Entropy

15.8K 401 171
                                    

Disclaimer inserito per necessità, visti i continui messaggi che ricevo: questa storia NON è una fanfiction di Harry Potter e non troverete alcuna connessione con la saga della Rowling. 



PROLOGO

Dicembre 1944, Dachau

Aleggiava un odore dolciastro, nell'aria: il solito.

Nessuno lo definiva mai in quel modo, perché nel Campo i nomi venivano perduti insieme a tutto il resto e ogni cosa prendeva a chiamarsi in modo differente, ma lei non avrebbe saputo in che altro modo descriverlo. Il lezzo di carne bruciata diventava insopportabile vicino ai Forni, ma non c'era un solo centimetro - nemmeno verso gli angoli più remoti delle Recinzioni - dove si riuscisse a respirare normalmente. Quell'effluvio di morte era diventato parte dell'aria stessa, sospeso nella cenere.

Il fumo dei comignoli aveva ripreso ad uscire da qualche ora ormai, ma la ragazza sapeva che non la stavano portando all'interno delle Camere. Lo aveva capito dopo che il terrore viscerale che le aveva svuotato le vene si era intirizzito di nuovo nello stomaco, ritirandosi dal suo cervello un po' per volta, mentre due soldati la costringevano ad avanzare nella poltiglia di fango e ghiaccio sciolto. Se ne prendevano tre o quattro alla volta, avevi qualche speranza. Se volevano uccidere, ti sparavano un colpo in testa all'istante, oppure ti prelevavano insieme ad altre decine di persone. Non appena il primo degli uomini in divisa aveva messo piede nel dormitorio, però, lei si era resa conto che qualcosa negli schemi di Dachau era cambiato. Camice lindo e immacolato, una mascherina di stoffa sulla bocca: non era una guardia, lo sconosciuto che era venuto a prenderla, scegliendola personalmente insieme ad altre cinque ragazze di cui neppure conosceva il nome. Aveva semplicemente fatto correre lo sguardo sulla carne del loro corpo scheletrico, poi aveva controllato i numeri sbavati che le catalogavano e aveva annuito. Non una parola, né altro. Pochi secondi dopo erano fuori.

Si stavano dirigendo silenziosamente nella direzione dei blocchi speciali, quelli che tutti facevano finta non esistessero. Si vociferava che ci vivessero i Dottori, lì dentro, ma pochi sapevano che cosa significasse per davvero. Arrivati a uno dei tanti edifici di mattoni che costellavano il Campo, i soldati bussarono alla porta una volta sola, scambiando qualche parola con chi si trovava dall'altra parte. Le costrinsero ad entrare in fila indiana, ma una delle ragazze prigioniere si artigliò a un lembo della sua gonna con le mani scorticate dal gelo, rallentando i movimenti di tutto il gruppo. In alcuni punti le mancavano strati su strati di pelle e le sue unghie erano nere di sporcizia.

Avrebbe voluto dirle di non avere alcuna paura, ma sapevano entrambe che nessuno di loro ci riusciva più dal giorno esatto in cui avevano scorto i cancelli di Dachau. Quasi la spaventava riuscire a sentire qualcos'altro, in quel momento; che oltre il panico e l'orrore e il senso di rovina, nella sua coscienza si fosse acceso un barlume di curiosità.

- Silenzio!

Le altre ragazze smisero di piagnucolare all'istante. Quando l'ordine arrivava, le lacrime non erano più un diritto e il volume del respiro andava modulato.

Sbigottita dalla sensazione dell'aria tiepida sulla pelle, ci mise un po' per capire dove si trovasse: l'interno del blocco era asettico, con lunghi banconi pieni di fogli impilati sulle scrivanie e strumenti lavati a lucido e persone chine su di essi. Dottori e Dottoresse. Pareva che i medici là dentro ci fossero sul serio.

Respirando a fatica e con il timore che se si fosse guardata intorno l'avrebbero punita, la ragazza tentò di avanzare qualunque spiegazione si celasse dietro la propria convocazione, ma l'ambiente circostante non faceva che confonderla: alcuni dei presenti non si erano neppure accorti del loro arrivo, quasi fossero diventate invisibili. La ragazza avrebbe voluto strappargli gli occhi dalle orbite e puntarli dritti su di sé, ma non dubitava che il minimo passo falso, in quel momento, costituisse una condanna. Aveva appena preso nota della fila di porte incastonate lungo le pareti quando le SS le divisero, parlando concisamente tra di loro. Le uniche due gemelle del gruppo furono tenute nell'atrio dell'edificio e costrette ad arretrare, mentre ad ognuna delle rimanenti venee assegnato un ingresso da oltrepassare. Le guardie si sistemarono alle loro spalle per tenerle d'occhio. Due a testa, ebbe la forza di contare, più la pistola puntata al centro della schiena che premeva contro lo scoglio aguzzo di una delle sue vertebre.

Entropy - Il Sistema IsolatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora