19| Puoi dirmelo?

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La nostra gloria più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarci ogni volta che cadiamo.




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Quando Paulo Dybala si svegliò ci mise diversi minuti per capire in che parte del mondo fosse e se fosse ancora vivo.

Quel mercoledì era più simile ad un brutto lunedì e quando scostò le lenzuola dal suo corpo avvertì una ventata d'aria gelida arrivargli addosso.

Si girò di lato, verso sinistra e osservò per un paio di istanti il letto vuoto e le lenzuola aggrovigliate alle sue gambe. Deglutì nervosamente, non trovò la forza di alzarsi nemmeno quando sentì bussare alla porta. Evitò di rispondere e invece staccò il telefono dal cavo del caricabatterie.

Sapeva perfettamente che doveva tenersi lontano dai social, dai giornali e da qualsiasi altra fonte di informazione che poteva danneggiarlo.

Era stato Andrea Agnelli a dargli quel consiglio e lui aveva intenzione di seguirlo.

Quando era tornato a casa, dopo la partita, sua madre l'aveva stretto in un abbraccio che l'aveva lasciato senza il respiro. Non riusciva a capire come aveva fatto a non scoppiare a piangere.
Anche a casa sua, nel posto più sicuro al mondo, non aveva ceduto. Neanche sotto il getto freddo della doccia, nemmeno quando non era riuscito ad addormentarsi.

E a cosa servivano le consolazioni? Cosa avrebbe potuto farsene, se l'unica persona con cui aveva voglia di parlare non rispondeva alle sue chiamate?

La voglia di stare da solo ed ignorare tutto e tutti era pari a quella di vedere Idie, di sentire la sua voce leggermente acuta quando si incazzava e le sue mani che, per un motivo o per un altro, cercavano le sempre le sue.

La richiamò ancora, nonostante supponesse che fosse a scuola, ma aveva poca importanza in quel momento.

Idie lo provocava, era nella sua natura. Lo faceva quando non rispondeva ai suoi messaggi, o alle sue chiamate. Quando rispondeva in modo sarcastico o acido, a seconda delle situazioni, quando gli faceva male volontariamente.

E il solo fatto di non poterla avere lì, tra le pieghe del letto, lo faceva sentire ancora più debole di quanto già non fosse.

«Paulo?» lo chiamarono ancora.

«Non ci sono» disse sospirando.

«Pau, ti prego»

Sbuffò e non rispose.

«Antonella vorrebbe parlarti» l'avvisò sua madre con un fil di voce.

Nell'assurdità di quella situazione, a Paulo venne da ridere, ma poi si mise il cuscino sulla faccia e urlò sperando le corde vocali si spezzassero.


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Quel mercoledì mattina, mentre tutti i giornali sportivi parlano di Super Real e Micidiale Ronaldo, della sconfitta in casa della Juve e dell'espulsione di Dybala, Idie si svegliò con il mascara colato sulle guance e la gola secca.

C'erano ancora i vestiti sporchi per terra, i sandali Versace lanciati a caso, il laptop sulla scrivania, la porta serrata e le persiane abbassate. C'era ancora l'odore delle sigarette al mentolo, e in bocca aveva il sapore della vodka alla fragola.
Quello che non c'era, quello che mancava, era la pelle di Paulo sulla sua.

Idie decise che i giornali non li avrebbe letti, perché bastava già la faccia scura di suo padre a colazione e Carolina che continuava a guardare in modo cattivo chiunque le ricordasse di quella sconfitta somigliava tanto ad una Cardiff 2.0

Ma quel mercoledì, anche la faccia di Idie Agnelli, era un po' ovunque.

Il suo account di Instagram aumentò di cinquecento followers nel giro di un giorno, su Twitter qualcuno aveva iniziato a fare apprezzamenti -non molto casti- su di lei e Gabriele Parpiglia aveva addirittura indagato per scoprire di più sulla giovane Agnelli.

Tutto questo perché Idie aveva fatto il madornale errore di non presentarsi all'Allianz Stadium per supportare la squadra e di andare a divertirsi.
E la parola "divertirsi" stava per: sballarsi. Quindi si era completamente dimenticava del vestito argentato che si alzava sulle cosce, del mondo che poteva spiarla, dei ragazzi che tentavano di avvicinarsi, dell'alcool che circolava insieme al sangue e dei flash che indisturbati la sfioravano.



Quando Paulo riuscì a contattarla, gli sembrò di rivivere un fottuto dejavu.
Aveva il telefono attaccato all'orecchio e continuava a torturare il ciuffo di capelli che gli cadeva sugli occhi.

«Smettila di giocare ad un gioco dove sei l'unica che detta le regole» le disse e sentì la risata di Idie come unica risposta.

Poche settimane prima era stata lei a sgridarlo, a bestemmiare e a stringere i denti per la rabbia cieca che aveva provato.

Ora toccava a lui incazzarsi, e -con la mente annebbiata- sperare che fosse tutto incubo e trovare il modo di svegliarsi.

La odiava, perché aveva non c'era stata per lui, perché aveva cercato il suo sguardo in tribuna ma non l'aveva trovato, perché avrebbe voluto piangere ma solo con lei.

«Puoi evitare le mie chiamate e scappare quando ti fa comodo, forse questo ti aiuta a farti sentire più grande- respirò profondamente- ma io mi sono rotto il cazzo, perché facciamo cento passi avanti e poi non ci siamo mossi di un centimetro. Mi sono rotto il cazzo perché pensavo di aver trovato qualcuno che avesse bisogno di me e perché avresti dovuto cercarmi tu, fare i salti mortali per vedermi e non io»

Idie continuò a sorridere e a sbuffare come se lui le avesse appena spiegato degli schemi di gioco.

«Non ti voglio parlare- ribatté con un tono di voce glaciale- o vedere»

«Smettila di fare la bambina»

«Io?- domandò forzando la voce -io? O tu? Fino a prova contraria sei tu quello che non sa prendere una cazzo di decisione»

«Di che stai parlando»

«È facile per te portarmi in hotel quando hai la fidanzata, o dovrei dire, futura moglie a casa?»

Riuscì a collegare i punti solo in quel momento, e capì che non erano capricci quelli, non era una stupida presa si posizione.
Era una scelta quella di ignorarlo, di punirlo.
"Voglio farti stare male come sono stata male io" e Idie era sicuramente più brava di lui in questo.

«Avrei dovuto dirtelo, lo so. Sono stato un idiota ma puoi..»

«Hai detto che non mi avresti preso per culo, ma lo so che per te le promesse non valgono niente. Dovevo capirlo prima di innamorarmi»

Rimase zitto per quello che sembrò essere un tempo infinitamente lungo.
Ascoltò il respiro della ragazza farsi più rapido, e il suo rischiare di arrestarsi all'istante.

«Puoi?- la voce traballò pericolosamente -puoi dirmelo?»

Idie scosse il capo, aveva paura di piangere, di sputare via quelle parole che non aveva mai detto a nessuno, di star male.
Scappare era più facile, far finta di non vedere e sentire era sicuramente più semplice che restare «Non ha più importanza ora, potresti anche andare via...io non aspetto più, non lo so fare»

Riattaccò senza dargli il tempo di ribattere e scoppiò a piangere.














Il capitolo invece è breve ma non privo di senso:
•Idie è incazzata ma anche parecchio egoista in questo caso, perché in un momento di difficoltà dovrebbe stargli vicino e non fare la cretina..
•Ovviamente ho solo potuto immaginare il dolore che ha potuto provare -e prova- Paulo in questo momento, ma l'ho immaginato un po' alienato dal mondo, chiuso in se stesso e incazzato
Il prossimo capitolo sarà impegnativo

Detto questo vi ringrazio per tutti i commenti e le parole di supporto! Un bacio e alla prossima 💘

⚪️⚫️💎

𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.DDove le storie prendono vita. Scoprilo ora