Capitolo 2

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Man mano che i giorni passavano, dentro di me cresceva la voglia di conoscere quel ragazzo dalle piume colorate e penzolanti: desideravo trascorrere un po' di tempo a cullarmi con la sua voce graffiante e quasi roca che avevo avuto l'occasione di ascoltare soltanto una volta.
Un giorno, a ricreazione, il mio snack rimase incastrato tra il vetro della macchinetta e l'apposito espositore. Lui era in fila dietro di me e, quando vide che ero in difficoltà, con una forte spinta fece scendere giù la mia merenda.
Poi mi sorrise e mi disse: "ho rischiato di rompermi una spalla, ma almeno ne sarebbe valsa la pena".
Subito dopo mi fece l'occhiolino.
A quelle parole arrossii, e gli feci un semplice sorriso per ringraziarlo del gesto appena compiuto.
Maledetta timidezza. A volte non vorrei essere così timida, mi sono sfuggite tante occasioni nella vita proprio a causa di questo mio "difetto". Ho molti rimpianti adesso, ma ahimè non posso farci nulla.
Quella volta, prima di tornare in classe, mi soffermai a pensare a ció che era appena accaduto e arrivai ad una conclusione: quel ragazzo era stato davvero carino con me.
E poi la sua voce era...era cosí seducente.
Da quel momento in poi, ogni volta che ci incontriamo per il corridoio di scuola, ci scambiamo un occhiata e poi un sorriso malizioso. Ma non ho ancora avuto l'opportunità di parlarci una seconda volta.
Non so addirittura come si chiama...

Oggi peró, mentre stavo andando in bagno, è successa una cosa molto imbarazzante.
Stavo camminando a testa bassa poichè ero nuovamente immersa nei miei pensieri e...BOOM, mi scontrai con qualcuno finendo a terra.
Alzai lo sguardo e indovinate chi era? Lui.
Che figuraccia, cavolo.
"Scusami, scusami, scusami davvero tanto. Non ti avevo visto" - dissi imbarazzatissima.
"Tranquilla" - mi rassicurò lui, allungandomi anche una mano per aiutarmi.
Una volta in piedi, lo fissai negli occhi attentamente, fino a quando quel momento non fu interrotto dalla nostra risata rumorosa che si prolungò per qualche secondo.

"Comunque, piacere io sono Federica" - dissi io d'un tratto pentendomene subito.
"Oh si, non ci siamo ancora presentati. Io sono Filippo, ma puoi chiamarmi Irama" - rispose lui grattandosi la nuca con una mano.
Probabilmente era in imbarazzo, proprio come me.
Irama? perchè Irama? Non c'entrava assolutamente nulla con Filippo, perchè mai avrei dovuto chiamarlo in quel modo strano?
Non ebbi tempo di chiederglielo, che suonó la campanella di fine ora.
"Scusa, devo scappare. Ho il compito ora" - disse lui frettolosamente.
"Ma certo, va pure" - lo rassicurai.
Ci guardammo un'ultima volta e poi lui se ne andó lasciandomi lí con il sorriso stampato sulla faccia come un'ebete.

Aiuto. Aiuto. Aiuto. Solo questo era in grado di pensare.
Non vedevo l'ora di raccontare tutto alle altre, sarebbero impazzite minimo quanto me.
Infatti, quando vennero al corrette di tutto ció, andarono di matto e cominciarono a farsi film mentali giganteschi.
Che matte.
Anche se un po' le capivo: anch'io ogni tanto mi faccio dei viaggi mentali assurdi su Filippo. Devo ancora capire perchè si fa chiamare Irama.
Ma cosa vuol dire? Bah.
Devo aggiungerlo alla lista delle cose che desidero chiedergli.

Quel ragazzo con le piumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora