14. The Folveshch

10 2 3
                                    

Dopo poche ore dalla mezzanotte, mi svegliai da un sonno tanto disturbato

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Dopo poche ore dalla mezzanotte, mi svegliai da un sonno tanto disturbato.
Come molte altre notti, in quel periodo dell'anno, Aleksy ed io dormivamo nel più grande dei due letti, e, va detto, dopo la scomparsa di mia madre, sentivo il bisogno di sapere che ci fosse ancora qualcuno che mi stava vicino.
Di solito lo accoglievo raggomitolato sulla mia tibia, scaldando i miei piedi contro i suoi, ma in quella particolare notte la sua presenza non mi portò così tanto conforto.

Ero consapevole della sua presenza ai piedi del letto, ma dopo un momento scivolò da sotto le lenzuola, si mosse a fatica a causa dei suoi stivali e si alzò.
Spesso mormorava fra sé e sé con la voce di suo padre...qualcosa a cui era stato abituato crescendo...sebbene questa volta sembrasse più agitato del solito, origliai parti della sua strana conversazione.

"Figliolo, non è che tu..."

"Freddo... niente che io..."

"Lascialo... non farà male."

"...Zitto, zitto!"

Quando uscì silenziosamente dalla stanza, mi girai nel letto e mi misi in ascolto per sentire la sua voce nella casa.
Niente.
Con i denti che tremavano, mi misi alcuni vestiti più caldi e mi avvicinai per pressare il mio orecchio contro il muro.

Arrivò un forte cigolio dal gradino più basso, aspettai e ascoltai attentamente.
Sentii un grido sul metallo lacerato, in mezzo al silenzio; era il chiavistello della porta d'ingresso.

Corsi alla finestra della mia stanza e vidi il ragazzo scomparire tra le pallide e grigie vette degli alberi innevati.
Abbracciò il suo corpo per coprirsi dal vento e dalla neve che stava scendendo, con la testa bagnata e camminando velocemente.
Cosa poteva esserci di così urgente?

Non smettevo di valutare il pericolo che avrebbe potuto comportare seguirlo; in quel momento ero più preoccupato che lui potesse scomparire in un modo così bizzarro e che io sarei rimasto completamente solo.
Feci scivolare i miei piedi nei vecchi stivali di mio padre e decisi che l'avrei riportato a casa. L'avrei trascinato, se fosse stato necessario.

Si scoprì essere una breve passeggiata dai soliti standard rurali, che io non facevo da un sacco di tempo, da quando ero diventato abbastanza grande.
Seguii le sue impronte di stivali fino all'altro lato della valle, in direzione del vecchio cottage di Viktor; pieno di spifferi, umido e in cattivo stato ai giorni d'oggi.
Chiamai il suo nome finché la mia gola non divenne rauca, con una voce che in mezzo al vento si perdeva sotto il fruscio adirato delle conifere.

Finalmente la grigia sagoma della baracca segnata dal tempo si materializzò.
Vidi da cinquanta metri indistinti, o giù di lì, come lui fece uno sforzo per aprire la fessura della porta d'ingresso contro un cumulo di neve che consumava il portico.
Si aggirò dentro una stanza nera come la pece.

Il mio stomaco si rivoltò.
Forse questo aveva qualcosa a che fare riguardo dove fosse mia mamma.

Mi accovacciai in modo da riuscire a vedere la casa, pronto a nascondermi dietro il tronco di un albero, se Aleksy avesse sbirciato fuori dalla finestra.
Mi tenni sulla sinistra della baracca e aderii al muro esterno, una volta che l'ebbi raggiunto.
Come uno sciocco, sarei dovuto stare lì, sotto una tempesta, nel cuore della notte.
Peggio: sbirciando un mentalmente instabile cannibale in un posto, che temevo più di tutti gli altri...

Scossi via il ricordo di quei ricordi.

Più lontano dal mio posto c'era la porta d'ingresso con la finestra argentea come un diamante.
Essa offriva una buona vista di gran parte della casa e se io avessi dovuto vedere qualche segno di movimento da parte di Aleksy dentro di essa, l'avrei visto da là.
Chinai la testa sotto di essa e sbircia oltre il davanzale.
Dentro vidi una piccola gialla luce; una candela, forse...e due figure.
Una di esse, piccola e dritta, doveva essere Aleksy e l'altra, curvata su una sedia, sedeva come una pietra.
Sbirciai da più vicino, fino ad arrivare al vetro...

E poi mi vide.

Barcollai indietro dal terrore, vomitando una nube di polvere.
Mascella cadente. Occhi scavati.
Una faccia che ha riportato indietro mille incubi quasi dimenticati.

"Cosa è stato, Papà?" disse la voce smorzata di Aleksy.
"Penso di aver sentito qualcosa." rispose Viktor.

"C'è qualcuno là fuori" disse Aleksy, rispondendo al burbero tono di suo padre che a sua volta con voce rauca disse "Stai qui, mentre controllo fuori."

Dovevo nascondermi.

Dove?

Ovunque.

Non importava.

Mi misi a quattro zampe e rotolai come una palla nell'altro lato della casa, respirando affannosamente.
Dopo un po' il mio respiro scoppiò; scie nuvolose sorsero di fronte alla mia faccia.

"C'è qualcosa là, Papà?"

"No. Chiunque sia, si sta nascondendo. C'è qualcuno che ci guarda là fuori, figlio. Può sentirci."

"È...è la Folveshch?"

"È probabile; quella cosa è sempre appostata da qualche parte. Lo sai che non ti lascia una volta che l'hai vista."

"Sono molto dispiaciuto, Papà. Non sapevo che sarebbe venuta per te."

"Se tu batti la fiacca, il mio destino sarà il tuo destino, mio ragazzo. Non vorrò mai vederti in questo stato e quindi devi saziarla mentre Avgustin Soldatov rimane ancora ignaro della sua presenza...o lei sceglierà te.
È qui da quasi un decennio; se tutto va come stiamo progettando, nessuno andrà più nella comunità dal giorno in cui cesserà di chiamare il tuo nome."

"Lo so" disse debolmente Aleksy.
"Lo so, Papà. Cosa faccio?"

"Nutrila, figlio" disse.
"Ma a parte questo, perché hai scelto Mariamna? Perché non sceglievi sua moglie Marina?"

"È stata la prima persona che io potessi raggiungere, papà. La vacca grassa piangeva come una disperata. Dovevo affogarla."

Le sue parole erano un paletto conficcato nei miei polmoni.

La mia faccia andava a fuoco.
Strinsi così forte i miei pugni che le mie nocche si sarebbero potute spaccare a metà e io non avrei sentito nulla.

Volevo ucciderlo. Volevo strappare la sua piccola testa malata via dal suo collo e rimasi in piedi.
"ALEKSY!" gridai.
La mia voce echeggiò in tutto il bosco.
"Aleksy! Esci da qui ora!"

 "Aleksy! Esci da qui ora!"

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.
The Folveshch (traduzione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora