Sole.

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SOLE
"Posso farti una domanda?" Chiedo a Serena, tirando un morso alla mia ciambella al cioccolato.
"Certo, anche più di una." Mi risponde lei, con un sorriso.
Mi inumidisco le labbra. "Ero fidanzata, prima che perdessi la memoria, vero?"
Lei sembra un po' scossa dalla mia domanda. "Hm.. Dipende, quanto prima?"
Scuoto la testa. "Non lo so.. Prima."
"Sì, hai avuto qualche storia..." Risponde, vaga.
Perché non me ne vuole parlare?
"So che uno di questi ragazzi frequenta Medicina, come noi." La sorpresa negli occhi nocciola di Serena aumenta. "Chi te lo ha detto?"
"Mia madre. Le ho fatto una domanda ed è venuto fuori che il mio ex ragazzo frequentava medicina."
Serena annuisce. "Sì, è vero."
"Pensi che sarebbe possibile che io ci parli?"
Serena sbatte le palpebre. "Non vi siete lasciati in buoni rapporti, non ti ho mai parlato di lui perché non mi sembrava il caso di riportare alla luce una storia che ti aveva fatto stare parecchio male."
Abbasso lo sguardo, riflettendo. Il mio primo ricordo riguardava il mio ex ragazzo, dev'esserci un motivo. E se potesse aiutarmi a ricordare?
"Perché ci vorresti parlare?" Mi chiede.
Non voglio parlarle del mio flashback, non voglio darle false aspettative. Preferisco aspettare l'incontro con la psicologa e parlarne con lei, forse saprà dirmi come comportarmi.
Alzo le spalle. "Non lo so, immagino che sia curiosità. Da quello che mi ha detto mia madre dovevo essere parecchio innamorata di lui."
"Lo eri. Solo che poi hai scoperto che aveva scommesso con un suo amico che sarebbe riuscito a portarti a letto e l'hai lasciato." La voglia di parlare con questo ragazzo svanisce completamente. "Dimmi che non ho speso molto tempo della mia vita con un coglione del genere."
Serena abbassa lo sguardo. "Un paio d'anni."
Arriccio il naso. "Okay, ho cambiato idea, non ci parlerò affatto." Serena fa una risata che però mi sembra piuttosto forzata.
"E con Ale come va?"
Non riesco a trattenere un sorriso. "Beh.. Ieri... ci siamo baciati."
Lei sgrana gli occhi. "Cosa?"
Sento che le mie guance si arrossano. "So che è un po' presto e in realtà è quello che pensava anche lui, però, non so.. Mi sembrava la cosa giusta."
"Sole, non... non dovresti fidarti ciecamente di lui. Non ho sentito cose molto carine sul suo conto, non tratta proprio bene le ragazze."
"Sì, lo so, e so anche che molto spesso non condivide con loro più di una notte. E' che..." E mi interrompo.
"E' carino? Sì, lo so benissimo, ma ce ne sono un sacco di ragazzi carini e con la testa a posto."
Opto per la verità. "Non è solo questo. E' che ieri, quando ci siamo baciati, mi è sembrato che non fosse la prima volta. E' come se sapessi già come baciasse e quanto fosse bello e..." Sento che sto arrossendo. "Mi sono sentita a casa, ed è una cosa rara di questi tempi."
Serena mi fissa, in silenzio.
"So che in realtà non lo conosco, ma è stato bello ugualmente." Aggiungo.
Lei annuisce. "Questa è una cosa carina." Poi guarda alle mie spalle e aggrotta le sopracciglia. "E mi sbaglio, o quello è il tuo principe azzurro?"
Mi volto di scatto e vedo Ale che sta passeggiando sul marciapiede con Snow al guinzaglio.
Non riesco a impedirmi un sorriso. "Non è il mio principe azzurro." Rido. "Quello è il cagnolino che abbiamo scelto insieme, non è carino?"
"Non quanto il padrone, immagino." E mi fa un sorriso furbo. "Allora, me lo presenti?"
Sorrido e mi giro verso Ale. Appena lui alza lo sguardo lo saluto con la mano e lui viene verso di noi, seguito dal cucciolo. "Buongiorno." Dice, e si china per darmi un bacio sulla guancia. "Ale, lei è Serena. Serena, Ale." Mentre loro si stringono la mano, io faccio una carezza al cagnolino. "Ciao, tesoro. Il padrone ti tratta bene?"
"Perché, hai dei dubbi?" Ribatte Ale.
Alzo le spalle. "Forse.."
Lui sorride.
"Se vuoi puoi unirti a noi." Gli dico.
"Certo, mi sembra un'ottima idea." Aggiunge Serena, anche se nel suo tono c'è una sfumatura che mi sfugge.
"Mi dispiace, ma sono uscito solo per far fare una passeggiata a Snow e sto rientrando, devo studiare."
"Ah okay, buono studio allora. Ciao piccolo." E faccio un'altra carezza alla palla di pelo bianco.
"E io che pensavo che il 'ciao piccolo' fosse rivolto a me." Mi prende in giro Ale.
Alzo gli occhi al cielo. "Sogna pure, è gratis, tranne che per le delusioni da pagare."
Lui ride. "Buon proseguimento, ragazze." Dice, e se ne va. "Sembrate affiatati." Mi dice Serena, quasi sovrappensiero. Alzo le spalle. "Ale mi fa stare bene."
Lei annuisce. "E allora è un bene che tu l'abbia incontrato, no?" E mi fa un sorriso dolce.
Sì, credo proprio che sia un bene. "Solo che non è che io sia chissà quanto leale con lui."
Serena mi interroga con lo sguardo.
"Non gli ho detto nulla dell'incidente." Alzo le spalle. "Da una parte vorrei dirglielo, ma dall'altra..."
"Ehy, non hai nessuna fretta, okay? Se non sei ancora pronta a parlarne, non farlo." Mi rassicura lei, mettendo una mano sulla mia.
Mi sfugge un sospiro.
"Che c'è?"
Alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi. "E' che vorrei tanto ricordarmi di te e della nostra amicizia. Doveva essere un legame speciale, vero?"
"Lo era e lo sarà ancora, te lo prometto." Mi dice e abbassa gli occhi, senza però riuscire a nascondere le lacrime che le appannano lo sguardo.
****
Sono a un passo dallo scaraventare il libro fuori dalla finestra, quando il mio cellulare vibra. Decido che una pausa non può essere che un bene sia per il mio cervello che per il mio libro, perciò leggo il messaggio di Ale.
"Ehy, che stai facendo? :)"
Dato che lo studio mi ha privato della maggior parte delle mie forze, non provo neanche a negare a me stessa che sono contenta di sentirlo.
"Sto studiando e comincio a meditare il suicidio :("
Quando mi risponde quasi percepisco il suono della sua risata.
"Ahahahah nah, io sono un'alternativa migliore al suicidio. Ti serve una mano? :)"
Perché solo all'idea di incontrarlo mi si chiude lo stomaco?
E' possibile che l'incidente abbia anche alterato la mia età emotiva, riportandomi a dodici anni? Non è quella l'età delle farfalle nello stomaco?
"Potrei anche prendere l'idea in considerazione..."
"Dai, passo a prenderti tra mezz'ora e andiamo da me, i miei sono fuori e non torneranno fino a stasera :)"
"Non sei uno psicopatico che sta cercando di rapirmi, vero?" Sorrido mentre scrivo il messaggio, e me lo immagino fare lo stesso dall'altra parte dello schermo.
"E secondo te lo direi se fosse così? Dai sbrigati, ci vediamo tra poco :*"
"A dopo :)"
****
La casa di Ale non è niente male. E' diversa da quella dei miei, l'arredamento è molto più moderno, ma è spaziosa e luminosa. "Cucina o salotto?" Mi chiede Ale.
"Cucina." Decido dopo un attimo.
Non che io non sia attratta dalla comodità che sprigiona ogni molecola del grande divano nel salotto, ma ricordo al mio cervello che sono qui per studiare e niente è più comodo di un tavolo e di una sedia per questo scopo.
Ale arriccia il naso. "Speravo scegliessi il divano. Prego, accomodati." Mi dice, indicando la stanza accanto al salotto. Sposto una delle sedie e mi ci siedo, facendo attenzione a poggiare i libri sul tavolo in vetro.
Snow sbuca da un'altra stanza e mi si avvicina scodinzolando, ottenendo qualche carezza.
"Allora, qual è il problema?" Mi chiede Ale, sedendosi accanto a me e facendosi molto vicino per guardare il mio libro.
Facendo finta che la sua vicinanza non causi strane perturbazioni nel mio petto, obbligo il mio cervello a trovare una risposta razionale.
"Il problema è che se fosse scritto in arabo non noterei la differenza."
Lui sorride. "Sì, questa frase l'ho pensata anch'io più di una volta. Allora, vediamo se riesco a spiegarti qualcosa, semplificandola..." E avvicina il libro a sé, dando un'occhiata a quello che c'è scritto sul tessuto nervoso.
Non posso negare che quando comincia a spiegare, faccio fatica a concentrarmi su quello che esce dalla sua bocca e non sulla sua bocca. La sensazione di quelle labbra premute sulle mie non vuole saperne di uscire dalla mia testa e questo sicuramente non è il momento adatto per pensare ai suoi baci, soprattutto dato che Ale sembra concentrato nella sua spiegazione e ha un'aria addirittura professionale.
Potrei persino dire che sia più bello del solito, il che è qualcosa di assurdo, dato che Ale è già bello al superlativo.
Quando smette di parlare, aspetto che riprenda, ma lui non lo fa e mi fissa con un mezzo sorriso.
Che mi abbia fatto qualche domanda di cui aspetta una risposta che non avrà mai? "Sì?" Azzardo, a bassa voce.
"Non che non mi faccia piacere, ma se continui a guardarmi in quel modo non sono certo di riuscire a continuare a parlare di sinapsi e potenziale d'azione invece di cominciare a baciarti."
Il respiro mi si blocca in un punto imprecisato tra polmoni e bocca. "Io..." Vorrei negare, ma non credo che sia possibile. "Mi dispiace, prometto di stare attenta, professore."
Lui ride e mi accarezza velocemente una guancia. "Dai, vediamo di concludere presto questa tortura."
Questa volta cerco sul serio di concentrarmi su quello che dice e, sebbene non possa dire di non perdere qualche parola contemplando i suoi occhi o le sue labbra, alla fine i miei buchi neri sono un po' meno neri.
Qualche volta mi fa ripetere alcuni concetti per accertarsi che li abbia capiti e poi continua a spiegare.
"Grazie." Gli dico sinceramente quando chiude il libro.
"E' un po' più chiaro?"
"Sì, un po' sì, anche se chiederei volentieri a Madre Natura perché mai ci abbia creati così complicati."
Lui ride.
"Come mai hai scelto di studiare medicina?" Gli chiedo poi. "Mi affascina sapere come funzioniamo. E mi piace l'idea di poter dare una mano a qualcuno, un giorno. Perché me lo chiedi?"
Alzo le spalle. "Si vede che è qualcosa che ti piace molto."
"Se non hai una passione non puoi sopportare questi studi." Dice lui, semplicemente. "Anche a te piace, no?"
Annuisco. "Sì, mi piace, ma non nego che qualche volta vorrei solo buttare all'aria i libri e scappare alle Hawaii a prendere il sole."
"Beh, se ti accade solo qualche volta, direi che va benissimo." Rido e lui mi segue, poi mi prende il viso tra le mani.
I miei occhi incrociano i suoi e mi sembra di perdermici.
Ale si avvicina e mi bacia, piano e con tenerezza.
"Andiamo a prenderci un caffè?" Mi chiede, quando si allontana.
Prendo fiato, cercando di riprendermi. Annuisco, perché non sono sicura che riuscirei a dire una frase di senso compiuto, in questo momento.
"Spostati pure sul divano e accendi la TV se vuoi mentre io mi cambio, okay?"
Annuisco di nuovo e lui mi dà un altro bacio prima di uscire dalla stanza.
Mi alzo e mi sposto in salotto, dando un'occhiata più attenta alla stanza. Noto i cioccolatini sul tavolino di vetro al centro della stanza e mi siedo sul divano constatandone la comodità. Cerco con lo sguardo il telecomando del grande televisore al plasma di fronte a me e lo vedo su una mensola della parete su cui si trova la TV.
Mentre prendo il telecomando, la mia attenzione è attratta da una fotografia incorniciata, sulla mensola.
Nella foto due ragazzi sorridono all'obiettivo.
Riconosco Ale, più piccolo di qualche anno, credo, ma non privo della sua bellezza mozzafiato. Poi sposto lo sguardo sulla ragazza accanto a lui. Ha i capelli castani raccolti in una treccia laterale e gli occhi intensi come quelli di Ale. Dev'essere la sorella di cui mi ha parlato. La cosa che non capisco è per quale ragione mi sembri di conoscerla. Ale mi ha detto che lavora all'estero, perciò mi sembra impossibile che io l'abbia incontrata per strada dopo l'incidente.

"Tu devi essere Sole, sono così contenta di conoscerti!" Mi sorride raggiante e gli occhi chiari le si illuminano. "Sì, anch'io."
"Non avevo dubbi che fossi bellissima."
Rido e sento le guance pungermi appena per l'imbarazzo. "Grazie, sei gentile."

Sbatto le palpebre e guardo ancora la ragazza della foto. La conoscevo davvero?
"Quella è mia sorella Giorgia, la peste."
La voce di Ale alle mie spalle mi fa sobbalzare.
Mi giro verso di lui e lo trovo che si sta infilando una maglietta, con gli addominali ancora in bella vista.
Nonostante io sia scossa per quello che ho appena visto, mi si secca la bocca.
"A meno che il mio effetto sulle ragazze non sia drasticamente peggiorato, non sono io la causa di quell'espressione. Stai bene? Sei pallida." Mi dice, osservandomi.
La voce della ragazza mi risuona nella mente.
Annuisco. "Quanti anni ha tua sorella?"
"Ventisei."
"E' molto bella."
"E spezza anche un sacco di cuori. Beh, è mia sorella." Aggiunge sorridendo.
Alzo gli occhi al cielo.
"Vuoi un bicchiere di succo di frutta? Non sembri proprio in forma."
"Scherzi? Ho appena visto i tuoi addominali, non potrei essere più in forma di così."
Lui ride. "Allora li hai notati." E mi strizza l'occhio.
Alzo le spalle. "A quanto pare compensano la mancanza di un cervello lì dentro." E indico la sua testa.
"C'è eccome del cervello qui dentro, tesoro."
Arriccio il naso per il nomignolo e lancio un'ultima occhiata alla fotografia.
Devo assolutamente parlare con la psicologa di questi lampi di ricordi.
E se invece stessi diventando pazza e fossero delle allucinazioni?
Ale si avvicina a me e mi poggia una mano sulla guancia.
"Ehy, che succede?" Mi chiede, fissando i suoi occhi nei miei. Sembra preoccupato davvero e la cosa mi fa sorridere.
"Sto bene, ho solo un po' di mal di testa."
"Sicura di non volere qualcosa di zuccherato da bere?"
"No, sta' tranquillo."
"Okay." Si china a darmi un bacio sulla fronte. "Metto le scarpe e andiamo."
Annuisco.
Lui si allontana e io mi avvicino alla cuccia di Snow.
Gioco un po' con lui e appena Ale è pronto, dopo un piccolo bacio al piccolo, usciamo di casa.

Ricordami di amartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora