Venni trascinata di malavoglia all'interno del palazzo, dove rischiai di inciampare in un gradino rovinato dagli anni e dall'incuria. Qualcuno avrebbe dovuto sistemarlo.
Sospirai amareggiata, ma dovetti ricompormi davanti alla figura allampanata del duca.
«Buongiorno, signorina de la Rosa Ramirez, oggi siete in splendida forma», mi baciò delicatamente il dorso della mano e non potei fare a meno di comparare quella tiepida sensazione a quella travolgente provata poc'anzi alla presenza del barone.
«Buongiorno, duca Raggi della Rovere. Lei è così generoso, le sue belle parole m'imbarazzarono».
In realtà le sue lusinghe scivolarono sulla mia pelle senza lasciarvi traccia.
«Pensate che il momento sia abbastanza propizio per consegnarvi il mio dono?», gorgheggio felice con un luccichio negli occhi.
Mio padre, poco distante, gli fece cenno di procedere con un ampio sorriso sulle labbra.
Il duca sollevò il calice di vino rosso al cielo, poi vi tamburellò sopra con le dita, attirando l'attenzione dei presenti.
«Signori e signore, vogliate concedermi la vostra attenzione. Annuncio ora con sommo gaudio il mio fidanzamento con la qui presente Caterina Maria Josephine de la Rosa Ramirez. L'anima più pura discesa su questa terra su cui abbia posato i miei vili occhi mortali».
Il mio stomaco si accartocciò su se stesso, alzando lo sguardo incrociai gli occhi ardenti del barone David, i quali mi scrutavano seri.
Oh, destino ingrato! Mai avrei potuto ambire all'amore carnale e selvaggio per il barone!
Oh, Afrodite, perché volgesti a me le spalle?
Perché, Cupido, fosti così parco nel lanciare le tue frecce?
Dovetti fare forza su me stessa per trattenere le mie lacrime amare.
Il duca s'inginocchiò accanto a me, seguii con lo sguardo il suo gesto.
Estrasse dalla tasca della giacca un pregevole anello finemente decorato, sul quale scintillavano gloriosamente dei diamanti dal taglio impeccabile.
Il respiro mi rimase incastrato in gola alla vista di quel prodotto di alta oreficeria.
Lasciai che mi prendesse la mano e m'infilasse l'anello nell'anulare.
Il duca si tirò su con uno scatto: «Sia benedetta quest'unione e ricca di prole, che il mio seme crei la vita nel vostro ventre giovane e fecondo».
Feci appena in tempo a udire una risata malcelata e canzonatoria, prima che gli invitati esplodessero in un fragoroso applauso, mio padre sopra tutti.
Scandagliando la sala, intuii, dall'espressione divertita del barone, che fosse stato lui a ridere.
Le mie gote si tinsero di rosso dalla rabbia e l'umiliazione.
Il pensiero di consumare un rapporto con il duca mi agitava tanto da farmi venire le palpitazioni.
Si creò una fila di persone di fronte a noi, tutti desiderosi di augurarci il meglio.
Mio padre fu l'ultimo. Si avvicinò battendo istericamente le mani, il viso illuminato da un sorriso soddisfatto. Ci strinse in un abbraccio, esclamando teatralmente: «Figli miei!»
Mi sentii come un ramoscello che non poteva nulla contro la forza della corrente.
Con una scusa mi allontanai, desideravo ardentemente un momento per me stessa; volevo fare chiarezza nei miei pensieri, disciplinare le forti emozioni che provavo.
Mi diressi verso la toilette per rinfrescarmi il volto. L'acqua ghiacciata alleviò in parte le mie pene.
Una volta che mi fui ricomposta, uscii in corridoio e trovai ad aspettarmi il barone David, appoggiato ad una colonna in marmo.
«E così avete un ventre fecondo?», chiese con aria canzonatoria.
«Voi siete troppo irriverente. Mi fate sorgere il dubbio che voi non conosciate a fondo le buone maniere».
La mia risposta serpentina lo lasciò momentaneamente spiazzato.
«Amo la piega che prendono le vostre labbra quando pronunciate la "erre". É quel tipo di movimento che bacerei volentieri ogni volta. Presumo che sarebbe molto inopportuno darvi il vostro regalo».
«Mi sorge il dubbio che non ci sia mai stato nessun regalo».
Il barone sollevò con eleganza un sopracciglio e si avvicinò, sogghignando.
«Osate mettere in dubbio la mia parola?», chiese con audacia.
Appoggiò la mano sulla mia spalla, per poi farla scorrere sulla delicata pelle del mio braccio, indugiando sul gomito dove mi torturò con movimenti circolari, i quali mi ricordarono le storiacce raccontate dai ragazzotti che lavoravano come braccianti le terre di mio padre anni fa.
Scostai con stizza il braccio e pregai nel mio intimo che non scorgesse il languore nei miei occhi.
«Non gradisco la vostra intraprendenza, barone».
Lui sorrise famelico e si avventò come un rapace sulle mie labbra, senza darmi il tempo di reagire.
Durò un attimo, ma fu così intenso che mi sopraffece. Le mie membra tremarono da capo a piede, prima di distendersi violentemente.
Svenni tra le sue braccia.
Quando tornai alla realtà ero adagiata su un divanetto. Non vi era alcuna traccia del barone David, al suo posto svettavano le figure di mio padre e del duca Raggi della Rovere.
Mi dissero che era stato il barone a comunicare loro il mio svenimento.
All'udire il nome di quell'uomo il mio cuore perse un battito, non sapevo se per rabbia o per passione.
Quella sera stessa, Annarita mi recapitò un biglietto, prima di ritirarsi nelle stanze della servitù.
Sopra vi era scritto con una calligrafia frettolosa il mio nome e poco sotto una sigla: D. D.
***
Buongiorno popolo di Wattpad!
Eccoci alla fine di un altro capitolo.
Finalmente il barone riesce a consegnare il tanto atteso regalo a Caterina, che ora si ritrova ad essere la promessa sposa del duca.
Cosa ne pensate di questo curioso intreccio amoroso?
Troppo scontato?
E il biglietto con la sigla del barone?
Cosa pensate che possa esserci scritto?
Spero che abbiate tempo e voglia di farmi sapere cosa pensate della storia!
Un bacio,
LazySoul_EFP
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Il manigoldo e la duchessa
Fanfiction[STORIA COMPLETA] La storia è ambientata nel 1820, a Roma, dove la protagonista Caterina Maria Josephine De la Rosa Ramirez incontra ad un ballo il barone Damiano David, che suscita in lei dei desideri che non pensava di possedere. Riuscirà Caterina...