16. The Folveshch

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Tentai di fare un altro passo, ma le mie gambe non risposero

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Tentai di fare un altro passo, ma le mie gambe non risposero.

"Guarda!"

Cosa stava succedendo?
Posai i guanti sui miei occhi, bloccando ogni visuale.
La baracca, il cadavere... Aleksy che era spaventoso, il suo ghigno insanguinato. Desideravo svegliarmi...svegliarmi nel mio letto con mio fratello che dormiva rannicchiato nei miei piedi... con mia madre al piano di sotto, avvolta in una pelliccia, davanti la stufa e mio padre che russava nella sua sedia.

"Ho detto guarda" Aleksy sibilò.

"Smettila!" piansi.
"Per favore basta."

"Sei spaventato da essa, non è così?"

"Aleksy, per favore..."

"Tu finalmente sei spaventato! Stefan Alyovich è spaventato! Hahaha!"

La tempesta sembrava imitare la sua risata esasperata.
Le mie ginocchia cedettero, caddi sul terreno e mi accovacciai dietro i miei palmi.
Più accecavo me stesso, più la paura aumentava.
Era la paura dello sconosciuto.
La paura di, forse, alcuni semplici metri sopra di me, di un essere a cui io non avevo mai creduto in maniera sospetta, che mi guardava e aspettava di identificarmi.

In che modo guardava la Folveshch?

"APRI I TUOI OCCHI!" Aleksy strillò attraverso i rami.
"Aprili, Stefan! È proprio qui. È proprio QUI!"

In nessun luogo avevo mai sentito quel freddo, delle mani metalliche provarono a spostarmi i palmi dal viso, contro la mia resistenza.
Le sue dita avevano una forza che non mi sarei mai aspettato e finalmente afferrò la mia mano sinistra, sollevandola; la sua vittoria.

"Sei terrorizzato!" strillò, trionfando.  "Guardati! Chi è il "ragazzo" ora, Stefan Alyovich? Chi è il bambino? Ha!"

"Lasciami stare!" ripresi la mia mano e la sbattei nuovamente sopra i miei occhi.
Gli puntai un calcio, ma il mio piede trovò il nulla.
Cosa stavo facendo?
Dissi a me stesso di alzarmi e combatterlo come un vero uomo, mollargli un pugno sulla faccia e invece riuscivo solo a comportarmi come un bambino spaventato, accovacciato sulla neve. Iniziai a tossire come se avessi qualcosa nel petto e poi mi ripresi, buttando fuori un respiro.

"Non puoi combatterla così, ragazzo!"

"Cos'ho mai fatto di male con te?"
Calciai una seconda volta e mancai ancora.

"Tu hai sentito tutto, lo sai? Mi hai sentito parlare con l'ultimo, distorto ricordo che avevi di tuo papà. Quando era ammalato e atrofizzato prima di morire, Stefan. Povera anima."

"No... no" tagliai corto.
"No, lui non è morto."

"Lo sai che hai pure sentito cosa ho fatto a tua madre? Vuoi sapere che sapore aveva?"
Si leccò le labbra.
"Un sapore gelatinoso."

"Basta."
La mia risolutezza si sbriciolò in polvere. "Per favore. Questo dolore. Non posso..."

"Tu dici che gli uomini nella kabina hanno perso le loro menti, piccolo Stefan, ma che ne sai? Tu sei uno di quelli. Tu sei colui che è cambiato quasi un decennio fa e vive ogni giorno su un cappio. Tu eri sempre un ammalato, fragile bambino. Sempre tossendo, sempre ansando, sempre debole. Sempre così dipendente da tuo padre. E quando morì di polmonite, tua madre, depressa, non poteva più farcela con te. Lei scappò via e si uccise, o così dicono... ma cosa accadde al piccolo Stefan Alyovich? La Folveshch lo trovò. Oh, si. La rivoltante cosa lo guardò e lo curò. Era l'unico amico che hai sempre avuto."

"Ma di che diavolo stai parlando, Aleksy? Mia madre non è morta, lei..."

Lo sentii avvicinarsi al mio orecchio.
"Lavora alla kabina" ghignò, facendo un passo in avanti.
"Dimmelo: cosa è la kabina, Stefan? E chi sono Pyotr e Irina e Avgustin?"

"La kabina è...loro sono...loro sono..." ho avuto un vuoto.
Perché non sapevo come rispondere?

Infilai la mia testa sotto le mie braccia e successivamente nella neve, confuso, terrorizzato, non capace di vedere niente.
"Loro sono..." sentii la lingua timorosa nella mia bocca.
"Ayy...urrh...ss..."

"Cosa c'è? Cosa vedi adesso?" disse Aleksy.
Non potevo fare niente d'altronde, a parte lamentarmi, ma ancora non volevo levarmi le mani dalla faccia.
"Oh, Stefan" continuò, "caro Stefan. E pensare che la Folveshch è cresciuta amandoti come un fratello."

E dopo: "Lo sai chi è?"

Silenzio.

"È chiaro, ragazzo, la Folveshch ti ha perseguitato per 9 anni. L'hai portata ogni giorno a scuola sulla tua vecchia bicicletta. Le hai portato del pane a casa... "per le anatre" hai detto... e a volte  anche un libro di fiabe. L'hai aiutata a tagliare tronchi e a stare al caldo. E...l'hai tenuta sotto la tua ala, l'hai lasciata avvicinare a te, dicendole che era pazza!
Mi hai detto che ero un pericoloso, assassino cannibale... un'oscuro segreto che dovevi tenere al sicuro."

"Ma cosa è reale nel tuo piccolo mondo, Stefan?"
La vivacità nelle sue parole evidenziava solo il tormento.
"Dove sono i tuoi genitori? Dove siamo ora? E perché mi chiami Aleksy? Dimmelo, Stefan: perché dai alla Folveshch il nome di tuo padre?"

Il nome di mio padre?

Mi girai, la mia energia si era finalmente dissolta anche nelle braccia.
La mia visione era offuscata e l'unica cosa che vedevo, che fosse vera o no, era una faccia.
Un maledetto sorriso.
Pelle pallida e denti frastagliati.
Gli stessi occhi color mare che ho visto ogni giorno per 9 anni.

Aleksy.

Aveva ragione: questo era il nome di mio padre.

E la Folveshch... l'ho conosciuta sin dall'inizio.

 l'ho conosciuta sin dall'inizio

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The Folveshch (traduzione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora