CAPITOLO 18

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Io ed Harry ci frequentavamo ormai da un mese e mezzo e per la verità devo dire che questa relazione era al quanto divertente... era capitato però quello che temevo dopo quella sera alla festa: mi ero innamorata. Ma per la prima volta in tutta la mia vita non avevo paura di amare qualcuno e sapevo che Harry era veramente la persona giusta per me.
Era però arrivato il mese fatidico, quello che mi avrebbe mandato all'apice della carriera, quello per cui io sarei potuta andare in America a studiare nelle scuole di canto migliori del mondo, ma in questo futuro c'era solo un io e non un noi. Per quanto eravamo solo a metà anno quello spettacolo di Natale poteva offrire ad ogni ragazzo che sarebbe salito su quel palco, di far veramente parte del mondo, ora però non ero più sicura di volere quella strada, quel palco, quella vita, perché ora c'era Harry, ora c'era un noi, non potevo più essere la Joey egoista che ero sempre stata.
Ed è così che dopo un breve riassunto del mio primo periodo alla B.R.I.T. siamo finalmente arrivati al presente, dove calpesto il pavimento del palco della scuola e dove la tensione si può toccare con mano.
«Joey, quella nota è più alta!» urla per l'ennesima volta la professoressa interrompendo di suonare. «Allora dolcezza, forse tu non hai ben capito che con quella voce che hai ti possono prendere non una scuola americana, non due, ma ben cento! Cento cazzutissime scuole americane!» urla ancora, non l'ho mai vista più isterica di oggi.
«E tu mia cara bella bambina vuoi far parte di quelle scuole?» domanda.
Annuisco alzando gli occhi al cielo, è ormai da una settimana intera che mi ripete quella domanda, possibile che non capisca che la risposta non cambia con il giorno?
«E allora fai quella maledetta nota acuta!» sbraita sbattendo un pungo sui tasti del pianoforte e facendo un frastuono isterico pieno di note alte e basse mischiate insieme in modo frastornante.
Ecco quindi dove va a finire la dolcezza delle professoresse di musica quando stai per salire su un palco a cantare una stupida canzone.
«Ricominciamo.» dice ricomponendosi e ricominciando a suonare.
Ricomincio la canzone cercando di fare le note più acute possibili per farla contenta e l'ora che manca al suono della campana passa con una velocità straordinaria (menomale).
«Come è andata?» chiedono all'unisono Harry e Perrie spuntandomi davanti non appena esco dal teatro della scuola.
«Tu, tu, stupido di un ragazzino...» trattengo il respiro e indico Harry. «Ma che... ma perché ti ammali due giorni prima dello spettacolo! Io devo cantare quella canzone da sola stasera!» urlo mettendomi le mani sugli occhi e sospirando.
«Scusa.» risponde con voce roca.
«Non dire scusa perché mi fai imbestialire!» dico con voce stridula avvicinando le mani alle orecchie.
«Sei brava dai, di cosa ti lamenti non lo so!» sbuffa Perrie.
La fulmino con lo sguardo perché è l'unica cosa che posso fare in quel momento, la stozzo dopo.
«Okay, sto zitta.» mormora alzando le mani in segno di resa.
«Quanto manca allo spettacolo?» chiedo inserendo una monetina nella macchinetta e premendo il tasto del caffè.
«Sei ore, hai tutto il tempo di rilassarti.» risponde Harry prendendo il mio caffè e bevendolo.
«Uno: prego; due ah-ahah-ah ah. Prima dello spettacolo avrò ancora tre ore di prove.» rispondo sarcastica inserendo un'altra monetina.
Bevo il primo sorso di caffè e un senso di nausea mi sale dallo stomaco e mi prende la gola, mi riempie la bocca. «E ora scusate ma ho bisogno del bagno.» dico infine dando il bicchiere del caffè a Perrie e correndo in bagno con la mano premuta sulla bocca.

Mi guardo allo specchio, è la seconda volta in una mattinata, ma ormai da una settimana conosco quella sensazione, e non so perché, ma mi viene spontaneo contare: tre volte, no, cinque, sì, sono stata a letto con Harry almeno cinque volte...
I miei occhi si spalancano mentre un'idea mi balena in testa. «E no eh?! No, sono troppo giovane capito? No. Te lo proibisco.» mi dico indicando il mio riflesso sullo specchio che stava sopra il lavandino. «No.» dico infine sciacquandomi la faccia e la bocca. Prendo una cingomma e me la metto in bocca, masticandola con forza per alleviare lo stress.
Esco dal bagno e loro sono ancora lì, mi guardano. «Che c'è?» chiedo isterica.
«Stai bene?» chiede Harry con quella che in questo momento mi pare la voce rauca più insopportabile del mondo.
«Dobbiamo parlare.» dico prendendolo per mano e portandolo via dal corridoio.
«E io?» chiede Perrie continuando a bere quello che doveva essere il mio caffè.
«Ci vediamo dopo.» le rispondo entrando nel bagno con Harry.
Entrati dentro lui comincia a guardare il soffitto con fare nervoso, e con quella faccia da innocente sfacciato che mi stava facendo andare il sangue alla testa. Poi mi guarda: guarda il mio viso che lo osserva contrariata e poi mette le mani avanti in segno di resa. «No, l'ultima volta che l'abbiamo fatto in bagno mi sono rotto la schiena!» dice con un mezzo sorriso.
«Ma che hai capito!» rispondo scuotendo una mano in segno di insofferenza.
«Mi togli una curiosità?» chiedo poi facendomi leggermente più serena. «Ma l'ultima volta li abbiamo usati gli anticoncezionali?»
Lui mi guarda interrogativo, sembra che ci stia pensando. «Con ultima volta quale intendi perché se è stata quella in camera tua allora... no.» dice cercando di fare il più aperto dei sorrisi e anche il più innocente e sarcastico.
Sbianco, perché credo che in questo momento è l'unica cosa che possa riuscirmi bene, non commento, lo guardo e basta, poi il mio sguardo cade sui miei piedi e continuo a stare zitta.
«Ma tu... tu non sei incinta vero?» chiede tossendo.
«No! Era curiosità, pura e semplice curiosità.» rispondo uscendo dal bagno e lasciando così lui interdetto.

Sono al buio nella mia stanza, e per quanto abbia sempre pensato che quella di chiudersi a chiave nella propria stanza fosse un'eterna cazzata ora credo vivamente che invece sia logico... anzi, eccome se lo è!
Posso gonfiarmi come un pallone da basket da un momento all'altro! Urlo nella mia testa mugugnando infastidita. Dovrei vedermi diventare una mongolfiera, non mi potrei allacciare le scarpe e andare in America... la mia testa continua a fantasticare ma l'altra parte della testa mi dice che sto sparando cavolate a raffica e che non farò affatto diventare mia madre nonna a trent'otto anni, che non diventerò un mappamondo e che non dovrò affatto cambiare pannolini. Peccato che l'altro lato della testa mi dice il contrario.
Respiro a fondo, chiudo gli occhi e mi alzo, manca mezz'ora prima delle prossime prove, devo essere grintosa, perché voglio assolutamente avere il posto alla Juilliard School di New York, o almeno, era quello che avrei sempre voluto prima di conoscere Harry.

***
Scusate tantissimo per il ritardo,ma ecco a voi il 18º capitolo!
Spero vi sia piaciuto.
Comunque Carla ha fatto questo ritardo perché è impegnata a scrivere un libro per poi mandarlo a una casa editrice quindi si sta concentrando e impegnando sopratutto per quello,poi vabbe c'è la scuola e,come voi,anche lei ha una vita sociale quindi fra una cosa e l'altra ci ha messo un po'.
Vi ringraziamo tantissimo per tutti questi voti e commenti siamo felicissime e per voi lettori,grazie mille!

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