5. L'epinefrina liberata dalla scoperta dell'attentatore

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Epinefrina: anche conosciuta come adrenalina; si tratta di un neurotrasmettitore coinvolto nelle reazioni di "fight or flight", "combatti o scappa". I suoi effetti sono riscontrabili nei momenti di intensa attività fisica, soprattutto in caso di scontro violento o di fuga.

Tiro una spallata contro la portiera del furgone.

Quanti traumi deve superare il mio corpo prima di sviluppare una resistenza sufficiente al dolore? Continuo a sperare che succeda. Mi ripeto che la prossima spinta non farà così male, che posso sopportarla, ma più provo a liberarmi, più i colpi mi tolgono il respiro.

Il viaggio non finisce mai. Scalcio, tormentando i cilindri cavi delle manette fino a quando l'agitazione febbrile che mi tiene vigile non comincia a cedere alla stanchezza. Quando la rassegnazione prende il sopravvento, mi abbandono contro il sedile e reclino la testa all'indietro.

All'inizio nessuno dei miei sequestratori dice una parola. Regna un silenzio da far accapponare la pelle, qui dentro.

Il sangue raggrumato mi fa prudere le labbra, ma il casco mi impedisce di grattarmi la faccia, così penso fitto per distrarmi, passare il tempo, tenere a bada il panico. Rievoco quello che è successo e scrivo centinaia di possibili trame su quello che sta per accadere: provo a immaginare che cosa mi faranno, perché mi hanno aggredita e dove mi stanno portando.

Chi sono? Chi è il ragazzo dagli occhi verdi che mi ha sollevato di peso e chiuso nel furgone? A lui non riesco a smettere di pensare. È seduto al mio fianco - con la chiave delle manette nascosta nelle tasche, probabilmente -, ma faccio attenzione a non toccarlo.

- Qualcuno è a corto di C9H13NO3, mi pare.

La sua è la prima voce che sento dopo ore intere di viaggio. Non capisco di cosa stia parlando, comunque. Le ferite sulle braccia strepitano, coprendo la sua risata sprezzante per un po'. È controllata: né eccessiva, né forzata, come se si fosse esercitato a lungo per migliorarla.

- Epinefrina, se te lo stai chiedendo, - aggiunge, - sebbene ne dubiti fortemente.

Parla con me? Dal momento in cui non posso rispondere, né ho la minima idea del significato delle sue parole, rimango zitta e ascolto. Non so se a sconvolgermi di più sia il suo tono scocciato o il fatto che non possa avere più di diciotto anni. Un criminale precoce, il ragazzo.

- Adrenalina, - sbotta, - ti suggerisce niente?

Lo ignoro. Fa strani discorsi per essere un rapitore.

Mi volto verso il finestrino per non dargliela vinta, nonostante il casco mi impedisca di vedere quello che c'è fuori. Lui sospira con freddezza. Dopo il nostro breve scambio - a dire il vero il ragazzo ha fatto tutto da solo - il tempo scorre con una lentezza ostinata. Mi rassegno a uno stato di torpore che rifiuta perfino la paura: ho le gambe rigide, pesanti, tradite dalla circolazione, e i polsi gonfi che premono contro le manette.

Di tanto in tanto il ragazzo discute con i sequestratori seduti sui sedili anteriori, ma non fa che confondermi le idee, quindi smetto di farci caso. Almeno fino a quando non bisbiglia un ordine secco.

- Porta la velocità a 230 chilometri orari, sono stufo di stare qui dentro.

Istintivamente mi allontano dallo sportello del furgone. 230 cosa? Pensavo fossimo su un'autovettura qualunque, non su un treno superveloce. Se fosse vero e la portiera si aprisse per errore, precipiterei fuori e... Scaccio l'immagine per non vomitare.

Drizzo le orecchie: forse il casco attutisce i rumori, ma non c'è alcun suono che tradisca lo sfrecciare del furgone. Mi convinco di aver capito male: nessuna strada consente di marciare a una velocità del genere, comunque.

Entropy - Il Sistema IsolatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora