Cap. 26. - Il sogno di Haldir

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Gandalf teneva saldamente le redini del cavallo. Il carro procedeva sul sentiero battuto, nella notte stellata. Gli Elfi avevano dato a Roswehn una coperta e dei cuscini per essere più comoda. Il carro dello stregone era di grezzo legno, e ad ogni scossone, ad ogni buca nel terreno, ad ogni sasso sporgente in cui incappavano lungo la via, la donna avvertiva dei fastidiosi colpi alla schiena.

Dama Galadriel l'aveva incontrata qualche minuto prima che si mettessero in marcia: Roswehn era rimasta colpita dall'eterea bellezza della donna elfo, e dalla grande bontà che s'intravvedeva nei suoi occhi. Guardandola nel volto, la donna mortale finalmente aveva realizzato quanto grande fosse il potere di Galadriel, come se l'intera Terra di Mezzo la riempisse della sua energia.

Le aveva dato una speciale benedizione, consigliandole di cercare sempre il bene negli altri, e di non farsi mai sedurre dalle emozioni negative come la rabbia, o la vendetta. Regan, le aveva detto, avrebbe strenuamente provato a trascinarla verso la rovina, e Roswehn doveva in qualche maniera trovare la forza di opporsi.

Haldir seguiva il carro di Gandalf sul suo cavallo: era in armatura, e un lungo mantello color cremisi si appoggiava morbidamente sul dorso dell'animale. Spesso, lui e Roswehn si lanciavano fugaci sguardi d'intesa, memori entrambi del bacio che si erano scambiati qualche ora prima. La donna provava una sorta di senso di colpa: forse era stata un po' troppo lasciva nel cedere al desiderio di Haldir. Egli aveva toccato in lei un punto debole, l'aveva sorpresa nella sua vulnerabilità. Erano stati troppi gli anni di solitudine, troppo dolorosa la mancanza di un uomo al suo fianco, e, nonostante avesse detto a Sigrid che era stata una scelta, la sua ostinata vita solitaria aveva fatto nascere in lei una frustrazione latente.

Oh, nei suoi anni da adolescente avrebbe voluto innamorarsi, eccome! Quante volte si era invaghita di personaggi immaginari, che trovava nelle leggende e nei racconti dei suoi libri. Re, principi, cavalieri, soldati, eroi mitici e figure realmente esistite. Tutto per compensare alla mancanza di un amore reale, che non era riuscita ad incontrare nella vita vera.

Ed ora, ecco un Elfo che poteva offrirle tutte quelle meravigliose emozioni. Haldir, che ormai le aveva dichiarato la sua passione. Una passione ahilui dolorosa, perché non corrisposta.

Roswehn aveva manifestato attrazione, ma il Capitano del Lórien era stato lucido nel respingerla: egli non era ciò che il cuore della giovane realmente desiderava. Ciò che voleva, era lontanissimo da lei. Era irraggiungibile, tanto quanto lo erano stati i personaggi immaginari che avevano popolato le sue fantasie di ragazzina.

Di tanto in tanto, Gandalf si appisolava. Per permettergli di dormire qualche ora, Haldir aveva preso il suo posto alla guida del carro, dopo aver legato il suo cavallo al retro del mezzo. La notte era fresca, nonostante fosse ormai Giugno, e Roswehn si era coperta fino al collo.

"Tu non dormi mai?" chiese lei, mentre lo Stregone ronfava, sdraiato anch'egli sul carro. "Dovresti saperlo, visto che abbiamo vissuto tre giorni insieme..." rispose Haldir a voce bassa, per non disturbare Gandalf. "A me bastano un paio d'ore. E ora non ho sonno."

Si sentiva il canto dei grilli tutt'intorno. La donna guardó il cielo nero: era uno spettacolo di stelle, non una nube copriva quello splendore. La luna era al suo primo spicchio, quindi la sua luce era flebile. Una lanterna posta sulla cassa vicino ad Haldir emanava un bagliore giallo e tremolante.

"Sei mai stato a Gran Burrone?" chiese lei, improvvisamente. Aveva voglia di parlare, e, come l'Elfo, non sentiva affatto sonnolenza.

"Sì, circa quindici dei vostri anni fa. Elrond mi accolse per qualche mese." rispose Haldir, "...è un luogo magnifico, lo amerai."

Roswehn di DaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora