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i hope you don't mind if i come here to cry

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𝑰𝑰

Luhan, quel giorno, si sentiva particolarmente triste; il vuoto lasciatogli dal suo vicino non accennava a riempirsi, e il peso nello stomaco si faceva sempre più pesante. Erano passate tre settimane dal loro primo incontro, Luhan contava bene i giorni.
Quelle tre settimane sembravano essere intrappolate nel tempo, come se non passassero più. Luhan il mattino si svegliava con l'amaro in bocca, sapendo che neanche quel giorno avrebbe sentito la voce di Sehun.
Si sentiva così stupido, d'altronde l'aveva sentita solo una volta, ma aveva paura di dimenticarsi quel meraviglioso suono che cullava i suoi sogni.
I petali di fiore di ciliegio fluttuavano nel cielo con leggiadria, entrando nel salotto del biondo con naturalezza, cadendo poi sul pavimento, non trovando più quel soffice vento che aiutava loro a volare.
Luhan aveva lasciato la finestra aperta, voleva che quei petali lo circondassero, che il loro profumo invadesse le sue narici, proprio come quando era bambino. Si era ripromesso di non piangere, quel pomeriggio, ma le immagini della sua tenera madre che lo accompagnava a scuola, fecero appannare i suoi occhi, ormai spenti.
Gli sarebbe piaciuto così tanto poter smettere di pensare, anche se per qualche minuto.
Tutti quei brutti pensieri si ammucchiavano nella sua testa ogni giorno, non lasciandogli neanche un piccolo spazio per le belle cose.
Come Sehun, ad esempio.
Con gli occhi rossi e lucidi, Luhan si alzò da terra, avanzando verso la porta del suo appartamento. Gli bastò fare cinque passi per arrivare davanti a quello del suo vicino, nonché soggetto dei suoi pensieri.
Deglutì il nulla, dato che la sua bocca era secca, arida. Luhan avrebbe pagato per avere un po' di saliva in quell'istante.
Suppongo che le lacrime vadano bene comunque, pensò, non appena una di esse arrivò sulle sue labbra, bagnandole.
Guardò quella porta —di una tonalità più scura della sua—, indeciso se bussare o meno. Alla fine scelse la seconda opzione, ma quando stava per girare i tacchi al fine di segregarsi nuovamente in casa sua, un rumore di chiavi lo fece bloccare.
«Luhan.» Sussultò sorpreso Sehun, guardando il ragazzo di fronte a lui.
«Sai il mio nome?»
Questa fu la prima cosa che uscì dalla bocca del biondo. Guardò il suo vicino con occhi curiosi, nonostante fossero ancora colmi di lacrime.
«Si, beh, me l'ha detto il proprietario del condominio. ㅡConfessò, guardando poi Luhan, che distolse lo sguardo non appena i loro occhi si incontrarono.ㅡ Avevi bisogno di qualcosa?»
Della tua compagnia.
«Uhm... —mormorò il più bassino, alzando poi le spalle— Ho finito il caffè, ma non fa niente, stai uscendo.» Si inventò del caffè di sana pianta, indicando poi con lo sguardo la chiave che aveva in mano Sehun.
«A dir la verità, stavo vedendo da te.»
Il biondo, nell'istante in cui l'altro finì quella frase, si sentì mancare l'aria. Le sue guance divennero incredibilmente calde così come la punta delle sue orecchie, ma almeno quelle erano coperte dai capelli mediamente lunghi.
Luhan alzò lo sguardo, mentre guardava Sehun chiudere la porta alle sue spalle; si passò una mano tra i capelli nero inchiostro e rivolse la sua attenzione al più grande.
«Spero che questa volta mi permetterai di entrare.»

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