Epilogo

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Luglio 1820, Roma


Era passato un mese ormai dall'ultima volta che avevo visto il capitano David.

Una volta fuggita dalle grinfie di mio padre, era stato inutile vendere i pochi gioielli che mi ero portata dietro per acquistare un cavallo e galoppare fino a Napoli.

Una volta in porto non avevo trovato traccia della Marlena e tutti coloro a cui chiedevo informazioni mi ridevano in faccia o mi mandavano su false piste.

Avevo venduto il cavallo a un ricco mercante di Napoli, fingendomi la sguattera di un signore con problemi di gioco, e con i soldi ottenuti mi ero comparata del cibo.

Avevo aspettato un giorno a Napoli, dormendo in una pensione che si affacciava sul porto, dalla quale potevo osservare ogni nave che usciva o entrava nella baia, ma il Fato sembrava avercela con me e quella notte non scorsi la silhouette famigliare della Marlena.

Dopo ore passate a piangere e disperarmi, avevo preso la decisione di tentare il tutto per tutto e alle prime luci dell'alba mi ero imbarcata su una delle tante navi nel porto, come mozzo.

Era da un mese che non vedevo il capitano David, ma non avevo aspettato, inerme, di essere ritrovata e avevo intrapreso un lungo viaggio in mare, sotto le spoglie di un semplice mozzo, per cercarlo.

Le lacrime mi si erano ben presto asciugate sul volto e la speranza si era inaridita ad ogni porto in cui sbarcavo, senza trovare alcuna indicazione su dove Damiano potesse trovarsi.

Il resto della ciurma non parlava mai di pirati e, se lo faceva, era per maledirli e pregare che non trovassero mai un pretesto per attaccare un semplice mercantile, come quello su cui ci trovavamo.

Essendo l'ultima arrivata, mi toccavano i compiti più degradanti e faticosi, tra cui fare la vedetta per gran parte della notte.

Dato che i nostri carichi comprendevano principalmente sale e pesce, che portavamo da una città all'altra, lungo le coste del mar Tirreno, solitamente non prestavo particolarmente attenzione agli ordini che mi venivano impartiti quando ero di vedetta, e trascorrevo il tempo a dormire e ammirare le stelle, chiedendomi dove Damiano potesse trovarsi in una notte simile.

Tutto cambiò quando, a fine Luglio, il capitano della nave caricò un baule molto pesante, che si diceva contenesse una grande fortuna e lo fece portare nella sua cabina.

Da quella notte mi venne consegnata una spada durante le mie veglie notturne e rinacque in me la speranza che credevo aver perduto per sempre.

Ero certa che il capitano David non si sarebbe lasciato fuggire un'occasione simile: un baule con all'interno un tesoro, una semplice nave mercantile nel bel mezzo del Mar Tirreno...

Passavo le notti sul ponte ad osservare l'orizzonte illuminato dalla luna e dalle stelle, e aspettavo, con le dita che mi tremavano per l'impazienza e il cuore che mi martellava rumorosamente in petto.

Mi chiedevo se il capitano David mi avrebbe riconosciuta vestita da mozzo, con i capelli strettamente raccolti sotto al cappello che non toglievo mai, con il viso sporco e le mani rovinate dal lavoro.

Dopo tre notti tranquille, trascorse ad osservare l'orizzonte e a sognare ad occhi aperti, la quarta notte notai finalmente una nave all'orizzonte.

Non suonai la campana dell'allarme e non chiamai nessuno, rimasi semplicemente ad osservare la silhouette scura, fiocamente illuminata da una luna sottile, della nave in avvicinamento.

Erano sicuramente pirati, il che mi portava a sperare che potesse trattarsi della Marlena, anche se ero consapevole che le probabilità erano fin troppo misere.

Il manigoldo e la duchessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora