Punto e virgola

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C'è tensione qua.

C'è rabbia qua.

C'è rimpianto qua.

E ci sono molte altre cose, ci sono centinaia di migliaia di emozioni che non so e non posso interpretare. Ci sono occhi che guardano con sospetto e mani che vibrano e mascelle che si serrano con violenza.

E ci sono denti che digrignano, e ira repressa e la pesantezza di un lutto che non riesco a comprendere perché non l'ho vissuto di persona.

Ma non è naturale.

Me ne rendo conto anche da sola.

Tutto questo non è normale.

Non.

E'.

Normale.

C'è qualcosa che non va in questa situazione, c'è tensione nell'aria, l'aria brucia come se fosse fatta di fiamme, come se il fuoco avesse incendiato ogni più piccola particella nell'atmosfera. Un masso gigante si è posato sopra il mio cuore e non se ne vuole andare, e la mia pelle scotta, continui e ripetitivi brividi attraversano la mia schiena mentre cammino, mentre respiro, mentre guardo la ragazza che mi fa strada, di fronte a me, la cui schiena ora sembra così piccola e i cui capelli sembrano così sporchi. L'uniforme è macchiata, ci sono tracce di cibo, forse di ketchup, e le sue unghie, di solito così curate, sono state mangiate fino a raggiungere la carne viva.

C'è qualcosa che non va.

Cosa?

Come? 

Quando? 

Perché?

Emily Elaister mi trascina lontano dal cortile di scuola, lontana da tutto e tutti, in realtà, dentro la palestra del primo piano che durante le prime tre ore non viene quasi mai utilizzata. Oggi sembra più... stanca del solito. Gli occhi gonfi, le borse sotto le palpebre inferiori, le labbra screpolate e il volto struccato lasciano intendere che ha passato più di una notte insonne a far pensieri tutt'altro che rincuoranti.

E trema, trema un sacco. Non riesco a capire, non riesco a comprendere perché abbia così tanto necessità di parlarmi, a meno che, ovvio, la sua non sia una tattica per potarmi in un luogo silenzioso per uccidermi senza avere testimoni che possano in qualche modo collegarla al mio omicidio.

Il mio corpo è rigido, sento i muscoli flettersi per l'irritazione e l'istinto di sopravvivenza, mentre lei si guarda intorno con aria circospetta, quasi temesse di esser vista da qualcuno. Quando si rende conto della nostra assoluta privacy, fa un sospiro sommesso, si lega i capelli in una coda di cavallo, gira i tacchi e fa qualche passo in avanti, allontanandosi da me.

<<Sono stata io.>>

Un TIR mi investe, o per lo meno è questo quello che provo quando le sue parole rimbalzano nella mia testa come frammenti di vetro che si conficcano nel mio cervello. I neuroni vanno in tilt, i polmoni smettono di respirare, il fuoco brucia il mio cuore che sta pompando il sangue con forza sproporzionata. Sento le vene infiammarsi per via della pressione che si sta di secondo in secondo alzando sempre di più. <<Come?>>

<<Sono stata io>> ripete lei, e la sua voce è roca, spezzata. <<E' colpa mia. Sono stata io.>>

Sbatto le palpebre, stringo i pugni, digrigno i denti.

Stacalmastacalmastacalma. 

Prendo un grosso respiro, nel tentativo disperato di distinguere un pensiero dall'altro, di evitare che si accumulino nel cervello a casaccio. <<A cosa ti riferisci?>> le domando alla fine, stringendo le braccia al petto.

La custode di cuori {COMPLETA} (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora