2. Compleanno

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Roma, 1820

Rividi gli occhi indimenticabili del barone Damiano David durante il ricevimento, organizzato da mio padre, per il mio sedicesimo compleanno.

La sua audacia emergeva dal suo abbigliamento stravagante.

La tunica variopinta che indossava rimandava a luoghi esotici e inafferrabili.

Dalla terrazza su cui mi trovavo, discorrendo amabilmente con l'unica dama da compagnia rimastami, avevo una completa visuale del giardino e degli ospiti che vi si intrattenevano.

Annarita si scusò e si allontanò, lasciandomi sola.

Subito pensieri sgradevoli adombrarono la mia mente.

Entro pochi mesi mi sarei dovuta concedere in moglie al duca Raggi della Rovere, che aveva recentemente e non con poco entusiasmo accolto la possibilità di unirsi in matrimonio. Mio padre aveva accettato di buon grado tale proposta, animato dalla prospettiva del vile guadagno che vi avrebbe ricavato.

«Tout l'univers obéit à l'Amour — Aimez, aimez, tout le reste n'est rien».

(N.d.A. "Tutto l'universo obbedisce all'amore — Amate, amate, tutto il resto è niente", Jean de La Fontaine)

Il mio cuore perse un battito.

Sussultai impercettibilmente al suono di quella voce vellutata, il cui ricordo mi aveva a lungo infiammato le notti.

Sollevai lo sguardo, incrociando brevemente quello ardente del barone David. Le mie gote si accesero di un vivido rossore e istintivamente mi portai la mano avvolta dal raso bianco alla bocca, cercando di non rivelare il piacere provato nel riaverlo così vicino.

«Barone», mormorai con un lieve inchino.

Cancellò la poca distanza tra i nostri corpi e prese dolcemente la mia mano guantata, avvicinandola al suo volto. Le sue labbra si posarono brevemente sul dorso, poi con uno scatto felino girò la mia mano, esponendo alla sua vista il mio polso candido. La sua bocca vi si appoggiò, creando un dolce e famelico languore nelle mie membra.

L'intensità di quel gesto mi fece indietreggiare.

Mi accasciai sulla balaustra del terrazzo, col petto che si alzava e abbassava in modo convulso, seguendo il ritmo del mio respiro agitato.

«Perdonate la mia audacia. Quando vi vedo mi sento come Icaro; mi è impossibile non avvicinarmi a voi e godere della vostra bellezza, che fa impallidire il sole».

«Non pensiate che la vostra sfrontatezza possa essere cancellata da queste effimere lusinghe».

Il barone rise sommessamente, inclinando di lato il capo, permettendomi di scorgere la virilità della sua mascella.

«Una passeggiata nei giardini potrebbe riparare l'offesa recatavi?»

Mi porse il braccio, lo sguardo malizioso sembrava sfidarmi ad accogliere la sua proposta.

Con titubanza appoggiai la mia mano sul suo braccio e ci dirigemmo con passo felpato verso il giardino.

Passando accanto al labirinto i suoi occhi s'illuminarono: «Vi andrebbe di assecondarmi e giuocare con me?»

Lo scrutai senza capire i suoi intenti.

«Avete mai giocato a nascondino nel labirinto?»

Capii le sue intenzioni e arrossii: «Intendete ora? Sarebbe sconveniente...»

«Nel caso vi dovessi trovare, vi darò il mio presente per il vostro compleanno».

«E se non mi doveste trovare?»

Il manigoldo e la duchessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora