XIII - Anger

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ANGER, SLEEPING AT LAST


" It all spills out / Reckless but honest words leave my mouth"


Lasciai cadere il borsone ai piedi dello stretto letto in legno rosso, guardandomi intorno con sguardo allucinato e sgranocchiando nel frattempo la barretta di cioccolato offertami da Jack. Non amavo troppo i dolci, ma ultimamente mi tenevo sveglia grazie a quelli e al tè. Sarei andata in overdose di zuccheri, me lo sentivo.

«Non ti pare un po' troppo... western?» domandai, una volta ingoiato l'ultimo, estremamente zuccherato, morso.

«No, perché questa idea?» replicò sarcasticamente la mia amica e compagna di (dis)avventure, ferma accanto al ritratto in seppia di un qualche sceriffo di dubbia esistenza. Le pareti della stanza ne erano tappezzate e dubitavo avrei preso sonno sotto ai loro sguardi fissi.

Non che avrei dormito in ogni caso, visto lo stato di insonnia in cui mi trovavo da quando Castiel... no. Non ci volevo pensare, non di nuovo. Forse mai.

«Così.» scrollai infine le spalle, adocchiando incredula la trapunta con stampe di cactus e ferri di cavallo. Oh stelle, ma dove eravamo finiti?

«Secondo te si tratta davvero di un caso?» chiesi dopo un po', seguendo la mia amica mentre si faceva forza e si dirigeva a sua volta verso il suo nuovo giaciglio temporaneo.

«Non ne ho idea e, onestamente? Spero proprio di no. Ma Jay ne è tanto entusiasta!» esclamò Eileen, crollando sul materasso con un gran sospiro.

Il viaggio era stato lungo e, per quanto amassi l'Impala di Dean, Baby, i suoi sedili non era certo fatti per restarci seduti undici ore di fila - escluse due pause pipì e per cambio guidatore. Avevo la schiena a pezzi e una lieve nausea che minacciava di peggiorare se non mi fossi riposata un minimo.

«Già - rivelai, giocherellando distrattamente con una pellicina del pollice, - è così felice di rendersi utile, in qualche modo. - esitai brevemente, ma non potevo più tenermelo dentro, dovevo parlarne con qualcuno. - Temo si senta in colpa per la nostra situazione.»

«Non deve, lo sa che non deve.» replicò la mia amica, mettendosi ora a pancia in sotto e voltando il viso in modo da potermi guardare negli occhi. Smisi di tormentarmi l'unghia e mi accomodai rigidamente sul bordo del letto.

«Ma sai com'è fatto, El. È così... sensibile, a volte. Si sente in dovere di provare a se stesso e agli altri di essere buono, di poter aiutare e fare del bene nonostante-»

«Nonostante sia praticamente l'erede di Satana?» concluse lei per me e io non potei fare a meno che annuire mestamente.

Il Nephilim era gentile, amichevole e ancora tanto, tanto, innocente; vederlo sforzarsi a quel modo mi faceva sentire male ed era solo in parte dovuto alla promessa fatta a sua madre poco prima morisse. Tenevo a Jack, a modo mio. Insomma, l'avevo visto nascere - letteralmente - e ora vivevamo sotto lo stesso tetto da poco più di tre mesi, quindi inevitabile non affezionarsi a lui.

«Non voglio si ritenga responsabile per qualcosa più grande di lui. Non è colpa sua se noi ci sentiamo così.»

«Scusa, Eve, ma non penso di capire. Di cosa stiamo parlando, ora? Del portale o di Castiel

Strinsi le mani in grembo e guardai altrove. La verità? Non lo sapevo nemmeno io.

A un certo punto, in quei lunghi tre mesi, ero venuta a patti sul ritrovarmi in quella dimensione alternativa e avevo capito che era inutile continuare a rimuginare su un qualche altro modo per tornare a casa. Non ne esistevano, questo è quanto. O Jack imparava a controllare a sufficienza i suoi enormi poteri per riaprire un varco tra le nostre due dimensioni o El ed io non ce ne saremmo mai andate da lì.

Gold (MOMENTANEAMENTE SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora