Chapter2

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"Danny" urlò mia madre e uscì dalla casa travolgendomi in un abbraccio orsacchioso. Ero quasi caduta nell'impatto. Io ridevo mentre lei mi soffocava la faccia di baci e le lacrime che le cadevano dalle guance. Il suo profumo mi riempii il naso e mi rilassai all'istante. Sospirai contemporaneamente. Sapevo per certo che mia madre non mi avrebbe mai tradito. Non ha mai voluto lasciarmi. Sorrisi. Questo è stato il primo pensiero felice della giornata.

Mi sentivo così al sicuro tra le sue braccia. "Sei cresciuta così tanto! Mi sei mancata" mi sussurrò. "Mamma, ci siamo viste solo due settimane fa". Ridacchiai e sospirai di nuovo. "Mi sei mancata anche tu" dissi seriamente. Mio padre si schiarì la gola ed alzai un cipiglio. Che cosa voleva a questo punto? Mi girai e guardai male mio padre, ma lui mi sorrise dolcemente. Resistetti alla tentazione di insultarlo ed assottigliai gli occhi, ma lui tornò semplicemente a sorridere a mia madre.

"Ella, ti trovo bene come sempre" mio padre salutò. Era assolutamente vero. Mia madre appariva splendida e vitale. Aveva quarantadue anni ma sembrava come se ne avesse appena trenta. I suoi lunghi e lisci, marrone tendenti al nero capelli erano raccolti in una stretta coda di cavallo ed indossava un elegante vestito nero che le avvolgeva magnificamente le curve del corpo. Gli neri occhi, risaltati dagli alti zigomi e dal rossetto colo pelle, le davano un'aria professionale, semplicemente stupenda. Io le assomiglio molto, a differenza dei miei capelli – leggermente ricci sulle punte – e dei miei occhi verdi, come quelli di mio padre. Mentirei se dicessi che non mi piacciono.

"Grazie, George. Vorrai scusarmi ora ma tra un'ora ho un'importante riunione di lavoro" si lamentò guardando l'orologio, "Odio dover lasciare Danny a casa, quando è appena arrivata, ma il lavoro chiama". Mi disse con tono di scuse "Mi spiace. Speravo di non essere occupata oggi. Spero non ti dispiaccia rimanere a casa". Guardai la villa che mia madre ha definito 'casa'. Lei è ricca sfondata, ma non lo dà per scontato. Si sviluppa su due piani. All'interno ci sono dodici camere da letto, dieci bagni, un soggiorno, un'enorme cucina, una sala da pranzo, l'ufficio di lavoro di mia madre, il seminterrato, un attico e per finire una grande sala per le riunioni per gli incontri del suo lavoro.

Scossi la testa e sorrisi a mia madre. "Mamma, questa è casa tua. Basta impazzire. Ho capito". Mi sorrise dolcemente. Vidi una delle cameriere, Feli, scendere le scale della villa e le corsi incontro, abbracciandola. Lei è stata come una Zia per me. È una signora bassa e paffutella, con corti e ricci capelli grigi. Non appena mi vide, le spuntò un grosso sorriso che le illuminò tutto il volto. "Zia Feli, come te la passi?"

"Oh, molto bene grazie. Non ti preoccupare per me sweet heart. Cosa hai combina tu invece questa volta?" ridacchiò lei, provando a lisciare i suoi capelli. "Comunque ti ho preparato la torta russa, proprio come piace a te, per farti sentire meglio e più a tuo agio"

"Sto bene, anche se potrebbe andare meglio. Oh, non vedo l'ora di mangiarla!". Ho già la colina in bocca al pensiero. Lei ha ridacchiato alla mia reazione.

"Feli, è un piacere rivederti" mio padre dice con entusiasmo, interrompendo la mia conversazione ancora una volta. Poi spostò lo sguardo su di me, e mi disse con serietà "Danny, possiamo parlare?"

"Non abbiamo niente da dirci" risposi semplicemente, scrollando le spalle "mamma, ci vediamo dentro". Mia madre mi guadò preoccupata. Le mani unite davanti a lei. Iniziò a girare i pollici e stringere le labbra. Lo fa spesso quando è nervosa. Stavo oltrepassando l'ingresso principale della casa, seguita da Feli, strofinando i piedi con finta calma.

"Daniella Jean Wrode Sanders". Mi gelai sul posto quando mia madre declamò il mio nome per intero. Le davo ancora le spalle, innervosita. Feli lo notò e si allontanò da me. Lei sapeva che quando ero nervosa, ero imprevedibile. E non ero proprio un angelo, credetemi. "Ho cercato di comprenderti e di lasciarti spazio. Ma ora non sei più una bambina, Danielle". La voce di mio padre suonava arrabbiata. Era diventato stanco ed impaziente con me, ne aveva le palle piene.

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