V.

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La rabbia mi scorre liquida nelle vene: sono di fronte a Rey, finalmente, e non riesco a non provare queste emozioni così contrastanti tra loro. Mi guarda con odio, ancora. Mi guarda come quando mi ha definito un mostro. Io non sono un mostro, è lei che continua a non capire. Ho dovuto farlo, sono stato costretto. Tutto ciò che ho fatto era necessario, io volevo farlo. 


"Ben, cosa stiamo facendo? Perché siamo qui?" È arrabbiata anche lei, lo sento e lo capisco. Non merita di stare in una cella ma non ho altro modo, non voglio che se ne vada. Ben, dentro di me, dice che trattenerla con la forza non è giusto, che lei vorrà sempre scappare se continuo a trattarla come un animale, come un prigioniero, un nemico. Ma è necessario! 


"Voglio ancora che tu ti unisca a me, Rey. Io e te insieme potremo fare cose grandissime." Cerco di convincerla, voglio ancora convincerla. 


"È per questo che sono legata?" mi sfida, ha tirato su un muro e io non riesco ad attraversarlo. Ed è lo stesso muro che le ha impedito di vedermi quando era ancora sul Falcon. 


"Sei legata perché..." non posso permettermi di lasciarmi scivolare fuori quelle parole, cosa le dico? Come glielo spiego? "perché hai un potere immenso, e io posso farti diventare qualcuno. Posso mostrarti il tuo posto in tutto questo." Spero che lei non riesca a percepire quello che sento veramente, non ho la maschera e ho paura che qualche emozione possa trapelare dalla mia voce, dalla mia espressione. È la verità, comunque, lei è molto forte e io voglio essere il suo maestro. 


"Che ne sarà di Leia? Ben, è tua madre!" urla lei, quasi disperata. 


"Mi ha voltato le spalle! Non le è mai fregato niente di me!" rispondo io, urlando più forte di lei, avvicinandomi di qualche passo fino a respirarle sul viso contorto da emozioni che conosco molto bene. "Non mi hanno mai capito, non sono mai stato preso in considerazione! Mi hanno abbandonato" la mia voce è più calma, ma dentro mi sento esplodere.


"Eppure la stai tenendo in vita, o sbaglio? Ben, non passerò mai al Lato Oscuro. Sono stata abbandonata anche io, lo sai, lo hai visto tu stesso. Ma non per questo mi sono arresa. Ho aspettato, ho lottato per la mia sopravvivenza" anche lei si è calmata un poco, le sue braccia distese lungo i fianchi, però, mi fanno capire che si è arresa davvero: sa che non ci sono più speranze per me. "Tu ti sei perso durante la strada, ma posso ancora aiutarti, non mi arrenderò mai." Adesso parla con sicurezza, e io mi rendo conto di aver sbagliato tutto. Tentenno, per un secondo mi sento perso, come se stessi oscillando appeso per un filo sottilissimo. Come fa ad avere ancora così tanta speranza, per me soprattutto? Ha spazzato via la mia unica convinzione con poche semplici parole e adesso il mio ultimo appiglio è sparito. Sono in bilico, di nuovo. Sono in un limbo tra luce e oscurità e non ho le forze, né la capacita di scegliere un lato. Dentro di me una tempesta di emozioni mi fa tremare le mani, ho bisogno di distruggere qualcosa ma non posso farlo qua davanti a lei, cosa penserà di me? 


"Non posso essermi perso se non ho un posto dove andare" sibilo con cattiveria, rabbia, e odio prima di andarmene. 


"Non puoi incolpare me se non riesci a perdonare te stesso!" sento urlare alle mie spalle nel momento il cui attraverso la porta. Ha ragione. Chiudo la cella alle mie spalle, inspiro, espiro, chiudo la mano a pugno e subito si contra violentemente con il metallo freddo. Da dentro si sente un sussulto, sotto i guanti le nocche bruciano per la pelle scorticata. Ne avevo bisogno. 


Vado dritto verso la mia stanza, Hux prova a fermarmi per chiedermi quale sarà la nostra prossima mossa, se deve andare a cercare gli altri della Resistenza e ucciderli o se ho altro in mente. Io, in risposta, alzo una mano e lo spingo contro la parete, sono stanco di tutte queste stronzate. 


Mi sento male, mi sento fisicamente debole, cerco di resistere fino al mio alloggio e quando finalmente entro e chiudo la porta mi accascio per terra. Ogni parola che mi ha detto Rey in quella dannata cella è vera, ed è una cosa che non riesco più a tenere dentro. Gli occhi bruciano e una piccola lacrima scorre sulla mia guancia, prima di essere interrotta dalla cicatrice. Cerco di alzare lo sguardo, per costringermi a non piangere, ma vedo qualcosa che non dovrebbe esserci, che speravo non ci sarebbe stata, non adesso perlomeno. A pochi metri da me c'è Rey, rannicchiata, con le guance bagnate di lacrime e lo guardo perso. Sono completamente paralizzato, non riesco a muovere nemmeno un muscolo, solo le lacrime continuano a scivolare giù. Dentro di me sto pregando:"non guardarmi, non guardarmi". In fondo al mio cuore sto sperando che il muro che ha costruito sia ancora lì, e che le sia impossibile vedermi. Non posso permetterle di vedermi così, però io vedo lei, e i sensi di colpa mi schiacciano. Continuo a rimanere immobile, non so da quanto tempo la sto guardando. Lei non si muove, infondo: cosa potrebbe mai fare nella cella asettica, buia, e vuota, nella quale l'ho lasciata? Probabilmente questa volta ho ragione: lei non riesce davvero a vedermi, non mi percepisce, non sente la mia presenza. Non riesco a capire, però, perché io sia ancora collegato a lei, sebbene questo mi renda, in un certo senso, felice. 


"Rey...scusami" sussurro, lei non si muove: non può sentirmi. Sorrido malamente e mi alzo, mi spoglio e mi metto a letto. Domani ci riproverò. Nemmeno io ho intenzione di arrendermi. 

Introspection - A Kylo Ren storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora