Sole.

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"Non voltarti, ma c'è un ragazzo piuttosto carino che ti sta guardando, alle tue spalle."
E' difficile soffocare la curiosità, ma se Serena mi ha chiesto di non voltarmi, immagino che la figura che ne deriverebbe mi farebbe arrossire per un mese.
"Dovresti smetterla di fissarlo, allora. Magari guarda da questa parte per questo."
"No, sta proprio guardando te. E credo che stia anche facendo dei commenti positivi su di te con i suoi amici."
"E questo come lo sai?" Le chiedo ridendo, sorseggiando il mio mojito.
"Ti guarda e poi parla con loro, direi che è evidente, no?" "Anche tu stai facendo la stessa cosa, ma non stai facendo commenti positivi su di lui. Beh, a parte uno. E comunque, smettila di fissarlo."
"Sta venendo qui." Mi dice, mordendosi il labbro inferiore.
"Io vado a prendere qualcosa da bere." Aggiunge, alzandosi dallo sgabellino.
"No, aspetta." Mormoro, ma lei non mi ascolta.
Come sempre.
Ho il tempo di contare fino a cinque, prima che qualcuno occupi lo sgabello su cui era seduta la mia amica fino a qualche secondo fa.
'Piuttosto carino'? Questo ragazzo farebbe invidia ad un angelo, e non sono neanche una che rimane facilmente impressionata da un bel faccino.
Ma questo ragazzo è il proprietario degli occhi più azzurri del pianeta e sembra fuoriuscito da un giornale pubblicitario, per quanto i capelli disordinati gli donano.
Per non parlare del modo in cui la polo blu gli aderisce sulle spalle larghe e sull'addome...
Okay, calma, Sole, calma.
"Quel posto è occupato." Dico, sforzandomi di ripristinare il collegamento bocca-cervello, che al momento sembra piuttosto andato.
Lui si guarda intorno. "Sì, lo so, ci sono seduto sopra io." Risponde, con un sorriso e un'aria sicura.
E' irritante quanto sia affascinante.
Scuoto la testa. "E' così che rimorchi le ragazze, di solito? Con battute che trovi simpatiche solo tu?"
"Hai dato per scontato che io ci stia provando con te, o sbaglio?"
Le sue parole mi fanno arrossire e lui ride.
Non è da me, ma quella risata, abbinata alla fossetta che gli si forma sulla guancia destra, rischia di farmi sciogliere come neve al sole.
"Okay, lo ammetto, hai indovinato." Dice. "Ma mi si può fare una colpa del fatto che io abbia visto una bella ragazza e le sia venuto a parlare? Avresti preferito un messaggio su Facebook?" Alzo gli occhi al cielo. "Avrei preferito che tu mi lasciassi a godermi la mia serata con la mia amica. Scommetto che ci sono un bel po' di ragazze in questo pub che pagherebbero per le tue attenzioni. Va' da loro."
"C'era un complimento sottinteso nelle tue parole, per caso? Mi trovi carino?"
"Ti trovo arrogante."
"E carino. O non avresti quell'espressione."
"Quale espressione?"
"Guance arrossate, occhi che brillano... La classica espressione di chi apprezza quello che sta guardando."
"Sì, vedi, il ragazzo alle tue spalle mi piace parecchio, in effetti." Lui si volta a guardare l'uomo anziano dai capelli bianchi che, per qualche strana ragione, se ne sta seduto in un pub alle undici di sera, poi mi guarda e scoppia a ridere.
"Non sei solo carina, sei anche simpatica."
"E tu mi stai importunando."
"Non direi, io ti sto solo dando la possibilità di migliorare la tua vita." E mi fa l'occhiolino.
"Quale prodotto sponsorizzi?"
Il ragazzo ride di nuovo. La natura doveva essere arrabbiata con il genere femminile, quando ha donato il sorriso a questo ragazzo. "Mi chiamo Ale, e tu sei?"
Alzo gli occhi al cielo. "Mi chiamo Sole." Dico, stringendo distrattamente la mano che mi sta porgendo.

Dottore, è sicuro che stia bene? E' ancora incosciente."
"Sì, signora, sua figlia sta bene e l'incoscienza è dovuta agli antidolorifici che le abbiamo somministrato per ricucire le ferite sulla fronte e sulla spalla. Ma non c'è altro oltre a quelle. Si sveglierà a breve e potrà portarla a casa."
"Davvero? La mia bambina..."
Il tono disperato di mia madre mi dà la forza di sollevare le palpebre, anche se al momento è un compito piuttosto arduo. Qualcuno dovrebbe darmi un premio per la forza di volontà. "Mamma." La chiamo, anche se la mia voce è poco più di un sussurro.
"Amore, sei sveglia." Fa lei, accorrendo accanto al mio letto e prendendomi una mano tra le sue. "Dio, sei gelata. Come ti senti? C'è qualcosa che vorresti?"
Guardo i suoi occhi velati di lacrime e mi viene voglia di essere tra le sue braccia come quando ero solo una bambina.
"Potresti abbracciarmi?" Le chiedo.
"Ma certo." E mi stringe, tanto quanto lo consente questo letto di ospedale.
Ignoro la fitta di dolore alla spalla, concentrandomi sul profumo buono che emana. Il profumo che sa di lei, della mia mamma.
"Mi sei mancata." Mormoro, soffocando un singhiozzo, e mi rendo conto solo in questo momento di quanto sia vero, di quanto sia stato difficile non sentire più l'amore che ho sempre nutrito per la donna che mi ha messo al mondo.
"Tesoro, sono sempre stata qui. Non ti avrei mai lasciato sola." Le sorrido, guardandola attraverso il velo di lacrime che sento negli occhi. "Lo so, mamma, non lo hai mai fatto. Neanche quando da piccola mi raccomandavi di non fare qualcosa e, facendola, finivo per farmi male."
"Piccola." Mormora, baciandomi sulla fronte, attenta a non toccare la ferita. Poi si scosta da me e mi guarda con occhi attenti. "Aspetta, cos'hai detto?"
Una lacrima mi scende sulla guancia e questa volta non ho fretta di asciugarla. "Sono tornata, mamma."
I suoi occhi si illuminano, prima che cominci a singhiozzare, riempendomi il viso di baci.
"Che sta succedendo, va tutto bene? Il dottore mi ba detto che Sole sta bene, ma se c'è qualche problema..." Dice mio padre, scostando la tenda che nasconde me e mia madre dagli sguardi degli altri.
"Tesoro, è di nuovo la nostra Sole." Gli dice subito mia madre. Papà aggrotta la fronte. "Certo che è la nostra Sole, e grazie a Dio sta bene."
Mamma scuote la testa ma l'emozione non le permette di parlare.
"Papà, mi ricordo tutto." Gli dico, con un sorriso, e vedo i suoi occhi illuminarsi come quelli di mia madre.
"Sei... Sei sicura? Tutto tutto? Ogni cosa?" Mi chiede, avvicinandosi a me.
Annuisco. "Ogni cosa."
"Cosa ti abbiamo regalato al tuo quinto compleanno?"
Rido, ricordando quanto avevo desiderato quel regalo. "Il cagnolino che scodinzolava e parlava. E mamma ha preparato anche una torta con le principesse Disney."
"Oddio, ma allora è vero." E mi abbraccia così forte da togliermi il fiato.
"Attenzione alla spalla, Dany. Ha una ferita appena ricucita." Gli dice mamma.
"Scusami, piccola. E' che è una cosa così.."
"E' una cosa bellissima, lo so." Gli dico e lo vedo rimuovere il più in fretta possibile una lacrima dalla guancia col dorso della mano.
"Però questo non toglie che la prossima volta che vorrai uscire con la tua auto fermerò la circolazione in città."
Mi sfugge una risata. "Sì, credo che sia proprio necessario." "Tesoro, Serena è in sala d'attesa, vuoi che la faccia venire?" Scuoto la testa. "Vado io da lei, il medico ha detto che sto bene e voglio andar via da qui. La prossima volta che entrerò in un ospedale voglio avere addosso un bel camice bianco."
Mia madre mi dà un altro bacio. "Lo avrai." Mi dice. "Fa' piano." Aggiunge poi, quando faccio per alzarmi dal lettino bianco, dandomi una mano.
Il medico dice che sto bene e che posso tornare a casa, ma mi consiglia di tornare in ospedale nel caso non mi sentissi bene nelle prossime ore.
Ansiosa di rivedere la mia amica e di dirle a novità, mi dirigo in sala d'attesa, ma a fissarmi sono due paia di occhi, non uno. Quando i miei occhi incrociano quelli di Ale, spenti dalla preoccupazione e da un'evidente mancanza di sonno, mi si stringe il cuore.
Non so cosa darei per odiarlo e mandarlo al diavolo, ma ci sono mai riuscita davvero?
Questo ragazzo, che pure si è comportato da stronzo, è ancora qui nonostante tutte le cose orrende che sono uscite dalla mia bocca dopo aver saputo della scommessa.
Non ha esitato a prendersi cura di me quando mi ha vista in università e non ha esitato a venire qui ora.
Quando Serena mi salta addosso stringendomi le braccia al collo, accantono i miei pensieri sul ragazzo seduto alle sue spalle per un momento, godendomi l'abbraccio della mia migliore amica.
"Ho avuto una paura folle, Sol. Ho pensato che questa volta non..." Un singhiozzo le blocca le parole.
"Shhh, sto bene, tesoro. Dovrai solo tollerare di starmi vicino nonostante questa cucitura del tutto antiestetica sulla mia fronte." Le dico, indicando la ferita con un mezzo sorriso. "Ma se sei bellissima." Mi dice lei con dolcezza e io le asciugo una lacrima.
"Sto bene, dico davvero."
Lei annuisce. "Grazie a Dio." Poi si volta verso Ale, che è rimasto seduto ma non ha smesso di guardarmi neanche per un attimo. "E' venuto anche lui, voleva vederti." Mi dice.
Ale si alza e mi viene incontro. "Posso abbracciarti? Mi dispiace di essere venuto qui pur sapendo che probabilmente sarei stato l'ultima persona che ti andasse di vedere, ma.. Ero preoccupato sul serio.."
Il suo evidente imbarazzo, insieme alla dolcezza che gli leggo negli occhi, mi fanno tenerezza. "Lo so, ma per fortuna non mi è successo niente. Vedi?" E mi indico. "Sono a posto."
Lui mi stringe a sè così forte da farmi chiedere come io abbia potuto pensare di poter vivere senza i suoi abbracci.
Quando mi lascia andare e mi guarda negli occhi mi convinco che non amerò mai più niente come amo questo ragazzo.
                                  ****
Dopo essere riuscita chissà come a convincere mia madre che non stramazzerò a terra da un momento all'altro e dopo che Ale è tornato a casa, nonostante Serena l'abbia educatamente invitato a rimanere con noi per una pizza, mi ritrovo sulla spiaggia con la mia migliore amica, con una pizza con i wurstel sulle gambe e il cuore più leggero.
"Sere' , ti ricordi quella volta in seconda elementare, quando Carlo ti accusò di essere una bugiarda e io gli diedi un pugno in faccia davanti alla maestra?"
Serena mi guarda con un sorriso, prima che la sorpresa trasformi la sua espressione in una quasi comica.
"No, non parlare, non ancora." Le dico. "In quel momento ho pensato che ti avrei protetta per sempre e che non ti avrei mai lasciata sola. Non smetterò mai di ringraziare Carlo per avermi fatto capire quanto ti volessi bene, anche se all'epoca era un vero stronzetto." Continuo, stringendole la mano, mentre vedo la commozione farsi largo nei suoi occhi. "Non potrò mai ringraziarti abbastanza per quello che hai fatto per me in questi quattro mesi. Mi hai protetta e mi sei rimasta accanto nonostante le mille volte in cui ti ho respinta. Ti devo un favore immenso."
La luna fa brillare i solchi che le lacrime lasciano sulle guance della mia migliore amica.
"Perché non me l'hai detto prima?"
Alzo le spalle. "Perché questo è un lieto fine. E i lieti fini meritano un posto più bello di un ospedale e un clima che non sia triste. E perché io sono per natura una persona romantica, anche se non si direbbe."
Lei mi butta le braccia al collo, facendo cadere la mia pizza sugli scogli.
"Che imbranata, scusami..."
"Non preoccuparti, posso sempre mangiare la tua, dopo che avrai finito di abbracciarmi." Rido, e la stringo forte a me.
Mi viene quasi da ridere al pensiero che a volte diamo talmente per scontato quello che abbiamo da perdere di vista la propria importanza. E' solo quando lo perdiamo che capiamo davvero quanto valga.

Ricordami di amartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora