just like a nightmare

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Ellie's PoV

Era da diverso tempo che vagavo in quella casa, ma non riuscivo a trovare la via d'uscita. Le finestre erano chiuse, i raggi del sole non filtravano, tutto era illuminato solo da quella luce bianca e artificiale. Man mano che attraversavo le stanze, le porte iniziarono a chiudersi, una dopo l'altra. Iniziai a correre, avevo paura. Non sapevo dove stessi andando, non potevo tornare indietro e, alla fine, mi ritrovai in una stanza in cui vi era un caminetto con un bel fuoco acceso. C'era così tanto silenzio che l'unica cosa udibile era il battito irregolare del mio cuore. "Benvenuta" mi accolse gentilmente qualcuno, non capivo da dove provenisse. All'improvviso una figura si materializzò difronte a me, era di spalle. "Manager?" chiesi io tranquillizzandomi, quella era la sua voce. La persona si voltò, stava sorridendo, ma qualcosa, in quel sorriso, non andava. "Proprio io" rispose lui e, in un istante, la sua faccia si deformò.


Mi svegliai di soprassalto.

Avevo avuto un incubo, stavo sudando e il mio cuore batteva all'impazzata. Oggi sarebbe dovuta essere una bella giornata, avevamo deciso di partire subito dopo aver fatto colazione. Non riuscivo, però, a smettere di essere preoccupata, avrei voluto che il tempo non passasse più. Non volevo rimanere da sola, non un'altra volta.




{flashback} - il giorno precedente


"Dobbiamo parlare, seguimi" sentenziò il manager rivolto verso di me.

Tutti i ragazzi si girarono a scrutarmi; avevano l'aria di chi non capiva cosa stesse accadendo. Il problema era che manco io sapevo cosa ci fosse sotto e questa era la cosa che più mi spaventava.

Uscimmo dalla casa e ci dirigemmo in un piccolo bar che si trovava a pochi passi. Non avevo la ben che minima idea di che cosa volesse dirmi e, come se non bastasse, mi stava salendo un'ansia terribile.

"Prego, accomodati" indicò un tavolo abbastanza appartato e, nel momento in cui il cameriere arrivò, ordinò qualcosa.

"Non c'è bisogno di fare quella faccia preoccupata, quello che sto per dirti non è niente di speciale" asserì poi.

Facile a dirsi, lui sapeva già di cosa si trattasse.

"Come ben sai le tue conoscenze coreane, al momento, sono del tutto inesistenti. Quindi, per far sì che tutto proceda nel migliore dei modi, almeno per i primi mesi, ti ho personalmente iscritta ad una scuola che ti permetterà di imparare la lingua coreana e grazie alla quale avrai anche un ventaglio del linguaggio medico di base. Molte persone qui non riescono a capire perfettamente l'inglese, dunque è necessario che tu sappia parlare perlomeno un coreano basilare" mi spiegò.

Dunque, il problema era questo. Riflettendoci bene, le sue argomentazioni non facevano una piega, purtroppo aveva ragione. Non avrei potuto fare molto senza la possibilità di comunicare con le altre persone. Se fosse successo qualcosa per colpa di questa mia mancanza, non me lo sarei perdonata.

"Capisco, sono dello stesso avviso" risposi io con fermezza. Avrei imparato tutto ciò che c'era da sapere, dopodiché sarei stata pronta ad affiancare i ragazzi.

"Mi fa piacere che tu lo sia. Inoltre, ho deciso che, per permetterti di concentrarti al meglio, non vedrai i ragazzi durante questo lasso di tempo. Una volta che sarai pronta, potrete stare tutti di nuovo assieme. Il trasferimento nel tuo nuovo appartamento avverrà tra qualche giorno. Per favore, sino ad allora, non dire niente a loro; non voglio che si creino inutili preoccupazioni. Ora devo scappare, spero sia stato tutto chiaro" aggiunse, lasciando dei soldi sul tavolo e andandosene via.

Sentite quelle parole, un dolore lancinante mi attanagliò lo stomaco. Togliermi la possibilità di vedere i ragazzi significava togliermi gli unici punti di riferimento che avevo in quel momento.

While I was next to youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora