X. LA NOTTE PORTA CONSIGLIO

6 4 0
                                    

Arthur riprese conoscenza nel cuore della notte. Georgeanne era in camera da


letto, assopita, stanca come una bambina dopo una giornata piena.


La luce che veniva dalla strada era poca e filtrata dai vetri sembrava rarefarsi


nell'ombra della sala.


Sapeva anche che quella sarebbe stata una lunga notte, come quelle che da un


po' di tempo gli facevano puntualmente compagnia.


Dalla strada sentiva i cani randagi abbaiarsi l'un l'altro per un misero boccone.


Attraverso la porta vedeva la sagoma di Georgeanne e si sforzava di


immortalare la sua immagine nella mente, in modo da poterla avere sempre vicina nel


momento del bisogno.


Le sue orecchie sentivano che fuori, la disputa tra gli animali si avvicinava e si


faceva sempre più accesa, ma poco importava ad uno nelle sue condizioni.


I suoi occhi restavano aperti, come se fossero stati bloccati in quella posizione.


Non li sentiva stanchi e gli bruciavano quando li chiudeva.


Poi un ringhio più forte, talmente distinto da avere l'impressione di essere così


vicino da poterlo toccare, lo fece balzare in piedi.


Percepì una fitta acutissima alla gamba, senza però riuscire a vedere nulla, solo


ombre e macchie nere.


Si fece indietro e cadde in terra.


Allora vide, immobile davanti alla finestra aperta del terrazzo, la sagoma nera di


un enorme cane.


La bestia gli fu addosso con un salto, gli morse in più parti il braccio e vi restò


attaccato nonostante il tentativo di Arthur di scrollarselo via.


Senza guardare, il ragazzo, afferrò qualcosa nel buio e cominciò a picchiare


sempre più forte.
Quando prese la scossa si accorse di aver rotto la lampada preferita di


Georgeanne, ma questo non gli impedì di continuare nella sua demolizione della


bestia.


Un colpo dopo l'altro, sentì prima allentarsi la presa, poi accasciarsi in terra


l'aggressore ed infine gli schizzi di sangue sul viso gli diedero quella soddisfazione


che lo portò a fermarsi esausto.


Georgeanne accese la luce, vide e gridò.


Sul volto provato di Arthur il sangue era una macabra maschera cerimoniale in


continuo movimento.


Il ragazzo fu aiutato ad alzarsi dal pavimento, si sedette a riprendere fiato.


Georgeanne si precipitò in bagno per prendere l'asciugamano, lo bagnò con


l'acqua fredda e lo appoggiò sulla fronte di Arthur. Il suo naso grondava come un


rubinetto rotto. Poi prese del disinfettante e lo passò sulle ferite del braccio e della


gamba.


-Arthur, che cosa è successo?-, gli scandì, guardandolo negli occhi.


-Arthur, riesci a ricordare cosa è accaduto prima che accendessi la luce?-, disse


quasi piangendo mentre stringeva a sé il ragazzo in stato confusionale.


-Cos'è successo?-, disse Arthur all'improvviso, quasi svegliandosi da un sonno


leggero.


-Non riesco a ricordare... Ho solo mal di testa.-


Arthur era tornato in sé, ma quello che gli si presentava davanti non era uno


spettacolo rassicurante, tutt'altro: la stanza messa a soqquadro, una lampada


distrutta, tavolo e salone ammaccati, e macchie di sangue ovunque.


-Sta diventando pericolosa questa storia.-


Arthur si calmò tra le braccia della ragazza e le raccontò quello che aveva


vissuto poco prima.


-Arthur, devi riuscire a renderti conto che sono solo allucinazioni.


Nella stanza non ci sono animali: cani o lupi che siano.


Ti sei morso un braccio e sei quasi riuscito a macellarti una gamba con la


lampada.


Non capisco se sia una forma di autosuggestione esasperante, ma credo che sia


giunto il momento di un ricovero, anche solo cautelativo.-


Stesi i vestiti macchiati di sangue in bagno, Arthur era tornato al letto.


Abbracciava Georgeanne alla vita, come un bambino che ha paura del buio.


Però era rilassato, il suo viso sereno mostrava che aveva recuperato la pace che


lo avrebbe portato, suo malgrado, a fare un giro nel mondo dei sogni.

DamnationDove le storie prendono vita. Scoprilo ora