XXIII.

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- Non voglio andare a scuola! Come te lo devo dire? In arabo? - urlo a mia madre.
Neanche morta ci voglio mettere piede.
- Si, invece. Non puoi nasconderti per quello che ha fatto quel bastardo, Kathrin. Prima o poi ci dovrai andare. - finisce, guardandomi. È arrabbiata più di me, l'altra sera tirava fuori certi insulti di cui io non ne sapevo neanche l'esistenza. Fa per andarsene ma ci ripensa, girandosi con un ghigno. Che mi vorrà dire, ora. - Oh, mi ero scordata di dirtelo, scusa. Domani sera andremo a casa sua, per cena. Ci avevano invitato già tempo fa e credo che i suoi non sappiano dell'incidente - mi rivela.
- Cosa?! O mio Signore dei cieli! Perfetto, una motivazione in più per non andarci, ne a scuola ne a cena. Dirgli che stavo male, a Kevin. - rispondo.
- Tu ci vai punto e basta. - e va via.

Io, quindi, dovrei andare a scuola?
Con questa faccia?
Con questo occhio?
Non solo mi prenderanno per il culo ma...non voglio neanche immaginare cosa faranno.
Helena non lo sa, non gliel'ho detto.

- Kate, è Ele! - urla papà.

Parli del diavolo e spuntano le corna. Sorrido tra me e me, pensando che lei sia tutto tranne che il diavolo.
In orario, comunque. La doccia l'ho fatta, mi sono vestita e...sono pronta. Ma non voglio andare lì.
Bussano alla porta. Io sono di spalle ad essa, non voglio guardarla e fargli vedere subito il mio stato.

- Kathrin...- dice, mentre entra.

Dio, le lacrime.
Perché ancora piango?
Pensavo che l'altra sera le avessi finite, ma, evidentemente, mi sbagliavo.
È davanti a me, ma io tengo la testa bassa.

- Ti prego, guardami. -
La guardo.
Lei piange. Piange per me. Al posto mio.
È una sorella.
- Io...io gli brucio il cazzo! Testa di capra, come si permette! - sbraita, diventando tutta rossa.
Mi abbraccia e io la ricambio. Mi è mancata questi due giorni.
- Dai, andiamo a scuola. - parla, lasciandomi.
Alzo gli occhi al cielo e lei se la ride.
Non posso mettermi una benda?
No, mi riempirebbero di più domande.

Prendiamo le moto.
Saliamo e sfrecciamo, lei pronta, io no.
Ci togliamo il casco e, stranamente, ancora nessuna occhiataccia.

Ma davanti all'entrata tutto cambia.
Tutti gli occhi su di me. O meglio, sul mio occhio sinistro.
Iniziamo bene la giornata.
Li fulmino tutti e loro abbassano lo sguardo, impauriti. Se metto in mostra i miei veri occhi si sotterrerebbero. Sorrido al pensiero.

Ancora nessuna traccia di Danny.
Ne oggi ne il giorno dopo.
Non l'avevo più rivisto da quella mattina. Da nessuna parte. Non era neanche con Aleksia.

Oh, lei. A lei e alle sue scagnozze i miei sguardi non gli intimorirono, ma quando mi ha chiamata mostro con il suo tono strafottente mi sono catapultata su di loro.
Fortuna che era sul retro della scuola. Ma non è andata come quella volta nel bagno. È finita peggio. Bè, per loro. Io ero solamente sporca del loro sangue, mentre i miei occhi neri le cercavano, famelici.
Rebecha è in ospedale, per colpa mia. Ha perso un dito, il naso è rotto e rischia anche l'udito. Nell'orecchio destro non sente niente, per ora, mentre l'altro c'è da vedere.
Aleksia avrà dei segni ben evidenti ed enormi nel petto.
Sophia è scappata con un grande e profondo graffio, che parte dal sopracciglio fino alla mandibola.
Se la sono cercata, mi avevano provocata.
E la pazienza non è una virtù di tutti.

- Bene, matematica finita...- dico, prendendo i libri, ma questi mi cadono dalle braccia quando vedo la finestra.

Da lontano si intravede una nube nera.
Una nube di corvi.
E stanno volando verso di noi, non volendosi neanche fermare.

- Kathrin rimani su! Non ti muo...- ma non finisce la frase che il mio udito viene attirato da un rumore.

Un vetro infranto.
Due, vetri infranti.
E poi la mia finestra.
Gli uccelli si catapultano su di essa, senza paura, rompendola. Alcuni sono morti per il vetro mentre altri volano per la stanza.
Distruggono tutto.
Devo fare qualcosa.
Esco da sotto il letto e inizio a "sparare"  palle di fuoco, che ne colpiscono molti. Ma rischio di bruciare qualcosa.

La Guardiana Mezzosangue  ~La profeziaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora