15. The Folveshch

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La porta scricchiolò, aprendosi in parte e gli lanciai un'occhiata molto fredda, così piena di un odio pungente che fece sembrare lieve la tempesta

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La porta scricchiolò, aprendosi in parte e gli lanciai un'occhiata molto fredda, così piena di un odio pungente che fece sembrare lieve la tempesta.
Le tremolanti iridi blu brillavano come fari nell'oscurità.

"Stefan" gracchiò.
"Stefan...cosa ci fai qui fuori? Non saresti dovuto venire."

Digrignai i miei denti.
"Ho sentito tutto. So cosa hai fatto."

"Torna a casa prima che lei venga per te!"

"Oh, smettila con i tuoi giochetti, per l'amor di Dio! Esci!"

"Non dovrei."

"Esci fuori o ti trascinerò fuori di qui io stesso!"

"C-cosa hai intenzione di fare?"

"Trasformarti in un ignobile verme! Giustiziarti per...per..."
La mia voce si interruppe.
Non potevo dire quelle parole ad alta voce.

Lui esitò un momento, ma alla fine accennò col capo ed uscì dalla casa.
"Io posso spiegare, ma non ora. Per favore. Devi andartene."

"Tu sei l'unico che dovrebbe scappare" addentai.
"Correre, andare lontano, via, finché finché perisci, così sarò contento. Hai dissotterrato tuo padre dopo che noi abbiamo lavorato settimane per trovarlo, e poi..."

"Cosa? No."
Le sua sopracciglia si sollevarono.
"Io ho detto al cimitero che papà si è dissotterrato da solo per uscire dalla tomba. Hai visto come era il luogo. Hai visto dove ha spostato la neve. Lui è venuto qua e io l'ho trovato."

"Stronzate. Vuole che io creda a questo?
Gli uomini morti non escono fuori da sotto terra e ritornano a casa. Chi pensi che io sia?!"

Lui si leccò le labbra insanguinate.
"Lui ha detto che hai visto i disegni."

"Quali disegni?"

"Il giorno in cui lo portarono via. Lui tentò di dirti di non guardare i disegni che avevo fatto sulla Folveshch. Non è vero?"

Mi vennero di nuovo in mente le facce di carbone.
Quelle facce terribili, contorte.
Mi girai verso di lui.
"Nulla accadde quel giorno, Aleksy. È tutto nella tua testa. Pyotr nel tuo rapporto ha detto che sei impazzito per la solitudine."

"Mah! Pazzo? Sono pazzo? Conosci gli uomini della kabina?"

"È una malattia! Disse Pyotr."

La sua risata fredda mi disarmò.
"Ah!! E le storie identiche sulla Folveshch? Come spieghi quello?"

"Non c'è niente da spiegare. Racconti storie quando sei un bambino, tutti lo sanno."

Non mi piacque il cattivo sorriso che fece. Le sue guance si ruppero come se la sua pelle fosse di legno fragile, tirandosi indietro nelle sue labbra i suoi piccoli, frastagliati denti.

"Tu non sai niente, affatto, vero Stefan?" sibilò.
Il bagliore nei suoi occhi si intensificò.
"Tu non mi hai mai creduto riguardo la Folveshch. Se tu mi avessi solo ascoltato sin dall'inizio, forse tutti gli altri incidenti si sarebbero potuti evitare. Viktor Malenhov, Iakov Yakunin, suo fratello Georgiy: tutti persi nelle loro menti, solo perché tu non ci hai creduto."

"Non c'era niente, per cui noi avremmo potuto prevenire ciò che è successo!"

"Ma tu non l'hai accettato, per tutto questo tempo. Non volevo dover fare questo, per farmi credere da te."

"Fare cosa?"

Il vento si rinforzò intorno a noi e lo strato più alto della neve turbinò nell'aria.

"Mostrartela. È vicina. Ti può già vedere."

"Smettila di parlare così."

Uno colpo secco.
Un ramo si spezzò sopra di me.
"Sai cosa succede quando la Folveshch si mostra a te? No? Ti segue e ti guarda per il resto della tua vita. Ogni giorno a ripetizione. Ancora... e ancora. E poi tu puoi solo sperare di fermarla, tenerla sotto controllo."

"Ne ho abbastanza!"
Piantai i miei palmi sul suo petto e lo spinsi indietro nella neve, con un tonfo smorzato. La sua testa colpì il legno più basso e la successiva cosa che vidi fu il sangue che gocciolava dal suo mento.

Sebbene fui inorridito, non esitai.

"Ne ho abbastanza di queste cazzate!" gridai.

"Quando la vedrai, perderai la tua meeeeente!"
Aleksy canticchiò dal pavimento.
La sua bocca pianse cremisi dentro la sua sciarpa.
"Diventerai ossessionato da essa; preso dalla paura che lei è sempre lì. Paranoico del fatto che ti guarderà al lavoro, a casa, mentre dormi. In nessun luogo essa sarà cieca."

"Zitto! Ora!"

Non gli interessò.

"I giorni d'inverno crescono più scuri e più scuri finché anche il sole non sparisce, e la Folveshch diventerà la cosa che più temerai. Essa risiede nella tua periferia, sussurrando il tuo nome quando tutto è calmo. Graffiando i muri con i suoi artigli, durante la notte. Chiamandoti. Senza mai smettere. Non si arrenderà, finché ti avrà, e quando arriverà il giorno in cui non potrai più mandarla via, essa ti attrarrà vicino con l'inganno. Faccia a faccia. Ti farà uscire da ogni posto in cui sarai, da qualunque cosa tu starai facendo."

"Smettila!" guidai la punta degli stivali di papà verso il suo lato e me ne andai lungo il sentiero, tra le conifere.

"È il tuo turno, Stefan!" mi chiamò.
La sua voce rimbombò tra gli alberi.
"Non puoi scappare via e sperare che lei scompaia!"

Mi fermai.

"Non volevo che arrivasse a questo" continuò, più calmo, "crescendo, mi ero affezionato a te, dopo tutto, ma non avresti mai capito la situazione, se non provavi quello che provavo io. Più tu la pensavi e più ricordavi la sua orribile faccia, più lei si avvicinava a te. E non solo dove potevi vederla. No. Ricordi questi disegni, Stefan? Non erano ciò che tu credevi. Erano della Folveshch. Tu hai già visto questa faccia. Tu l'hai conosciuta per tutto questo tempo."

Impazzii di nuovo.
"Aleksy..." respirai, girando il viso verso di lui da lontano.
Il mio respiro si agitò.
"Andiamo... andiamo solo a casa. Vai a casa, nella cantina e domani mattina parleremo di cosa dovrò fare con te. Questa è la tua occasione per confessare. È la tua occasione per fare la cosa giusta."

"È troppo tardi" ghignò.
"È troppo tardi. È qui. È proprio qui con noi. Guarda."
Gettò le sue braccia sopra la testa.
"Guarda, Stefan!"

 "Guarda, Stefan!"

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The Folveshch (traduzione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora