Sole.

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"La psicologa mi ha detto che hai saltato il tuo appuntamento, questa settimana." Mi dice mia madre, mentre siamo a tavola. Rimango in silenzio. So che sarei dovuta andare. I miei genitori stanno facendo tutto quello che possono per aiutarmi, compreso pagare profumatamente una dottoressa giovane e persino simpatica perché aiuti il mio cervello a non andare in fumo definitivamente.
Il problema è che nessuno di loro ha mai perso la memoria, o saprebbero che niente di quello che possono dirti gli altri, che siano medici oppure no, può colmare il senso di vuoto che porti costantemente con te.
"Sole, se questo percorso non ti aiuta, basta dircelo, okay? Noi vogliamo solo che tu stia meglio." Mi dice mio padre, con il solito tono accondiscendente.
Perché sento che prima dell'incidente nessuno fosse così buono con me?
"Dicci che cosa pensi, tesoro, per favore." Mi implora mia madre.
Scuoto la testa, perché so che non vuole davvero sapere che cosa penso.
Pensano davvero che basti una chiacchierata con una strizzacervelli per rimediare al buco nero che ho nella testa che corrisponde a vent'anni della mia vita? Pensano che basti dire che andrà tutto bene perché questo perpetuo senso di disagio, di solitudine, sparisca all'improvviso?
Prendo fiato. "Ho solo avuto una settimana pesante e non me la sentivo di andarci. La settimana prossima ci andrò."
Allontano da me il piatto ancora mezzo pieno. "Vado a stendermi un po', ho mal di testa." E mi alzo, con i loro sguardi addosso.
Mentre fisso il soffitto della mia stanza, accarezzando Zara, che se ne sta comodamente accucciata al mio fianco, cerco di immaginare come potesse essere la mia vita di prima.
Dovevo essere una ragazza simpatica, a giudicare dalle tante persone che si sono presentate in ospedale i primi giorni. La gente mi voleva bene.
Sento una lacrima scivolarmi lungo la guancia.
Smetterò mai di sentirmi così? Come se non appartenessi a questa casa, a questo Paese, a questo mondo?
Come se quello che mi è stato raccontato quando mi sono svegliata potesse essere una grandissima cazzata?
I medici dicono che a poco a poco potrei anche cominciare a ricordare. Ma sono passati due mesi dall'incidente, e ciò che è avvenuto prima di due mesi fa è immerso nel buio.
Non credo che ricorderò mai più niente della mia vita di prima. Potrei decidere di andarmene. Finire l'università e andare lontano da qui per ricominciare una volta per tutte, ma quanto dolore ancora darei a chi mi vuole bene? Non hanno già sofferto abbastanza per colpa mia?
Il mio cellulare squilla e quando leggo il nome di Ale sul display, sono indecisa se sia il caso di rispondere. Non sono dell'umore adatto a parlare con nessuno, oggi.
Tuttavia, per qualche strano motivo, alla fine apro la chiamata e mi porto il telefono all'orecchio.
"Pronto?"
"Che voce da zombie, ragazza. Abbi almeno la bontà di fingere che sentirmi abbia migliorato la tua giornata."
Non posso fare a meno di accennare un sorriso. "E' una giornata 'no'."
Per un attimo, dall'altra parte c'è silenzio. "Non sei in università, vero?"
"No, sono a casa. Le mie lezioni finivano stamattina."
"Peccato, avremmo pranzato insieme e avrei fatto diventare questa giornata una giornata 'assolutamente sì'."
"Non stai peccando di superbia?"
Lui fa una mezza risata. "Beccato. Ti va un caffè quando finisco in università? Vengo a prenderti io."
"In realtà..."
"Se non bevi il caffè immagino che possa andar bene anche un succo di frutta." Lo sento sorridere. "Dai, ti farà bene uscire un po'."
"Lo stai facendo per me o perché non riesci a trascorrere le tue giornate lontano da me?"
"E chi può dirlo?"
Un sorriso mi si distende sulle labbra. "Va bene, ti aspetto."
"Sono da te per le 18:00. A dopo."
                                   ****

"Non bevi neanche il succo di frutta?" Mi chiede Ale sorpreso, quando ordino una limonata alla ragazza del bar.
"Di solito sì, ma in questo momento non mi va."
"Che ragazza complicata." Mi prende in giro. "E stasera che programmi hai?"
"A parte andare a letto presto e fare un bel sonno ristoratore? Nessuno."
"Hai davvero intenzione di passare il venerdì sera a dormire?" "Perché, tu invece cosa farai?" Gli chiedo, sviando il discorso. "Immagino che mi tocchi l'arduo compito di tenerti compagnia."
Sgrano gli occhi. "COSA?"
"Sì, hai sentito benissimo."
"L'accordo era che sarei uscita con te solo per un caffè." "Beh, prima che io sapessi che avessi intenzione di passare il venerdì sera sola soletta." Mi risponde come se niente fosse. "E' venerdì, non è chissà quale festività."
"Beh, è la fine di una settimana dura e stressante e domani non ci sono lezioni, perciò è come se lo fosse."
"E se io non volessi restare con te?"
"Potrei essere costretto a rapirti." Dice sottovoce e io non riesco a fare a meno di scoppiare a ridere.
La ragazza del bar ci lascia la nostra ordinazione e si allontana, non senza aver prima lanciato un'occhiata di troppo ad Ale. "Allora cosa ti va di fare?" Torna all'attacco.
"Liberarmi di te e tornarmene a casa?"
"Hm.. No, credo che non sia possibile."
Sospiro. "Io invece credo proprio che lo sia. Io me ne torno a casa e tu vai con i tuoi amici in uno di quei posti caotici, con la musica nelle orecchie e un sacco di belle ragazze intorno. Soluzione perfetta, non trovi?"
"Se non fosse che io ho deciso che passerò la serata a tenerti compagnia e a toglierti quell'espressione da zombie dalla faccia." E mi fa un sorriso angelico. "Sono una persona estremamente testarda."
"Sì, l'ho notato."
"Allora avrai anche intuito che cercare di farmi cambiare idea è del tutto inutile, no?"
"Magari non sono così perspicace." Dico sarcastica, ma la verità è che le mie resistenze stanno cedendo.
Ale riesce a mettermi di buon umore.
Lui alza gli occhi al cielo. "Ti lascio la possibilità di decidere cosa fare... con me."
"Non è un modo velato per chiedermi di venire a letto con te, vero?"
Lui sorride. "Devo dire che il fatto che tu ci stia pensando mi compiace molto. Ma per stasera prevedo attività meno... interessanti."
Di nuovo, non riesco a trattenere una risata. "Il che vuol dire più interessanti per me. Hai qualche idea?"
"C'è un posto carino dove potremmo mangiare una pizza, ma è a una mezz'oretta di macchina da qui. Ti va di andarci?"
Il mio subconscio comincia a tirarmi calci e pugni all'idea di rimanere in auto per mezz'ora e deve aver frequentato un corso di arti marziali, per quanto è bravo.
Eppure, per qualche motivo, voglio andarci. Infondo, prima o poi dovrò superarlo, no? E allora perché non oggi?
"Sì, direi che potremmo andarci."
Ale mi scruta, come se stesse cercando di leggere i miei pensieri. "Bene, adesso hai dei programmi decenti per stasera." "Fammi indovinare, sono decenti perché includono te?"
"Vedi che cominci ad arrivarci?"
Rido e faccio roteare gli occhi. "Posso solo farti una domanda?" "Certo, signorina."
"Perché tutta questa determinazione per passare un po' di tempo con me?" E se qualcuno glielo avesse chiesto? "Perché,come hai più volte rimarcato, quelli come me non perdono mai occasione di passare del tempo con una bella ragazza."
Cerco di non essere colpita dal complimento. "Perciò se mi avessi trovata brutta, non avresti insistito."
"Beh, magari ti avrei presentato un mio amico con cui passare una bella serata." Ride. Ed è chiaro che sta scherzando, anche perché, per qualche ragione, ho l'impressione che quello che sta facendo non abbia niente a che fare con il mio aspetto fisico.
                                     ****
Quando Ale ha parlato di un posto carino, ho immaginato un qualche locale che non aveva niente a che fare con il posto in cui ci troviamo.
Immagino sarebbe un bel prato, se non fosse pieno di erbacce e immagino che qualche luce in più non guasterebbe.
Ma sono costretta a ricredermi quando, una volta seduti su un telo da mare portato da Ale con una pizza sulle ginocchia, alzo gli occhi al cielo.
La mancanza di luci fa brillare così tanto quelle piccole stelle che per un attimo mi dimentico di tutto, compreso lo sforzo che ho dovuto fare per non andare nel panico durante il viaggio in macchina.
Il cielo notturno è limpido e l'aria è abbastanza fresca da non essere fastidiosa, ma abbastanza calda perché non rischi di prendere una polmonite.
"Allora, sono riuscito a fare colpo su di te?" Mi chiede Ale, notando che non riesco a staccare gli occhi dal cielo.
Per un attimo, solo per un attimo, una sensazione di calore mi attraversa il petto, come se fossi già stata qui.
"E' stupendo."
Ale sorride. "Lo so. Però ora mangia, o la pizza diventerà fredda. "
Apro il mio cartone e tiro un morso a uno spigolo, mentre Ale, accanto a me, mi imita.
"Fammi indovinare, è il posto dove porti le ragazze nel tentativo di farle cadere ai tuoi piedi?" Gli chiedo, guardandolo.
Sembra felice quanto lo sono io, in questo momento. "Perché, con te ha funzionato?"
"Temo di no, ma apprezzo il buon tentativo. Il cielo è uno spettacolo."
"Non avevo dubbi che le stelle ti piacessero."
"Perché?" Chiedo, incuriosita.
Non lo sapevo neanche io, fino a cinque minuti fa. O, almeno, non lo ricordavo.
"Chiamalo intuito."
"O fortuna." Lo prendo in giro.
"Tu mi sottovaluti." Mi rimprovera bonariamente, prima di alzare un dito verso il cielo. "Quella è l'Orsa Maggiore o Grande Carro."
Osservo la costellazione, ma, per quanto lucente e spettacolare, non ci vedo nient'altro che un cumulo di stelle.
"Non riesci a vederla?" Mi chiede.
"Direi di no."
Lui si avvicina a me per mettersi dalla mia prospettiva. Quando la sua spalla sfiora la mia, vengo attraversata da un brivido. Da quando ha cominciato a far freddo?
"Guarda, quelle quattro stelle sarebbero il carro." Dice, tracciando una linea immaginaria con il dito. "E quelle tre sono il manico del carro. Lo vedi?"
"Sì, e vedo anche una bistecca di carne o una grande caramella."
Ale ride. "Okay, niente da fare. Vediamo questa. Vedi quelle tre stelle allineate?"
Almeno questo non è difficile. "Sì."
"Quella è la Cintura di Orione. Se si osservano bene le stelle circostanti, sembra che sia disegnata la figura di un uomo. Furono i Sumeri a individuare per primi questa costellazione e videro in Orione il loro eroe Gilgamesh, impegnato in un combattimento contro il Toro del Cielo. Sembra infatti che Orione combatta contro il Toro, la costellazione confinante."
Lo ascolto affascinata, spostando lo sguardo dal suo viso, rivolto al cielo, alle stelle luminose. Devo ancora decidere se la visione più bella sia il cielo o il suo volto. "Wow." Mormoro.
Ale si gira verso di me e mi sorride. "Ti ho annoiata?" Mi chiede, bevendo un sorso di birra.
"No, è fantastico. Conosci tutte le storie delle costellazioni?" Chiedo, mandando giù un altro pezzo di pizza.
"No, sono decisamente troppe. Però ne conosco qualcuna." "Hai frequentato qualche corso?"
Scuote la testa. "E' solo una passione personale."
"Sei venuto tante volte qui?"
L'espressione di Ale si fa intensa. "Prima stavo con una ragazza che amava questo posto quanto me e quanto te, perciò ci venivamo spesso."
La frase mi lascia interdetta. "E io che pensavo che nessuna avesse mai osato sopportarti."
"Visto? Ti sei sbagliata."
"Sei stato per molto con questa ragazza?" Ma perché non mi faccio un po' di affari miei? Non dovrebbe ineressarmi sapere con chi è stato.
"Due anni, più o meno."
"E posso chiederti perché è finita o è un argomento tabù?" "Perché noi ragazzi a volte cerchiamo di guadagnarci in tutti modi il premio Nobel dei coglioni."
"Ci tieni ancora molto a lei." Non è una domanda, lo vedo dall'espressione sul suo viso.
"Ci tengo, non posso negarlo. Ma al momento sono qui con te, perciò non hai motivo di esserne gelosa." Mi prende in giro. "Idiota." Gli dico, dandogli uno spintone sul braccio.
Il mio palmo si trova a contatto con una buona dose di muscoli, perciò lo ritiro subito.
"Allora, è meglio questo dei tuoi programmi iniziali?"
Sorrido. "Solo perché hai ragione, non vuol dire che tu abbia il diritto di sottrarmi al mio letto la prossima volta, è chiaro?"
Lui scoppia a ridere. "Chiarissimo, ma non posso prometterti niente."

Non dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate! Buon proseguimento :)

Ricordami di amartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora