Capitolo 18

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"Ma dov'eri finita, Federica?" - mi domanda la mia amica non appena mi vede entrare dalla porta d'ingresso del locale.
Preferisco non darle retta per evitare di dire altre bugie e rischiare di essere scoperta.
Dopo aver dato gli auguri a Carmen e aver parlato con lei per qualche minuto, ritorno vicino l'entrata ma mi accorgo di non essere piú in compagnia di Emma: è come scomparsa, non è nemmeno nei paraggi.
"Forse sarà andata in bagno"- penso.
Decido cosí di attendere un po' lí quando una voce richiama la mia attenzione.
"Ragazze, questa sera voglio divertirmi come non mai" - dice qualcuno alle mie spalle.
È Valentina.
Ancora lei, che palle.
"Ragazze gne gne, questa sera voglio divertirmi come non mai gne gne" - imito nella mia testa la sua voce stridula.
"Chissà se ci sarà anche quel figo di Filippo Maria Fanti" - la sento starnazzare ancora.
Lo sapevo che prima o poi avrebbe detto una cosa simile.
La odio, la odio, la odio.
Cerco di mantenere la calma e torno con i piedi per terra: ma Emma?
Non è ancora tornata, dunque dubito sia andata in bagno.
All'improvviso l'occhio mi cade su alcuni divanetti situati più o meno al centro della stanza: lí sopra ci sono seduti Emma e Simone, i due piccioncini.
Sapevo che si sarebbero incontrati e che Emma mi avrebbe lasciata sola.
Sospiro e mi dirigo verso il bar per prendere qualcosa da bere.
Mi siedo su uno degli sgabelli che si trovavano proprio davanti il bancone e attendo che il barista finisca di servire i ragazzi arrivati prima di me.

"Sei sola?" - una voce maschile si fa spazio tra la musica ad alto volume e le altre voci.
Ignoro quel suono e spero che il barista si muova in modo da potermi alzare al più presto da lí.
So che si tratta di uno di quei soliti ragazzacci da discoteca che tormantano le ragazze fino ad ottenere ció che vogliono.
"Sto parlando con te, rossa" - ancora quella voce.
"Si" - rispondo freddamente senza neanche voltarmi.
"Vabene, allora mi siedo"
Questa volta mi giro e mi ritrovo davanti un uomo non molto adulto, di poco più di venticinque anni, con barba e capelli scuri, muscoloso, alto, possente. Sembra un bodyguard, non è sicuramente uno degli invitati considerando che frequentiamo tutti la stessa scuola e che abbiamo tutti più o meno la stessa età.
Ha preso posto su uno sgabello di fianco al mio, ma io l'ho ignorato nonostante mi abbia rivolto la parola poco fa.

"Una birra" - lo sento rivolgersi al barista.
"A-anche per me" - approfitto per prendere qualcosa anch'io.
"Non sei troppo piccola per bere?" - mi domanda quell'uomo.
"Naah" - dico mimando una smorfia di disapprovazione nei confronti di ció che aveva appena detto.
"Voi ragazzini siete tutti uguali" - afferma accennando un sorrisetto malizioso sulle labbra che a mala pena si puó vedere a causa della barba troppo lunga.
"In che senso, scusi?"
"Scusi? Mi dai anche del lei?" - si lamentò.
E in questo momento mi viene in mente di quando il nonno mi diceva sempre "mi raccomando piccola, quando ci sono persone intorno a noi non chiamarmi "nonno", ma chiamami per nome. Sono troppo giovane per essere già nonno, non credi?"
Questa sua richiesta mi faceva sempre tanto ridere: a me non importava se mio nonno fosse giovane o vecchio, era pur sempre mio nonno.

"In che senso, scusa?" - mi correggo ponendo l'accento su quest'ultima parola.
Lui si mette a ridere ed io lo accompagno pensando che forse non era il caso di dare del lei ad un venticinquenne in una discoteca tra l'altro.

"Comunque piacere, Lorenzo" - mi dice porgendomi la mano.
Ripeturamente sposto lo sguardo dal suo viso alla sua mano, dalla sua mano al suo viso cercando di capire cosa fosse opportuno fare.
"Federica" - rispondo stringendo la sua mano come è solito fare in queste occasioni.
"Le vostre birre, signori" - interrompe il barista.
Scoppiamo a ridere entrambi per via di come il barista ci aveva chiamati: "signori".
"Ma sembro davvero cosí vecchio?" - mi domanda ancora ridendo.
"Ma figurati. Ed io cosa dovrei dire allora?" - gli rispondo.
In quel momento mi passano per la mente le parole che mi aveva detto Filippo: "occhi aperti", "non approfittare della mia bontà", "io mi fido di te", "so che sei con Emma".
E invece non sono con Emma: sono con uno sconosciuto che, tra l'altro, non è nemmeno un invitato della festa di Carmen.
Mi sporgo leggermente piú in avanti per vedere se Emma fosse ancora seduta su quei divanetti: si, è ancora li per fortuna.
Non vedo l'ora di andramene.

"Come mai sei qui?" - mi domanda quel Lorenzo continuando a gustare la sua birra.
"Sono stata invitata al compleanno di una mia amica" - rispondo continuando a tenere d'occhio Emma e sperando che da un momento all'altro si alzi.
"Ma...ma cosa stai guardand?" - domanda guardandomi stranito.
Cosa? E come aveva fatto ad accorgersene?
"Eh? No, niente...è solo  che c'è una mia amica di là"
"Ah" - sospira seguendo la direzione dei miei occhi per capire cosa stavo guardando.
"Senti ma...sei fidanzata?" - mi domanda d'un tratto accarezzadomi il braccio.
Sgrano gli occhi: ma ho sentito bene o cosa?
Si dai, credo di aver capito male.
O forse no.
"Scusa ma ora devo andare, ciao" - dico velocemente calando in un solo sorso tutta la birra che mi era rimasta nel bicchiere.
Corro da Emma con l'intenzione di andr via, ma ci ripesno subito quando vedo che lei e Simone si stanno baciando.
"E vabene, vorrá dire che torneremo piú tardi" - dico tra me e me.

La domanda di quel Lorenzo è stata piuttosto scomoda: ma come si permetteva uno sconosciuto di farmi una domanda del genere e per  di più accarezzarmi?
Che schifo.
Sapevo che non sarei dovuta vneire.
Un motivo in piú per odiare posti simili.

Poco dopo, esausta di vedere gente che balla e che tenta di avvicinarsi a me, raggiungo Emma che è ancora intenta a scambiarsi coccole con Simone.
Senza badare a ció che stanno facendo o dicendo, afferro Emma per il polso e la trascino fuori da quel posto.
Finalmente libera di tornare a casa.

Quel ragazzo con le piumeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora