8. The Folveshch

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Tuttavia, l'eliminazione di Aleksy dalla comunità, non alleviò le disgrazie degli abitanti del villaggio a lungo

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Tuttavia, l'eliminazione di Aleksy dalla comunità, non alleviò le disgrazie degli abitanti del villaggio a lungo.
Quando emerse la notizia della nona vittima dell'inverno...il mio vecchio rivale amoroso, Ivan Zhilov... la speranza della comunità svanì ancora una volta, specialmente per la mia innamorata, che aveva sempre riservato la parte più dolce del suo cuore al suo primo amore.

Trascorsi l'anno seguente tra contratti, facendo visita sia a mio padre che a Ivan, sotto le rispettive richieste di mamma e Marina e a casa, accordando i capricci di Aleksy.

Nessun altro a Renkassk vedeva o sentiva il ragazzo parlare della Folveshch, fino a inizio gennaio 1932...il periodo natalizio secondo il calendario della nostra chiesa.

Sebbene le celebrazioni natalizie fossero state ufficialmente vietate quattordici anni fa, facendoci essere così gravemente isolati dal resto della nazione, noi continuavamo ancora a goderci la festività come se nulla fosse cambiato.
Da decenni i Frantsevs (agricoltori per generazioni) organizzavano nel loro giardino meravigliosi banchetti annuali, a cui ogni famiglia voleva partecipare per bere e ballare dopo la mezzanotte.

Già mezzo ubriaco di birra e di spirito natalizio, decisi che avrei portato Aleksy con la ristretta famiglia Alyovich.
Capitemi.
Non riuscivo a dormire con l'idea di lasciare il ragazzo chiuso in casa con la sola compagnia dei topi, mentre il resto di noi mangiava e beveva a sazietà, sopportando le storie di alcune guerre lontane del vecchio Yury.
Solo la sera mi resi conto della grande importanza di coinvolgerlo nelle festività; gli diedi anche un nuovo berretto come regalo.

Mia madre rimase a casa, così impigliata nelle viscere della sua malinconia stagionale, che preferiva passare il natale inosservata.
Al giardino dei Frantsevs mi sentivo vuoto senza lei al mio fianco anche in una stanza piena di amici e persone che conoscevo da una vita.
Sembrava che nessuno a parte Pyotr e sua moglie volessero dirmi più di due parole mentre ero vicino ad Aleksy.

Nonostante l'ostilità che provavo per loro, mangiavo senza fermarmi, come capriccio per avermi oppresso.
Sentivo gli abitanti del villaggio scambiarsi bisbigli dietro le loro mani e gli sguardi che mi rivolgevano erano freddi. Probabilmente spettegolavano sul fatto che Aleksy stava mangiando tacchini e carote (come le persone normali) e non una ciotola piena di organi.
Forse si chiedevano perché, in primo luogo, il figlio del guardiano non avesse mostrato alcuna somiglianza ad un cannibale.
O forse pensavano che io fossi dalla sua stessa parte...

Ripensandoci, non c'era bisogno di essere così paranoici su cosa la mia comunità pensasse di me e di Aleksy, perché non era lui che causava angoscia quell'anno.

Era Georgiy Yakunin, il fratello minore di Iakov, che scoppiò nel bel mezzo della festa, gemendo il nome della Folveshch con le lacrime che gli scendevano lungo le guance.

La porta si spalancò e il ragazzo impazzito precipitò dentro il fienile.
Le sue pupille erano semplici punte di spillo nei suoi occhi.

L'allegria cessò.

"Non lo posso prendere" Georgiy urlò.
La sua voce vacillava sopra lo scoppiettare del vecchio giradischi.
"Non lo posso prendere più ormai!"

Dal raduno, sua madre piombò al suo fianco. "Georgiy, cosa c'è di sbagliato?"

Come Alesky, non è mai stato lo stesso da quando il suo amato padre è caduto nel silenzio.
"Mi sta chiamando, mamma." il ragazzo piagnucolava. La sua faccia e i suoi occhi erano scarlatti.
"Mi sta chiamando, mi sta chiamando come Iakov"

"Cosa è?" Tomas Yakumin chiese.

"Non posso dirtelo. Non posso proprio."
Si mise gli occhi serrati e iniziò a graffiarli, borbottando frettolosamente "Non posso. Non posso. No, no."

Suo padre afferrò le sue vene prima che Georgiy facesse un ultimo danno.
"Figlio, trova una presa su te stesso. È Natale."

"No, no" lui piangeva.
"Se te lo dico, lei sarà qui. Mi segue. Di notte. Potrebbe essere ovunque. Mi chiama per farmi andare da lei... sto diventando matto, papà!"

Io sentivo una fitta di paura nel profondo del mio petto.
Accanto a me, Alesky dava gomitate al mio maglione, uno sgradevole sorriso si estendeva da orecchio a orecchio.
"Lei non vuole me" borbottò.

Mi abbassai su di lui.
"Cosa non vuole te?"

"La Folveshch ha deciso che lei vuole Georgiy."

"Non di nuovo."

"Hai ragione, ma tu sai cosa significa, no?"

"No."

"Significa che io ho un altro anno di tempo prima che finisca nella kabina con lui."

Ed ancora, quando l'ascoltai indovinare il suo triste fato, io lo rigettai, non confortando neanche il ragazzo.
Se Alesky avesse deciso di credere alle storie horror, perché avrei dovuto alimentare le sue paure?
Se io gli dessi retta, sarebbe solamente una questione di tempo prima che lui finisse nello stesso stato di Georgiy.

In verità la vista del figlio dei Yakumin mi sconvolse più dell'ipotetico imbarazzo di Alesky.
La comunità intera testimoniò al crollo di Georgiy nel giorno più giovanile dell'anno ed io ne feci parte, senza mai riuscire ad eliminare quel Natale dalla mia memoria.

Georgiy gridò e pianse così veementemente che i suoi occhi si incurvarono dalla sua testa, improvvisamente inconsolabile, finché i suoi genitori insistettero che i Frantsevs chiudessero tutte le imposte e tutte le porte a chiave.
Georgiy stette seduto frignando nell'angolo della stanza per il resto della notte, abbracciando se stesso e fissando la morte.

E dopo questo, non parlò e non si mosse mai più.

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The Folveshch (traduzione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora