Capitolo 12

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Sono sul punto di andarmene ma, non appena varco la soglia della porta d'ingresso, sento una mano afferrarmi il polso.
"Aspetta, Federica" - dice Filippo con la voce tremolante, come se stesse per scoppiare in un pianto isterico.
Il fatto che mi ha chiamata 'Federica' anziché 'Fata' come fa di solito mi trasmette un po' di ansia, lo ammetto.
Non mi ha mai chiamata per nome, ha sempre utilizzato il nomignolo 'Fata' per me.
Inarco leggermente il sopracciglio sinistro e mi volto velocemente verso di lui, riuscendo anche a liberarmi dalla sua mano che mi manteneva il polso.
Noto subito che i suoi occhi sono colmi di stanchezza e di dolore: povero il mio Fil, perchè mi fai questo?
Perchè ti fai questo?

"È sempre quella roba" - ammette poco dopo sospirando.
"Non ho scampo, Fata. Non ho scampo"
"Cosa devo fare? Cosa?" - continua.
E a questo punto io non posso fare altro che abbracciarlo forte, avvolgerlo con con le mie braccia che, sebbene siano piccole ed esili, spero possano farlo sentire al sicuro.
"Sta tranquillo, Fil. Ci sono io ora con te"
Gli accarezzo dolcemente i capelli mentre sussurro queste parole per rassicurarlo: provo davvero tanta compassione nei suoi confronti, ma in fondo so che è un ragazzo forte e che riusicrà a superare questo momento difficile e ad alzarsi piú forte che mai.
Io confido in lui e, se ci sarà bisogno, lo aiuteró.

"Dai, adesso mettiamo tutto in ordine" - cerco di sdrammatizzare.
Cosí dicendo mi stacco dal suo corpo: ci siamo abbracciati per qualche minuto, e giuro che sarei rimasta in quella posizione per ore ed ore.
"D'accordo" - sospira lui tirando su col naso.
So che dai suoi occhi è scesa qualche lacrima perchè avverto che la mia maglietta, in corrispondenza della spalla, è leggermente bagnata, ma non m'importa.

Iniziamo a riordinare la stanza e, nel frattempo, m'immergo nei miei pensieri.
Sinceramente non so cosa pensare: mi pare tutto cosí strano.
La mia mente, in questo istante, non riesce a fidarsi di Filippo, mentre il mio cuore...il mio cuore non lo so.
Io conosco Filippo, conosco la sua storia, conosco le sue passioni, conosco la sua vita, so quanto ha sofferto nell'ultimo periodo.
E poi, sento di provare qualcosa di forte per lui...qualcosa di abbastanza forte che va oltre il suo problema con l'eroina.
No, lui non ha un problema: non è dipendente, per fortuna.
È solo che quella maledettissima roba ti fa stare male: anche se la assumi una sola volta ti penetra dentro e ti lacera persino l'anima.
Per sconfiggere sbalzi d'umore, dolori atroci alla testa e la voglia irrefrenabile di assaporare un'altra dose di quella droga bisogna combattere.
Combattere e basta.
Combattere, combattere e combattere ancora.
Sarà difficile, lo so: mio nonno ha dovuto affrontare questa stessa situazione.
Lui non era dipendete dalla droga, ma dal fumo: fumava in continuazione, era capace di consumare due pacchetti di sigarette al giorno che sono cira venti sigarette al giorno, centoquaranta alla settimana, cinquecentosessanta al mese.
Non poteva andare avanti cosí: si stava autodistruggendo, ben presto i suoi organi avrebbe smesso di funzionare e se ne sarebbe andato per sempre.
La nonna lo ha assistito, lo ha assistito con molto amore per evitare che...che morisse.
Ma lui non ce l'ha fatta, e ci ha abbandonati.
Quando acccadde tutto questo, io ero molto piccola: tutt'ora ho pochi ricordi di lui, ma quelli che custodisco sono preziosissimi e non permetto a nessun altro di conoscerli.

Un giorno mi si avvicinó e mi disse sussurrando nell'orecchio:
"Piccola Federica, guarda cos'ho qui" - aprí poi la mano che era serrata a pugno.
Al suo interno vi era un cioccolatino.
Me lo porse ed io ricambia quel piccolo regalo con un sorriso.
"Ricorda: nella vita, un momento di gioia vale un momento di dolore"
Dalla mia espressione intuì che non avevo compreso ció che mi aveva appena detto, cosí mi spiegó.
"Quindi, la tua felicità nell'aver ricevuto questo cioccolatino potrà spegnersi nel momento in cui questo si scioglierà. Oppure, se mangerai il tuo cioccolatino impedendo al sole di scioglierlo, potrai continuare ad essere felice"
Così dicendo mi toccó la punta del naso e si allontanó per tornare alle sue faccende.
Io non volevo che il cioccolatino si sciogliesse cosí lo misi subito in bocca e assaporai piacevolmente il suo gusto.
Era un cioccolatino al latte, il mio preferito.
Non avevo ancora ben capito cosa stesse cercando di dirmi il nonno, perchè i miei pensieri erano concentrati su quel cioccolatino che mi stava facendo venire l'acquolina in bocca.
Tutt'oggi ricordo quella frase e sono piú che sicura di aver appreso il suo significato correttamente: "nella vita, un momento di gioia vale un momento di dolore"
Aveva proprio ragione mio nonno.

Nessuno mi riveló come mai il nonno non era piú seduto su quella seggiola di legno, fuori in giardino, a fumare la sua solita sigaretta.
Nessuno lo fece, solo quando diventai piú grande scropii che era stato prorpio il funo ad ucciderlo.
Ci rimasi molto male, ma ormai mi ero abituata alla sua assenza e piangerci su non avrebbe di certo cambiato la situazione.

Proprio per questo motivo, sono disposta ad aiutare Filippo e a stargli vicino anche in questo momento perchè tengo davvero tanto a lui e non permetterò a niente e a nessuno di separarci.
Non voglio che lui faccia la stessa fine di mio nonno.
Allo stesso tempo, credo che mi abbia mentito o meglio, credo che non sia stato sincero al cento per cento con me.
Non so perché io abbia questo presentimento, ma purtroppo ce l'ho e devo far in modo di scoprire la verità.
Non so come, ma devo riuscirci.
A tutti i costi.

Quel ragazzo con le piumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora