Capitolo 9 - No Kat no party!

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La festa era ormai al culmine: la maggior parte delle persone erano ubriache marce, avevo perso il conto di chi era finito a vomitare anche l'anima.

Tra questi, però, avevo dovuto aggiungere anche mio fratello Travis che, al momento, dormiva a pancia in giù su uno degli sdrai. Non potevo accompagnarlo a casa e non mi fidavo abbastanza dei suoi amici per lasciarlo nelle loro mani, perciò inviai un messaggio a mia mamma avvisandola che sarebbe rimasto a dormire a casa di Luke.

Sapevo quanto mia madre si fidasse di me, perciò non mi preoccupai di aspettare una sua risposta; al momento era l'ultimo dei miei pensieri.

Ero ad una festa organizzata da me e i miei amici ed ero completamente lucida. Non avevo bevuto nemmeno un goccio e col passare dei minuti la voglia di ubriacarmi non faceva che aumentare. Ma per lo spettacolo che avevo allestito volevo essere del tutto sobria.
Un pensiero, però, mi tormentava: sarebbe venuto?

Erano ormai le due di notte - o del mattino, per come la si voleva vedere - e di lui nemmeno l'ombra. Magari aveva deciso di restare a casa, con la scusa di... che so, qualche compito arretrato. Qualcosa, però, mi diceva che si sarebbe presentato. Non era soltanto una festa, per lui era un'occasione per ferirmi ed ero sicura che non avrebbe rinunciato a questa possibilità, qualunque fossero le conseguenze.

Non avevo mai compreso il motivo di tanta cattiveria nei miei confronti; non gli avevo mai dato motivo di odiarmi, eppure era stato capace di farlo e, inevitabilmente, mi aveva portata sulla via della vendetta.

Da tempo a questa parte non facevo altro che aspettare quel senso di appagamento che speravo poter provare una volta averlo umiliato. Bramavo quella sensazione, come l'ultima goccia d'acqua in un arido deserto. Ed era forse quell'insano desiderio a consumarmi o il profondo odio nei suoi confronti?

Ad interrompere il mio monologo interiore furono numerose risate che coprirono il suono della musica, mettendomi sull'attenti. Come me, altre persone se ne accorsero e, come moscerini attirati dalla luce, ci dirigemmo verso l'ingresso, luogo da cui provenivano le risate. Spintonai le persone e mi fermai di botto quando mi trovai di fronte a Michael scoppiando, inevitabilmente, in una risata derisoria.

Indossava una maglietta verde trifoglio, dei pantaloni dello stesso colore e una specie di mantello improvvisato nero. Ciò che più lo rendeva ridicolo però, era che, per l'occasione, avesse persino tinto di verde i capelli. Il suo sguardo disorientato esaminava le persone presenti, ognuna di esse in costume da bagno, intente a deriderlo per il suo abbigliamento.

Annunciare a tutti il tema della festa all'ultimo momento e solo per messaggio, era stata una grande idea. Poi, inviare un messaggio diverso a Michael, rifilandogli un falso tema - in questo caso i fumetti - era stato un colpo di genio.

«Per caso è la stagione dei piselli?» domandai ad alta voce, provocando un'altra risata generale. Anche se, per la battuta di merda che avevo appena detto, avrebbero dovuto ridere di me.

Gli occhi di Satana mi individuarono e, in brevissimo tempo, il suo disorientamento venne sostituito da puro e semplice odio, le sue labbra si arricciarono in una smorfia sprezzante.

Consapevole della sua ostilità nei miei confronti mi sorpresi, quando, al contrario di ciò che mi aspettavo, uscì dalla porta principale senza pronunciare una singola parola. Nessuna sfuriata o sceneggiata, nessuna battuta, niente di niente.

Il sorriso di scherno impresso sul mio viso si dissolse improvvisamente, come sabbia mossa dal vento. Non mi sentivo per nulla appagata e, il sapore di quella sensazione che non vedevo l'ora di gustare, si sciolse come neve tra le mie labbra, abbandonandomi ad un senso di gelo che mi chiuse lo stomaco.

Broken || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora