18| Quello di cui hai bisogno

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L'Hotel Principi di Piemonte era uno degli alberghi più rinomati di Torino. La struttura era elegante, raffinata con gli interni retrò ma con l'odore nell'aria di nuovo.

E, soprattutto, il personale era molto discreto quando un personaggio famoso decideva di alloggiare lì, con una ragazza e il completo elegante della Juventus ancora addosso.


Idie non amava particolarmente gli hotel: per lei erano camere in marmo sterile, bianche, linde ma vuote.
E poi chi decideva in un albergo quando aveva casa lì, a pochi passi di distanza?

Per questo ci mise diversi minuti per ambientarsi nella camera deluxe. A Paulo non lo disse; non voleva rovinare quel momento, soprattutto perché lui
continuava a sorridere in modo così spontaneo che Idie non riuscì ad essere a disagio.

La partita contro il Milan era terminata da due ore circa, il numero dieci aveva segnato dopo otto minuti precisi e, ironia della sorte, le telecamere avevano inquadrato la Tribuna d'onore dove erano posizionati tutti i dirigenti della squadra e dove c'era, ormai abitualmente, anche Idie.

Sorrise anche lei ricordando quanto avesse sospirato tutte le volte che lui aveva toccava palla e tutte le volte che aveva dovuto nascondere quei sorrisi patetici ripensando a cosa sarebbe successo dopo la partita.

«Avresti dovuto andare con gli altri a festeggiare» mormorò sfiorandogli un braccio.

Erano entrambi appoggiati alla ringhiera del balcone, senza guardare di sotto, dove c'era la città e le luci, ma avevano il capo rivolto verso il cielo.
La primavera era ufficialmente arrivata, in ritardo, certo, ma era lì, la percepivano entrambi, con i vestiti leggeri addosso e il cielo sereno.

«Non mi andava» mentì.

Avrebbe potuto tranquillamente ammettere che preferiva stare con lei, che gli servivano quelle ore, sia per smaltire la partita, sia per tranquillizzarsi in vista della Champions, ma preferì omettere perché per lui era sempre più facile nascondersi dietro a delle maschere.

«Anche ora sei stanco?» gli chiese sporgendosi verso di lui per lasciargli un bacio sopra al colletto della camicia bianca.

Paulo iniziò respirare frettolosamente e Idie si ritrovò a ghignare compiaciuta.

«Non lasciare i segni» l'ammonì piano quando la sentì mordere più forte.

Erano ancora fermi in balcone e Idie pensò che l'odore del collo di Paulo e la sua pelle, erano tra le sue cose preferite in assoluto.

«Io sono piena di segni» ribatté piccata e si sforzò a staccarsi da lui.
Velocemente, Paulo le strinse i polsi con le mani sulla testa «È solo per marcare il territorio»

«Io non sono un territorio» rispose cercando di sfuggire dalla presa.

«No, però sei mia» disse con la testa appoggiata nell'incavo del suo collo.

Idie gli accarezzò un zigomo e poi le labbra.
Un cambio di atmosfera improvviso, che forse nemmeno Paulo percepì del tutto.

«Non sono tua se tu non sei mio»

Diventò improvvisamente malinconica, come se avesse già nostalgia di quello che era e non sarà mai.
Paulo finse di non farci caso, ignorò la frase e il tono ed anche quegli occhi ambra che erano capaci di scardinarlo dentro.

L'attimo dopo lui la stava spingendo verso il letto, con le mani sul suo corpo e la bocca sulla sua.








Dopo una partita, non riusciva a dormire e neanche a riposare.
Sentiva addosso un'adrenalina che lo lasciava sveglio più del dovuto.
Anche quella sera stava andando così.

𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.DDove le storie prendono vita. Scoprilo ora