16 marzo 2014, 23:00

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Dolce Martina

Sono appena tornata! Ho ancora le farfalle nello stomaco, mi gira ancora la testa... Dio, è stato così bello!
Giusto, giusto, tu non sai niente. Dammi un secondo per calmarmi e poi prometto di spiegarti tutto.
Ok, adesso sto meglio, sono quasi calma: mi sono fatta una doccia fredda e ora riesco a respirare... però le farfalle sono ancora qui.
Ero alla Corte, il luogo in cui, negli ultimi mesi, ho trascorso tutti i miei weekend. C'erano molti miei amici e c'era Rubio, che per una volta era lì senza Benji e Dim.
Stamattina ho deciso che questa sarebbe stata la grande serata, la serata in cui mi sarei dichiarata. Mi sono preparata il discorso, provandolo mille volte davanti allo specchio, con Giulia e perfino con Mattia. Non ero così emozionata da mesi... Peccato che non vada mai niente secondo i piani. Io e Rubio siamo riusciti ad allontanarci dagli altri. Abbiamo girato a vuoto chiacchierando.

«Ti devo confessare una cosa importantissima...» inizio sollevando gli occhi per osservare il suo viso. In quest'esatto istante mi manca il coraggio. Fifa bestiale, paura della risposta... e quindi silenzio assoluto da parte mia.
Lui mi fissa aspettando il resto, ma proprio non ci riesco. E allora dico la prima cosa che mi passa per la mente.
«Qual è la tua pizza preferita?» mi guarda come se fossi un'aliena che ha quattro occhi. Che figura di merda. Cerco di rimediare in tutti i modi.
«Ti faccio dieci domande... tu rispondi, voglio conoscerti meglio.»
Lui ovviamente pensa a uno scherzo e quindi accetta.
Gli pongo i quesiti più idioti del mondo: dalla sua pizza preferita, a cosa non farebbe mai nella vita, le sue opinioni personali sul Comunismo, i vegani, le ragazze con le unghie finte. Ridiamo, ridiamo e ridiamo ancora. Degli altri ci dimentichiamo in fretta, ma l'orologio scorre e l'arrivo di papà si avvicina.
Quando mi resta solo un quarto d'ora finalmente trovo la forza, mi decido e sparo l'ultima fatidica domanda.
«Si vede tanto che tu mi piaci?» Sono tutta rossa, ho le mani in tasca e gli occhi bassi.
Riccardo sorride, contento del fatto che finalmente gli pongo una domanda sensata. «Giusto un pochino...» risponde malizioso. Divento ancora più rossa, praticamente bordeaux, mi volto, per evitare di vedere la sua espressione.
«E ciò è positivo o negativo?» continuo con un filo di voce.
«No, così non vale...» fa lui, lasciandomi perplessa. Non mi volto lo stesso. Fisso il pavimento. Avverto il suo respiro caldo alle mie spalle. Provo a rilassarmi, ma non ci riesco.
«Questa è l'undicesima domanda» sogghigna abbracciandomi da dietro. Mi sciolgo all'istante mentre le sue braccia mi avvolgono. Poggia le mani sui miei fianchi e avverto il calore della sua pelle sopra ai miei vestiti.
«Decisamente positiva» riprende, costringendomi a voltarmi.
Sto per svenire. Cazzo. Calma. Dentro, fuori, respira.
«... E ti piacerebbe stare con me in un futuro prossimo o remoto?» chiedo, guardandolo finalmente in faccia.
«Perché remoto, scusa? Il futuro prossimo mi sembra già abbastanza lontano.»
La sua risposta è la perfezione. Te l'ho detto che quando vuole sa essere serio, sa essere romantico, sa cogliere l'attimo.
Avvicina il suo viso al mio, le sue labbra sono a pochi centimetri dalle mie. Mi cedono le ginocchia e penso che cadrei se non ci fosse lui a sorreggermi. Per sicurezza mi appoggio al muro.
«Posso?» Oddio! Mi sta chiedendo il permesso? Gli rispondo accarezzandogli una guancia e sorrido. Appoggia le sue labbra sulle mie. Un bacio leggero, delicato, solo un soffio. Ma a me va bene così. Meglio non correre, facciamo le cose con calma. Alzo gli occhi su di lui e una strana sensazione si fa largo dentro di me: è calda, però mi fa tremare; è soffice, però graffia; è bella, ma mi spaventa. Comunque il buon padre ha scelto quel momento per chiamare avvisandomi che mi aspettava nel parcheggio e quindi il tutto si è concluso in questo modo: senza nessuna conclusione reale.

p.s. con il termine buon padre, intendo papà, non Dio.

Aspetta: mi è arrivato un messaggio.
È lui.
«Quando ci rivediamo?»
Ok, se prima stavo per svenire, adesso sono a un passo dall'arresto cardiaco.
«Domani va benissimo.»
Sono troppo diretta? Non dovrei fargli vedere quanto mi piace? Troppo aperta e ingenua? Lo so, tu consiglieresti cautela, ma sono troppo presa, troppo felice per seguire i tuoi avvertimenti, Martina mia bella.

Ah, tutta la meravigliosa scena che ti ho descritto (il bacio e tutto il resto) è avvenuta nei bagni della Corte. Non sto scherzando! È l'unico posto in cui potevamo stare senza i miei curiosissimi amici, che non perdevano occasione per pedinarci.

Oggi ho fatto una verifica di latino, penso sia andata bene.
In classe abbiamo riso a crepapelle nell'ora del prof Seneca: alcune mie compagne gli hanno fregato la merenda, una maturissima banana, se la sono mangiata e hanno buttato i resti nel cestino. Lui, dopo l'intervallo è entrato in classe, si è avvicinato alla cattedra e si è messo le mani sul viso e con finta ira ha gridato: «Chi di voi si è fottuto la mia banana?!» e noi giù a ridere, mentre lui interpretava una serie di espressioni buffissime.
«Lo so che l'avete presa voi, piccole pervertite! La mia banana!!»
Ti giuro che stavo morendo.


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