Le lacrime mi offuscano la vista. Fa freddo, nonostante sia quasi estate, ma non mi importa. La brezza leggera mi scompiglia i capelli e io vorrei potermi sentire leggera come un petalo che vola nel vento, come ormai non riesco più a sentirmi da settimane.
Decido finalmente di asciugarmi le lacrime e così metto a fuoco il paesaggio di fronte a me, la gigantesca metropoli in cui vivo. Comincio a rinvenire dal turbine di pensieri in cui ero caduta e prendo coscienza d'essere su un tetto. Io adoro i tetti, inoltre su quelli dei grattacieli puoi davvero estraniarti dal mondo, quando ti serve. E, una volta nella vita, almeno una, un posto così serve a tutti.
Vedo le macchine ridotte a piccole luci in movimento, le finestre rettangolari a formare un intarsio di quadrati accesi e spenti in lontananza, il mare di una sfumatura poco più blu del cielo immerso nel crepuscolo. Ogni suono è ovattato, ogni clacson, ogni voce tranne quella di Chris Martin che canta "Midnight", un vecchio pezzo musicale degli anni 2000, e quella dei miei pensieri. I miei pensieri...un fiume in piena che sfocia sempre in un paio di occhi marroni e un naso dritto, spazzando via con forza qualunque altra cosa nella mia mente. Ma ce l'ho ancora, una mente? Nelle ultime settimane sembra più un nastro inceppato, che manda in onda sempre le stesse immagini, le stesse conversazioni, le stesse discussioni. Dylan. Dylan che incrocia il mio sguardo nei corridoi della scuola, Dylan che mi fa uno dei suoi mezzi sorrisi nell'atrio, Dylan che mi prende la mano, mi sfiora le labbra, Dylan che mi urla contro di essere sempre assente, fredda e distante, di vivere in un mondo nel quale lui non riesce a entrare, del quale comunque non gli interesserebbe nulla e che si è scocciato di me, che non ne può più, che mi ha sopportata abbastanza.
"Lara, come puoi pretendere che io stia con te quando per la maggior parte del tempo tu sembri essere altrove!" , mi dice. "Ho 17 anni, voglio uscire, andare alle feste, divertirmi con gli amici, non guardare te che leggi libri su libri o cercare di risvegliarti dal tuo torpore mentale ogni volta che siamo in compagnia di altra gente!". Avrebbe ragione, se non per il fatto che lui era, di fatto, parte integrante del mondo da cui si sentiva tagliato fuori e, ora che non c'è, ora che si è chiamato fuori da tutto, fuori da me, continuo a sentire il bruciore della sua mancanza ad ogni pensiero e ad ogni respiro.
La verità è che non ho mai capito cosa avesse spinto una persona come lui verso di me, non sono mai riuscita a vedermi attraverso i suoi occhi, non sono mai riuscita a scorgermi dalle sue iridi come penso che nemmeno lui sia mai riuscito a vedersi così come lo vedevo io. Eravamo vicini, complementari ma non compatibili, due cocci dello stesso vaso rotto i cui margini taglienti, però, non combaciano, bensì feriscono e basta. Infatti, adesso, mi sento in frantumi.
Perderlo è stato un cambiamento repentino, così repentino da farmi pensare che, in realtà, non ci fossimo mai trovati, mai per davvero, solo sfiorati. Il cuore certo, batteva all'impazzata ogni volta che i nostri sguardi si agganciavano, ma le nostre menti non sono mai entrate in contatto, le voci dei nostri pensieri suonavano sempre ovattate, come se fossimo divisi da un pannello di plastica. Isolati, anche se insieme, sempre e comunque soli, ognuno per sé, quasi mai l'uno per l'altra.
Inizia il brano seguente, ma spengo il lettore sulle prime note. Mi alzo a fatica dopo tante ore seduta nell'aria fredda e lancio un ultimo sguardo allo skyline luminescente. Sospiro e scendo giù. La casa è buia e non c'è nessuno, i miei questo mese sono di turno per dei corsi d'aggiornamento per la loro professione, sono entrambi medici, al GlassBuilding, la grande torre di vetro posta al centro della città, il cuore di tutto, il centro del potere. Detto così sembra quasi d'essere sotto un regime dittatoriale, in realtà viviamo in relativa libertà e, soprattutto, in pace.
La pace, quella pace duramente guadagnata secoli fa ponendo fine a guerre di cui neache i più anziani hanno memoria. Una pace duratura, non fanno che ricordarcelo, ecco perché allo scoccare dei 21 anni ci si reca al GlassBuilding per la scelta della propria carriera, del proprio posto nella società. La scelta è definitiva, dopodiché ogni cambiamento in termini di professione è ridotto al minimo. Il tuo salario può aumentare come diminuire, puoi lavorare full time o part time, scalare la gerarchia della tua società fino alle cariche più alte, ma mai e poi mai ti verrà permesso di cambiare il campo in cui, a 21 anni, hai scelto di operare. Le menti ai piani alti del GlassBuilding, da sempre, sostengono che una società troppo soggetta a cambiamenti non sia destinata durare, che troppa libertà di movimento nella struttura sociale sia un sintomo di instabilità. Ciò mi riporta a Dylan; forse solo ora inizio a comprendere il suo volersi divertire il più possibile, il suo carattere espansivo, il suo desiderio di incontrare quante più persone gli fosse possibile, di ascoltare i loro punti di vista. Aveva sete di conoscenza, voglia di apprendere tutto ciò che fra qualche anno non potrà più conoscere, tutte le strade che sarà costretto ad escludere senza possibilità di ripensamenti. Io, per quanto mi concerne, non mi arrovello più tanto su cosa sceglierò fra quattro anni, anche perché l'orientamento mirato organizzato dal GlassBuilding viene imposto solo dai diciannove anni in poi. Spero solo mi venga offerta una strada che non mi costringa in un ufficio e che mi dia la possibilità di rimanere fedele a me stessa, ai miei interessi e che sfami la mia curiosità nei confronti di ciò che c'è oltre i confini di Metropolys.
Metropolys, è così che si chiama questo ammasso di grattacieli.
Sguscio fuori dai vestiti e scivolo fra le lenzuola, nonostante la stanchezza non riesco a prendere sonno e mi giro verso la finestra, grande quanto una parete, dalla quale ancora una volta il mio sguardo si perde fra luci e palazzi. Davvero non capisco come alcuni possano pensare che le metropoli siano posti freddi e impersonali. Io, ogni volta che guardo fuori, sento la città chiamarmi e prendere vita.
STAI LEGGENDO
The Color Of City Lights
FantasyQuando la nostra essenza si manifesta in maniera inaspettata, quando guardarci dentro diventa troppo facile, soprattutto per gli altri. Come imparare a controllarsi? Lara, una diciassettenne la cui vita prende una strada inaspettata, alle prese co...