14.

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Passarono minuti, ore forse. Finalmente entrambi si erano ripresi. Luna era più bianca del solito, come se non avesse mai visto la luce del sole, le occhiaie scure di chi non dorme da giorni, proprio come quelle che avevo io e i capelli scompigliati e in disordine, di chi non pensa più che curarsi sia un problema. Daniel invece era normale, se non per un piccolo dettaglio, la petroliera era nuovamente stata danneggiata e i suoi occhi erano tornati neri, come non succedeva da tanto. Anche lui era stanco di quella situazione. La rimproverò un'altra volta, ma a Luna non importava, potevo leggere benissimo l'odio e il disgusto che c'erano nei suoi occhi, che in quel momento stava riservando a me e a me soltanto.
Daniel non ne voleva sapere di restare con lei, e il suo comportamento, non faceva altro che farlo arrabbiare ancora di più. Sono sicuro che in quel momento, se avesse potuto l'avrebbe uccisa, avrebbe voluto far finire tutto lì, ma un vecchio sentimento ormai avvizzito dal tempo, lo ostacolava. La odiava per ciò che mi, ci, stava facendo, ma nel contempo, teneva a lei.
Nessuno avrebbe voluto tutto questo.
Solo i nostri corpi, il desiderio di qualcosa di nuovo, il tocco dolce di qualcuno che non fosse parte del passato.
Eravamo di nuovo punto a capo.
Ero stanco, quel tipo di stanchezza mentale che ti devasta, volevo solo andare via con Daniel, fingendo che non fosse successo niente, e che Luna non esistesse nemmeno. Volevo solo che sparisse nel nulla. Sapevo che era sbagliato, ma la mia mente non riusciva a partorire altro. Cosa potevamo fare? Tornare a casa, aspettare che accadesse di nuovo e ripetere da capo.
Gli presi la mano, non mi spaventava quell'aspetto di lui, al contrario, mi intrigava, mi faceva venire voglia, una voglia irrefrenabile, assetata, gli avrei concesso qualsiasi cosa, come se il mio corpo, non fosse più una mia proprietà.

Il profumo dei sentimentiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora