Aprile 1945

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Nel capitolo precedente: Therese, dottoressa americana asservita al Reich, scopre le intenzioni del suo compagno e collaboratore, Gerald Günther. Prima dell'imminente caduta di Dachau, lo scienziato ha intenzione di fuggire attraverso la foresta nera con 111826 e suo figlio, per rivendere il bambino ai vincitori della guerra e avere salva la vita. Ma Therese, la mente sfinita dagli orrori perpetuati nel Campo, decide di farla finita e consegna a 111826 una pistola carica di due colpi: uno per la Dottoressa, l'altro per sé stessa.



Entropia negativa: essa costituisce l'organizzazione degli elementi fisici o umani e sociali che sfruttano le loro energie per opporsi alla tendenza naturale al caos.

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28 aprile 1945

Bruciavano ogni cosa.

Rifiuti, strumenti contaminati, corpi dei prigionieri, corpi dei carcerieri e con essi, a fare da carburante alle immense pire a cielo aperto che erano state erette al fianco dei forni crematori, i documenti.

Therese, un fazzoletto ingiallito dal fumo tirato fino a sfiorarle l'attaccatura del naso, osservava i soldati caricare con sfinimento sacchi zeppi di carte da far sparire tra le fiamme: ogni minuziosa planimetria del Campo, ogni telegramma del Fuhrer e dei suoi uomini più fidati, perfino le lettere che i generali avevano ricevuto dalle loro famiglie lontane: tutto.

Gli ordini del Comandante erano stati inconfutabili e così, da giorni, Dachau bruciava per volere del Reich.

Qualora gli Alleati li avessero raggiunti – e sarebbe successo a momenti, realizzò Therese, le mani rinsecchite che formicolavano dal terrore e dall'aspettativa – non avrebbero trovato che cenere e bandiere bianche ad attenderli: nessun sopravvissuto, nessuna prova. L'intenzione di cancellare tutto quello che era accaduto nel Campo di concentramento negli ultimi dodici anni era tanto inequivocabile quanto disperata. Gli uomini sembravano convinti che se ci fossero riusciti, gli Americani avrebbero concesso loro un processo ufficiale e degno del loro rango.

Therese ne dubitava.

- Allora, quelle cartelle? – incalzò una voce resa roca dall'aria inquinata.

Gerald, i bordi degli occhi irritati dalla polvere e dallo sporco, era uno dei pochi medici scampati all'epidemia di tifo che aveva invaso il Campo dopo che l'ultimo carico di detenuti era giunto da Buchenwald.

Therese si concesse di ammirarne la figura proporzionata: com'era stato bello, un tempo, quando l'aveva corteggiata e portata a Potsdam e a Colmar, sulla sua Cabriolet tedesca tirata a lucido, con gli appunti nel cruscotto. Eppure, nemmeno il fisico prestante di Gerald aveva resistito al delirio delle ultime settimane, all'insonnia e agli strascichi di gelo, alla fame e al lavoro incessante dei laboratori, che nonostante lo scoccare delle scadenze erano rimasti in funzione per volere dell'esercito.

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