Viola

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26 ottobre

È strano come il tempo corre veloce quando si ha qualcuno con cui trascorrerlo, qualcuno con cui parlare o semplicemente restare in silenzio. Basta avercelo questo qualcuno.

Nella casa circondariale il tempo non passa mai. I minuti scorrono lenti e le ore sembrano non finire più. Arrivare a fine giornata a volte costa molta fatica. Non puoi fare quello che vuoi, hai tanto tempo ma se non sai come riempirlo rischi di impazzire.

Una giornata tipo in carcere inizia tra le sette e trenta e le otto del mattino, scandita dal passaggio del detenuto lavorante con carrellino della colazione. A seguito avviene il controllo da parte degli agenti che contano a uno a uno ogni detenuto e verificano che le nostre condizione di salute, a cui segue la battitura delle sbarre ad opera degli agenti stessi.

Dopo si susseguono tre ore ricreative e le celle vengono aperte. Sono i momenti dove ognuno di noi ritorna a respirare, dove puoi prendere un po' di aria fresca, farti accarezzare dai raggi del sole, lavarti.

Dopo il pranzo ritorniamo ognuno al proprio posto letto, per poi lasciarci di nuovo "liberi" nelle ore pomeridiane, dove il tempo è dedicato soprattutto alla pratica di sport e attività educative.

Una giornata in carcere termina alle 19:00. Le celle vengono chiuse ed è lì che ti senti in trappola davvero. Ancora è troppo presto per dormire, ma sei stanco. Erano le ore della giornata che dedicavo a me stesso, ai miei pensieri.

Tutto questo prima dell'arrivo di Claudio.

È volato un mese e neanche me ne sono reso conto. Si è istaurato qualcosa tra di noi che non so bene dire cose, definirne la forma.

Ho scoperto così tante cose di lui in questi giorni che l'ho rivalutato sotto molteplici punti.

Ha dei difetti però, chiacchiera in una maniera allucinante. "È una pila de fagioli" Non si ferma mai.

La mattina io non parlo, sono taciturno, e odio tutto. Lui lo sa. Non ci diamo il buon giorno perché odio anche quello, e lui ha imparato anche a conoscermi, tanto da non rivolgermi la parola prima che io non abbia bevuto il mio caffè.

Poi iniziamo un dialogo di monosillabi e battute di cortesia, ma ogni mattina accade che uno dei due alza gli occhi e fissa l'altro, fino a quando anche l'altro non fa lo stesso. E ogni volta che finiamo occhi dentro occhi, scoppiamo a ridere.

Claudio non è il ragazzo fragile che io credevo. È allegro, solare, porta buono umore, migliora queste giornate, e forse migliora anche me.

Non glielo dirò mai, ovviamente. Alla fine, sono sempre io, scorbutico e arrogante, ma lui non so come riesce e lenire i miei contorni aguzzi, la mia materia grezza.

Negli ultimi giorni, abbiamo trascorso tanto tempo insieme, e non solamente quello costretto dentro la cella, ma anche fuori. Ci sediamo nello stesso tavolo a mensa, svolgiamo gli stessi esercizi fisici, o meglio lui si allena e io lo guardo allenarsi. Nessuno osa trattarlo male. Sta con me, fa parte del mio gruppo.

Ho sentito altri chiamarlo come "il cagnolino", e anche se questo nome non mi piace per niente, almeno lo tiene lontano da persone che potranno fargli solo del male. Più male di quello che posso fargliene io.

Perché lui è così, parla, è buono, ti dà tutto sé stesso, poi si impappina se gli fai un complimento e diventa rosso. Trasmette vibrazioni, trasmette emozioni anche un cuore di pietra come il mio. È un po' come il viola.

Il colore viola è quello che si crea unendo il rosso e il blu e quindi è un colore intermedio tra i due. Il rosso simboleggia la forza e l'energia, il rosso che è un po' Claudio, è la sua voglia di vivere, la sua allegria, la sua passione; il blu la calma e la malinconia, ma è anche la mia inquietudine e il mio dolore, e quindi il viola è il colore della sintesi derivando da due colori così differenti. Il viola è il colore del legame che si è istaurato tra di noi, un incontro di due strade così diverse che si sono incrociate per caso, e si consolano, si macchiano, si danno forza a vicenda. Lui mi da a me forza.

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