – puntò gli occhi seri, di un blu slavato, in quelli della mia amica, quasi attendendo pazientemente gli rivolgesse le sue numerose domande

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Castiel – o qualunque fosse il suo nome – puntò gli occhi seri, di un blu slavato, in quelli della mia amica, quasi attendendo pazientemente gli rivolgesse le sue numerose domande.

Ne avevo anch'io, naturalmente, ma di certo non mi sarei fidata della parola di un tizio che andava in giro a parlare di demoni e "principi". Ero diffidente di natura e il suo definirsi un "angelo del signore" di certo non lo avrebbe aiutato a guadagnarsi la mia fiducia; inoltre lo avevo visto bruciare una donna e quello era omicidio bello e buono. Non sapevo nemmeno perché mi trovassi ancora in quel posto, a sentirlo blaterare, anziché chiamare la polizia e denunciare... qualsiasi cosa stesse succedendo lì. Ce n'era abbastanza per farli finire in prigione per almeno una trentina d'anni, lui e la sua compagna.

Ellie forse non se ne era ancora resa conto, ma quei due pazzoidi ci avevano praticamente rapite – serrai un attimo le palpebre e trassi un respiro profondo – o forse ero io la pazza, lì dentro. Forse tutto quello era un sogno. Molto vivido, certo, ma pur sempre un sogno.

Credevo nell'esistenza, o meglio, nell'eventualità di un'esistenza, di universi paralleli, ma non c'era spiegazione scientifica a quanto successo solo poche ore prima. Quel portale era apparso dal nulla e allo stesso modo era sparito. Pura fantascienza.

Al secondo anno di college avevo seguito un seminario sulla fisica del multiverso, ma lì si trattava di meccanica quantistica e non di viaggi multidimensionali alla Doctor Who. Non aveva senso, non aveva senso

Non ha dannatamente senso!

Balzai in piedi, la gola serrata e incapace di respirare – o ragionare – propriamente. Ellie, ancora seduta sul bordo del letto e intenta a prestare la massima attenzione alle parole di quel tipo, a differenza della sottoscritta, mi guardò con espressione allarmata, ma non le offrii più che una breve occhiata.

«Ho bisogno di pensare.» dissi semplicemente, fluttuando verso la porta in una sorta di stato catatonico, non prendendo nemmeno in considerazione la possibilità di essere fermata dal nostro rapitore. Lui non fece minimamente cenno di alzarsi dalla propria sedia e io mi precipitai giù per il corridoio inaspettatamente pulito e soleggiato. Della donna non c'era traccia, ma di certo non persi tempo a cercarla.

L'aria umida di pioggia mi schiaffeggiò il viso non appena misi piede sul piccolo porticato di quella che scoprii essere una casa in riva al lago. Dove ci avevano portate?

Scesi al volo i tre scalini scricchiolanti – la vernice scrostata che veniva via ad ogni passo brancolante - e corsi verso le acque palustri del lago.

La terra era praticamente fanghiglia, ma me ne fregai e mi ci lasciai cadere sopra, affondando un istante le dita nel terreno argilloso, aggrappandomici quasi. Respira, Maeve, respira. Questo è reale, puoi percepirlo, toccarlo, non stai impazzendo. Non stai impazzendo.

Gold (MOMENTANEAMENTE SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora