Sole.

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Ho l'impressione che non riuscirei a contenere la nausea se rimanessi qui dentro anche altri soli cinque minuti.
So per certo che continuerei a vedere anche ad occhi chiusi gli sguardi pieni di incredulità, compassione, commiserazione che la gente mi lancia e a sentire le loro voci che bisbigliano qualcosa sulla 'povera ragazza' che a quanto pare sono diventata anche se infilassi dei tappi per le orecchie.
Cerco in qualche modo di concentrarmi sulla voce del professore, ma le sue parole sono troppo lontane e a quanto pare il mio stomaco tollera ogni secondo meno questo posto. "Ehy, va tutto bene?" Mi chiede Serena, poggiando una mano sulla mia.
I miei occhi incrociano i suoi e, maledizione, vorrei tanto trovarli almeno un po' familiari, e invece vedo solo dei qualunque occhi castani, pieni di preoccupazione e, forse, infondo, anche di un po' di pietà.
"Sto bene, ho bisogno di aria." Mormoro, infilando nella borsa il taccuino pieno di scarabocchi ma di nessun appunto e facendo per alzarmi.
"Vengo con te."
"No, sto bene. Mi serve solo un attimo." E mi precipito fuori da questo posto che può contenere forse fino a duecento persone, eppure mi sembra piccolo e soffocante.
Davvero prima ci venivo volentieri qui?
Appena raggiungo il bagno delle ragazze, mi infilo in una delle cabine e lascio che il mio stomaco si svuoti.
Forse dovrei rinunciare all'idea di voler riprendere la mia vita di prima e accettare semplicemente che quella persona non esiste più.
Tiro lo sciacquone e mi siedo sul water, tenendomi il busto stretto con le braccia.
Vorrei tanto andare a casa, e per 'casa', non intendo quel luogo in cui pare io sia cresciuta con quelli che pare siano i miei genitori e con quello che pare sia il mio cane.
Vorrei andare in un posto che mi sembri anche solo vagamente familiare, che mi ricordi che io appartengo a questo posto, che non è solo una cosa che gli altri continuano a ripetermi.
Sento la porta principale del bagno aprirsi e subito dopo delle voci.
"Avete visto com'è corsa fuori dall'aula?"
"Già, io non credo che stia tanto bene."
" Forse dovrebbe lasciare l'università almeno per un po'..."
Mi faccio coraggio ed esco dalla cabina, nel tentativo di smettere di sentire.
Le ragazze, che frequentano il mio stesso corso di biologia, tacciono all'istante e io mi dileguo evitando i loro sguardi.
Mi passo più volte i palmi sulle guance per cancellare quello che rimane delle mie lacrime, mentre mi dirigo a passo veloce verso l'uscita.
Quando vado a sbattere contro qualcosa, o forse dovrei dire qualcuno, a giudicare dal calore che emana, vorrei solo disintegrarmi.
Due mani forti mi afferrano prima che io finisca col sedere per terra, completando la mia umiliazione.
"Scusami..." borbotto, alzando gli occhi e incontrando un paio di occhi blu che potrebbero fare invidia al mare.
"No, scusami tu, non ti ho proprio vista. Stai bene?"
Mi prendo un attimo per osservare i lineamenti decisi ma ben disegnati del ragazzo che ho di fronte, dato che a quanto pare la sua bellezza è stata la prima cosa a riuscire a distrarmi da... allora.
I miei occhi si soffermano sui capelli castani che gli ricadono sulla fronte, sulle ciglia lunghe che adombrano un po' il blu degli occhi, sul naso perfetto, sulle labbra carnose tese in un bel sorriso. Quasi in automatico, i miei occhi corrono a cercare una fossetta sulla guancia destra, e la trovano lì.
Aggrotto le sopracciglia, e lascio che il mio sguardo vaghi ancora sulla mascella squadrata coperta da un velo di barba e scenda lungo le spalle ampie...
"Hai intenzione di rispondermi o di continuare a fissarmi in questo modo all'infinito?"
Sta scherzando, lo vedo dal sorriso divertito, ma le sue parole bastano a riportarmi alla realtà.
Scuoto la testa. "Scusami, io.."
"E perché mai ti stai scusando? Non ho mica detto che non puoi." E mi strizza un occhio. "Mi chiedevo solo cosa avessi intenzione di fare, sai, per prepararmi."
"Al momento ho solo intenzione di andar via e completare qui la mia stupenda figura."
"Allora sai dire qualcos'altro, oltre a 'scusami'. Bene."
Senza neanche volerlo, gli sorrido, ma quando una coppia passa accanto a noi tenendosi per mano e il ragazzo mormora qualcosa nell'orecchio della sua compagna, il mio primo sorriso mi muore sulle labbra.
Flirtare con un ragazzo è una cosa talmente normale che per qualche minuto ho dimenticato che agli occhi di questa gente io non sarò mai più una ragazza normale.
"Senti, devo andare, ho un po' di fretta..."
"E se ti dicessi che proprio a due passi da qui fanno dei buonissimi waffle al cioccolato? Avresti un po' meno fretta?" E sfodera un sorriso di quelli che immagino gli facciano ottenere sempre quello che vuole.
Non ho idea di cosa siano i waffle al cioccolato, ma non glielo dico.
"Non hai lezione?"
"Nah, sono venuto qui solo nella speranza di incontrare una ragazza carina da portare a mangiare una buonissima cialda ricoperta di Nutella. A quanto pare sono stato fortunato."
Così non avrò bisogno di chiedere. Ancora una volta non riesco a trattenere un sorriso e, senza neanche rendermene conto, sto annuendo.
"Perfetto, andiamo." Dice lui subito.
Appena mettiamo piede fuori dall'università, mi rendo conto che questo ragazzo non mi ha chiesto neanche il mio nome. Sento il gelo stringermi lo stomaco.
"Scusami, ma noi ci... ci conosciamo?" Mormoro, a denti stretti. Lui mi guarda per un attimo con uno sguardo intenso.
"Lo sapresti, se mi conoscessi. Non sono uno che si dimentica facilmente."
Per un attimo, la sua affermazione mi spiazza. Davvero questo ragazzo non sa niente dell'incidente? Della mia 'amnesia retrograda', come la chiamano i medici, o del mio 'Inferno Personale', come lo chiamo io?
Appena lui mi sorride come se niente fosse, come se davvero fossi una ragazza normale, sento qualcosa sciogliersi dentro, come se per una volta potessi permettermi di sentirmi normale. "Non sei un po' troppo arrogante?" Ribatto, senza pensarci troppo.
"La definizione corretta è 'realista'. Sono consapevole del mio fascino." Dice, facendomi l'occhiolino. "Perché, tu no?"
"Beh, non è che io sia chissà quale bellezza.."
Lui aggrotta la fronte. "Stai dicendo che non pensi di essere bella?"
Sto dicendo che non mi sento bella, non quando tutti mi guardano come se avessi tre teste. "Insomma, non sono un mostro, ma.." Mi interrompo un attimo. "Dovremmo lasciar perdere l'argomento, sai?"
Lui ride. "In effetti, forse avrei prima dovuto chiederti come ti chiami."
"Sì, forse. Mi chiamo Sole." O almeno, questo è quello che dicono.
"Wow. Io Alessandro, ma Ale va bene per te. No, non di là. La caffetteria è da questa parte." Mi dice, quando attraversiamo la strada.
Resto interdetta per un secondo. Avrei dovuto sapere da che parte andare? Magari è un posto dove gli universitari vanno sempre, magari ci andavo anche io, un tempo...
"Si è aperta da poco, ma i suoi waffle saranno la cosa più buona che tu abbia mai mangiato." Mi dice, come se mi avesse letto nel pensiero.
"Lo spero, altrimenti sarei rimasta con te del tutto inutilmente." "Questa era buona. Dai, entra." Mi dice, aprendo la porta di un piccolo locale sui colori pastello.

Ricordami di amartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora