***La donna mi fece cenno di bussare, per poi girare i tacchi, lasciandomi lì da solo.
Feci un grosso respiro facendomi coraggio e bussai alla porta. ***«Avanti» sentii dire da un timbro di voce maschile dall'altra parte della porta, sarà lo psicologo.
Entrai nella stanza con lo sguardo rivolto verso il basso, avevo il cuore a mille.«Accomodati pure» mi invitò lui, notando quanto fossi agitato e in imbarazzo, mentre cercava in una pila di fogli di carta sulla scrivania.
Lo guardai con la coda dell'occhio, e riuscii ad intravedere solo i capelli mossi color nocciola abbastanza lunghi che gli ricadevano sulla fronte e degli occhiali da vista appoggiati sul naso; non mi aspettavo uno psicologo così giovane, anche perché da queste parti era molto conosciuto.Feci un inchino verso di lui per poi accomodarmi su una delle due sedie in plastica che si trovavano di fronte alla scrivania.
«Tu sei Jeon Jungkook, dico bene?» mi chiese, tenendo lo sguardo su un foglio preso precedentemente.
Annuii semplicemente.
«Io sono Kim Taehyung- mi porse la mano, che strinsi- e sono l'assistente del dottor Lee, ha affidato a me il tuo caso.»
Non risposi, in realtà non sapevo come e cosa rispondergli, non volevo nemmeno essere lì.«Bene- alzò gli occhi verso di me-parlami un po' di te» disse, appoggiando i gomiti sulla scrivania.
«Mi chiamo Jeon Jungkook, ho 21 anni, e mi sono trasferito da poco qui a Seoul, insieme a mia nonna.» sputai, tenendo lo sguardo fisso sulle mie gambe.
«okay Jungkook, parlami della tua famiglia» a quelle parole persi qualche battito, le mie gambe iniziarono a tremare e sentivo gli occhi farsi lucidi.
«L-la mia famiglia- deglutii, sperando che quel nodo formatosi alla gola potesse scendere in qualche modo- sono andati via tempo fa, per sempre.» una lacrima si fece spazio sulla mia guancia, seguita poi da molte altre.
No, non avevo ancora superato la loro perdita, ricordo quella notte come se fosse ieri...«Quanto tempo fa?» mi chiese lui, con voce spezzata, forse non se l'aspettava un mio sfogo, o almeno, non a inizio seduta.
«9 mesi fa, in un incidente- sospirai, asciugandomi le lacrime con la manica della felpa- eravamo tutti e quattro in macchina, io, i miei genitori e mia sorella» risposi tutto d'un fiato, iniziando ad avere pian piano il battito e il respiro irregolare. Non potevo cedere di nuovo, non qui.«Finalmente vi porto in montagna» esclamò mio padre, sorridendo a trentadue denti.
Erano anni che ci ripeteva sempre di volerci portare in gita, ma purtroppo, era sempre fuori per lavoro.
«Perché non ci facciamo una foto? per ricordare al meglio questa giornata» esclamò entusiasta mia madre, che ultimamente voleva apparire 'giovane', iniziando ad usare i social network, cosa che a me non apparteneva, odiavo i social e tutte le persone che ne facevano parte.Mille pensieri in quel momento mi passarono per la testa, ma non avevo intenzione di dire nulla, non avevo voglia di parlare con un estraneo. Lui non capirebbe, o almeno, sottovaluterebbe l'accaduto, ovviamente ascoltarmi è il suo lavoro, ma non mi piaceva l'idea che tutti sapessero, era una cosa mia, che apparteneva solo a me.
«Jungkook mi senti?» mi risvegliò dai miei pensieri, abbassando la testa di lato, scrutando il mio sguardo. Annuii frettolosamente.
«Ti va di parlarne?» mi disse con voce rassicurante, quasi sembrava convincente.
«No» risposi, secco.
«.. capisco» ci era rimasto male, lo notai perché cambiò tono di voce.
«È inutile che ti fingi interessato- quasi accennai un sorriso alle mie parole- so che è il tuo lavoro quello di ascoltarmi, e ti capisco, ma tu non conosci me ed io non conosco te» lo lasciai perplesso, ma prima che potesse darmi una risposta, continuai «io non volevo nemmeno venirci, è stata mia nonna a prendere appuntamento per me» mi alzai dalla sedia, dirigendomi verso l'uscita, deciso a voler lasciare tutto e tornare a casa, come avevo sempre fatto.«No aspetta» mi bloccò il polso, non facendo troppa forza, invitandomi ad accomodarmi nuovamente.
«Si, è il mio lavoro, ma non è detto che io non voglia ascoltarti, sul serio» sorrise, facendo risaltare la- buffa- forma del suo sorriso rettangolare, rassicurandomi.«Parliamo di qualcos'altro- prese posto sulla sua sedia in pelle, di fronte a me- situazione sentimentale?» lo sentii ridacchiare alla sua stessa domanda, in qualche modo, quel ragazzo mi trasmetteva allegria.
«emh..- feci qualche colpo di tosse- no»
«no non è una risposta- si sistemò con un dito gli occhiali sul naso, tirandoli leggermente su- non ti interessa nessuna ragazza?» quasi mi venne da ridere a quella domanda, ragazza non era il termine adatto, ma decisi di non dire nulla, di nuovo.
«Nessuna» lo sentii sospirare, quasi rassegnato.Bussarono alla porta. «avanti» disse lui, assumendo una espressione seria.
Pensai che il suo essere così serio fosse semplicemente una maschera, per non apparire 'strano' agli occhi degli altri, eguagliandosi alla massa, ovviamente era la scelta più facile per tutti.«È passata un'ora, c'è un'altra visita per lei dottor Kim» entrò la segretaria nello studio, avvicinandosi a me.
«Di già?- abbassò lo sguardo verso il suo orologio da polso, spalancò gli occhi, sembrava avesse visto un fantasma, quasi mi venne da ridere alla sua espressione sconvolta- allora Jeon, ci rivedremo?» alzò lo sguardo verso di me.
feci spallucce, se fosse per me non ci sarei tornato, ma dovevo considerare anche il volere di mia nonna.
Mi strinse la mano sorridendo a trentadue denti, congendandomi.
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sᴀᴠᴇ ᴍᴇ ғʀᴏᴍ ᴍʏsᴇʟғ ❦ᵗᵃᵉᵏᵒᵒᵏ
Fanfiction«Tu sei Jeon Jungkook, dico bene?» annuii. «Io sono Kim Taehyung- mi porse la mano, che strinsi- e sono l'assistente del dottor Lee, ha affidato a me il tuo caso.» Dove Jeon Jungkook non ha una vita facile, e per volere di sua nonna, va dallo psico...