III. CONOSCENZA

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Such a beautiful view

III. CONOSCENZA


Hanno entrambi scelto il pontile senza dirselo. Nessuno dei due ha seguito i piedi dell'altro, hanno semplicemente compiuto gli stessi passi di comune e tacito accordo.
Taemin è seduto a cavalcioni sul cornicione che si affaccia sul mare, non ha mai avuto paura delle altezze lui, e nemmeno dell'oceano. La paura è un sentimento troppo difficile da comprendere per chi vive di pancia, per chi non ha mai avuto niente da perdere.
Minho invece resta -al sicuro- in piedi, si limita ad affacciarsi sul mare con le braccia e con gli occhi curiosi.
Il vento scompiglia i capelli di entrambi e più in profondità arriva fino ai loro pensieri, silenziosi, incerti. Forse anche simili.
Per un po' non dicono niente, ogni tanto si lanciano sguardi, si studiano. Poi Taemin parla, è il primo a rompere il silenzio.
«Ho detto che ti avrei risposto ma prima voglio sapere una cosa, prima tocca a me farti una domanda. Ti sta bene?»
Minho si volta a guardarlo, annuisce. Sa a cosa dovrà rispondere, è semplice; deve togliergli ogni dubbio, fargli capire che l'ha seguito per puro caso. Rassicurarlo.
Quello è il primo punto da chiarire se vogliono concedersi una tregua, se vogliono provare a conoscersi davvero. Lo sanno entrambi che sono lì per quello anche se non se lo sono detto.
È il primo passo da compiere, poi verranno gli altri. Come il Domino, basta buttare giù il primo tassello e gli altri lo seguiranno a ruota senza nessun'altra mossa.
Bisogna solo sperare che il meccanismo funzioni, ma quello sta a loro. Il destino li ha messi uno di fronte all'altro in più di un'occasione, ha fatto la sua parte, adesso è tutto nelle loro mani.
«Perché mi hai seguito?»
«E perché tu non hai permesso che te lo spiegassi quella sera
Minho si morde le labbra, quella frecciatina gli è letteralmente sfuggita, dannazione. Anzi, è sfuggita al suo orgoglio che è sempre in prima linea. Eppure lo sapeva che la domanda sarebbe stata quella, era peparato, doveva solo rispondere con sincerità.
Taemin alza gli occhi al cielo, con una mano si porta indietro i capelli dal viso e sulle sue labbra è visibile un sorriso appena accennato. Una gamba inizia a dondolare frenetica.
«Minho, tu non conosci me come io non conosco te, partiamo da questo. Io...sono fatto così, va bene? Mi ero innervosito, e forse anche spaventato, lo ammetto. Un perfetto sconosciuto mi segue nel cuore della notte in un punto della spiaggia dove solitamente non passa un'anima, ed io cosa dovevo fare? Stare a sentire tutta la storiella? Scusami, ma io non sono il tipo che assimila, metabolizza e poi reagisce. Io reagisco e basta. E fidati, sei fortunato che non ti abbia preso a pugni.»
Minho libera una risata nell'aria. Viva la sincerità, questa volta è palese nella sua storia.
«Hai ragione, scusami. Tu...ti aspetti chissà cosa, ma il motivo per cui ti stavo cercando è talmente semplice che ne rimarrai deluso.» Decide di salire anche lui sul cornicione, spicca un salto. È agile, e ci mette un attimo. Siede come Taemin a cavalcioni, lo guarda dritto in faccia. È un impulso che gli è venuto spontaneo, non sa nemmeno lui dove ha trovato il coraggio e soprattutto l'incoscienza, assopita dentro di lui da una vita.
«E tu dimmelo lo stesso.»
«Curiosità», dice scandendo la parola in sillabe. «Per semplice, pura curiosità. Ti ho visto ballare, anzi, ho visto la tua ombra ballare. Eri solo una sagoma nera dalla mia prospettiva, ti vedevo contro luce con il fuoco, era...eri...» si corregge, pensare a quell'ombra così eterea come ad una persona in carne ed ossa gli riesce ancora difficile. «Un'immagine sfuocata e confusa, e non so cosa si sia innescato nella mia testa, forse perché ero annoiato a morte, ma ho provato il desiderio di scoprire il tuo volto. Di sapere il tuo nome. Volevo sapere perché tu fossi lì a ballare da solo così perso nella musica, mentre tutti gli altri festeggiavano in gruppo il solstizio d'estate.» Fa una pausa si umetta le labbra con la lingua in un movimento rapido. Quella motivazione gli sembra tutt'ora troppo debole. «Sai...guardarti ballare mi ha estraniato dal mondo per pochi istanti, sei bravo.»
Taemin lo guarda con occhi grandi e neri, risplendono come il luccichio della luna sul mare.
«Grazie.»
Il suo tono è neutro, non aggiunge altro. Forse è davvero rimasto deluso, forse invece è solo in imbarazzo, difficile dirlo.
È che il cuore raramente gli batte così forte, e non si azzarda a parlare per non far trapelare la sua emozione.
«Scommetto che è proprio quella la tua ossessione, la danza. Dico bene?»
«Cos'è tutta questa sicurezza? Non farmi insospettire Choi Minho.» Ridacchia, ma lo sguardo che gli rivolge è affilato.
«No, no. Abbiamo chiuso con la storia dello stalker, basta», scuote una mano, camuffa una risata. «È che il tuo modo di ballare parlava quella notte, te l'ho detto.»
«Ballare mi piace ma per me è solo un modo per liberare la mente come tanti altri. Però se proprio ci tieni, un'ossessione ce l'ho anch'io sai; lalibertà. È lei il mio pallino fisso.»
Minho inarca un sopracciglio, questa non l'aveva mai sentita.
«Lo so, la trovi una risposta insolita. Io invece penso che sia fin troppo comune.»
«Spiegami. Dimmi quello che pensi, non essere così criptico.»
«Be', personalmente odio sentirmi costretto, o troppo vincolato a qualcosa...o a qualcuno. Imprigionato in un posto. Devo essere, e sentirmi libero.Sempre. Libero di salire su un autobus e arrivare dall'altra parte della città, senza meta, e soprattuto senza il pensiero di dover ritornare, ad esempio. Ho sempre avuto gran fame di vita, e la libertà totale è il mio...carburante per andare avanti. Non so se mi spiego, non so se capisci, ma per me le due cose vanno di pari passo, sono inscindibili. La libertà porta vita. È come il vento sul viso. Come la voglia di volare.»
Il suo volto si illumina, schiocca le dita nell'aria. Gli occhi sono accesi dalla luna, ma anche da qualcos'altro. Parla animato dalla passione, da un desiderio vero e incomprensibile. «Ecco, prendi un qualsiasi essere umano, anche uno con una fifa tremenda per le altezze. Chiedigli se vorrebbe avere un paio d'ali... cosa pensi che risponderebbe?»
«Sì?»
Annuisce.
«È un desiderio intrinseco nell'essere umano, desideriamo sempre cose impossibili. Per questo dico che è un pensiero comune. C'è chi è più pigro di altri, ma tutti sogniamo una vita piena. Una vita libera.»
Minho sembra ragionarci sopra, è un pensiero che lui non ha mai avuto, la sua rutine semplice, fiscale e monotona gli è sempre andata bene, l'ha sempre trovata sicura e confortante ma non glielo dice. Taemin gli sembra così giovane e appassionato che decide di non discutere, di non rovinare il momento.
Il suo discorso gli sembra anche così triste, non è sicuro di averlo compreso a pieno ma quella che vorrebbe e descrive è una vita senza radici, e senza vincoli. Una vita solitaria.
«Quindi...» inizia, si umetta le labbra perennemente screpolate con la lingua, mentre cerca di radunare i pensieri. Riformula da capo il suo quesito. «E la libertà, pensi sia impossibile da raggiungere, come è impossibile il sogno di volare?»
«No affatto, io ci sono nato libero. Penso però che sia impossibile rimanerci.»
La sua riposta è secca e sicura.
«Perché? La libertà la perdi solo se ci rinunci, e tu non mi sembri il tipo.»
Taemin sorride. I suoi occhi si piegano in due simpatiche mezze lune. Non si conoscono ma quel ragazzo l'ha già inquadrato bene.
«Giusto. Ma non si sa mai.»
Si rovista nelle tasche dei pantaloni. Sono jeans, larghi come quelli che portava la notte del falò, ma più chiari, sbiaditi dal sole, e tempestati di tagli. Le gambe sono molto magre come Minho aveva ipotizzato, e pallide.
Tira fuori un pacchetto di sigarette dalla confezione bianca e oro, se ne accende una.
«Vuoi?» protende il pacchetto verso Minho che scuote la testa, rifiuta.
«Non fumo, grazie.»
«Lo immaginavo», ride. «Hai proprio l'aria di essere un tipo noioso. Non lo so neanche io perché 'sto qui a parlare con te.»
«Non sei obbligato. Sai...me lo stavo chiedendo proprio ora, tu ed io siamo completamente diversi, ogni parola che scambiamo ci allontana sempre di più. Non so cosa ti spinga a rimanere, davvero.»
«Perché ne ho voglia, Minho. Lo so che va contro ogni logica, ma ne ho voglia. Stavo solo scherzando. E tu
«Be', sono qui.»
Taemin annuisce, cinge la sigaretta con le labbra e tira. La diversità a lui piace specialmente quando è così netta.
«Cosa pensi di Kibum?» chiede di getto mentre il suo viso viene offuscato da una nuvoletta di fumo grigio e denso
«Mi sembra un tipo apposto. Più o meno
«Lo pensi anche di me? Che pensi di me?» la sua voce si anima, gli occhi si accendono ancora di più.
Prende un'altra boccata dalla sigaretta.
Minho ride.
«Penso che sei di una sfacciataggine assurda.»
Sì, una sfacciataggine bella e pura. Quella che hanno i bambini o le persone istintive che vivono senza schemi. Taemin è davvero una persona libera, lo si capisce persino da come parla. Sembra non avere limiti, né paure.
Sente che tutto l'astio nutrito inizialmente nei suoi confronti è messo completamente a tacere. Forse non è nemmeno mai esistito. Quel ragazzino l'ha soltanto attirato fin dal primo istante.
«Ma questo me l'hai già detto!» batte una mano sul cornicione, lo guarda male. Si aspettava qualcosa di nuovo, qualcosa di più articolato.
«Davvero ti interessa quello che pensa la gente di te? Non ti facevo il tipo.»
«Per niente. Non mi interessa per niente. Ma in questo momento quello che pensi tu, . Sono curioso anche io mettiamola così.»
«E va bene.» Minho si prende un attimo per pensarci, poi si rende conto che non ne ha nemmeno bisogno. Forse è la vicinanza con Taemin che gli fa quest'effetto, anche lui decide di essere sfacciato stavolta, senza filtri.
È proprio vero che parlare con gli estranei è più facile, si è sinceri senza timori.
«Devo proprio dirtelo; i tuoi capelli fanno schifo. Schifo. Sono pessimi. Quel viola è così brutto che mi fanno male le pupille solo a guardarlo. E anche le tue labbra. No, cioè...quelle non fanno schifo, ma sono strane. Troppo grandi.»
Taemin lo guarda sconvolto, quasi gli va di traverso il fumo. Alla faccia della sincerità.
«Le mie labbra non sono strane! Le tue piuttosto, sono rotonde
«Guarda qui» Minho lo ignora. Allunga una mano senza pensarci, poggia l'indice sopra al suo labbro superiore centrandolo perfettamente. È soffice e carnoso esattamente come si aspettava che fosse. Lo schiaccia un po', ma con delicatezza. «Hai l'arco di cupido largo quanto il mio indice. L'ho pensato la prima volta che ti ho visto, e avevo ragione.»
Il ragazzino sbarra gli occhi ancora di più, si scosta di scatto. Non si aspettava un contatto così netto, è stato completamente inaspettato.
Butta via la sigaretta e scuote la testa divertito e frastornato. Non è abituato a farsi toccare le labbra da uno sconosciuto.
«Pensi sempre queste cose strane quando incontri gente per la prima volta? Sei assurdo
«È una cosa talmente evidente...»
«Ho capito, le mie labbra non ti piacciono, e i miei capelli ti fanno schifo. Giudizio fisico; negativo. Ricevuto. Ma di me come persona che pensi?»
Minho scuote frenetico entrambi i palmi delle mani.
«No!No...non ho detto che sei brutto, non mi fraintendere...»
«Lascia stare. Di me come persona che pensi?» ripete.
«Taemin, non puoi chiedermi queste cose, ti conosco troppo poco. Anzi, non ti conosco affatto
«Lo so
«E allora sai che non posso risponderti. Il nostro primo incontro non è stato dei migliori, e nemmeno il secondo è andato tanto bene, quindi...»
«Quindi ti sto sul cazzo. Va bene
Ma che tipo...
«Non essere così estremo», si copre la bocca con una mano, ride. «Non è così.»
Non è così per niente, una vocina gli sussurra nel cervello. Se fosse stato insofferente alla sua compagnia non avrebbe mai desiderato che il tempo potesse scorrere più lentamente, in tutta calma, per concedegli di stare con lui il più possibile, come sta facendo incosciamente da quando sono arrivati al pontile. Vorrebbe che quella notte fosse eterna.
Sta bene, come non stava da un po'. Sente lo stomaco leggero e pieno insieme, quella sensazione che si prova quando si scopre una persona nuova, quando si parla con qualcuno d'interessante e complesso per la prima volta. L'ebrezza frizzante della novità.
«Non me la sono presa, anzi è normale che tu non abbia proprio una buonissima opinione di me. D'altronde per me è lo stesso, sai? Ma le prime impressioni non contano mai davvero, si è sempre in tempo per cambiare idea, è questo il bello. Basta conoscersi.» Gli risponde Taemin. Si alza in piedi sul cornicione, fa due passi avanti poi porge la mano verso Minho invitandolo a tirarsi su, ad unirsi a lui. «Tregua. Ti va?»
Gli sta offrendo la sua amicizia. Lo sta invitando ad approfondire il loro rapporto ancora incerto, indefinibile.
Minho lo guarda con terrore e sorpresa, il cornicione è sufficientemente largo per tenere vicini entrambi i piedi ma è comunque pericoloso. Basta una distrazione, un piede messo male e...
Sorride. Uno di quei sorrisini sghembi, di sfida.
«Mi va.» Gli afferra la mano, balza in piedi. Non aspettava altro, quel ragazzino lo incuriosice troppo. Perfino questo suo modo di chiedere le cose esplicitamente lo affascina, non è una caratteristica della gente comune.
Anche Taemin sorride, e la sua stretta si fa più forte. La tregua è sancita.
«Non pensavo saresti salito.»
«Ah, quindi era una provocazione, mi mettevi alla prova?»
Taemin non risponde, si volta dall'altra parte. Fa qualche passo lungo il cornicione rimanendo sempre lontano dal bordo esterno.
«Mi piacciono le persone che sorprendono.»
Mette un piede avanti l'altro, ogni tanto perde l'equilibro e spalanca le braccia per riacquistarlo.
Visto da dietro, così piccolo e inaspettatamente goffo, fa tenerezza. Sembra un bambino immerso nel suo mondo di fantasia. È così diverso dall'ombra che ha visto danzare sicura e sinuosa introno a quel fuoco immenso solo pochi giorni prima.
«Taemin...hai davvero vent'anni?»
Minho lo segue. Fra i due è senza dubbio quello più spaventato, ma è anche quello più stabile. Avanza con sicurezza senza vacillare.
Il più piccolo si ferma un attimo poi riprende il suo percorso.
«
«Vai all'università, quindi.»
«No.»
«Che fai allora?»
«Sopravvivo.»
«Taemin...»
«Che c'è? Stai facendo le domande sbagliate.»
«Sto facendo domande normali, la conoscenza inizia da queste cose.»
«No. La conoscenza è tutt'altro, lascia perdere queste formalità così banali. Non contano niente alla fine dei conti. Sono solo parole, solo informazioni...la gente va vissuta. Vanno fatte cose insieme.»
«Fai tu le tue domande giuste allora.»
Taemin fa una mezza piroetta, si volta e lo guarda dritto in faccia. Un sorriso gigante gli si apre sulle labbra.
«Te la sei presa?»
«E questa ti sembra una domanda giusta?» chiede, allargando le braccia.
Taemin ride di cuore. Gli si avvicina sferrandogli un piccolo pugno sulla spalla. Poi un altro. Scopre che quel contatto confidenziale e amichevole gli piace, e lo colpisce ancora una volta.
«Se metti il broncio mi viene naturale chiedertelo, me l'hai strappata dalla bocca.»
Minho lo afferra per il polso, lo tiene stretto impedendogli di continuare a colpirlo.
«Non me la sono presa...devo solo abituarmi alle tue stranezze.»
«Hai tutto il tempo.»
«Questo non lo so. Da quello che dici potresti sparire dalla mia vita in qualunque momento, anche tra cinque minuti.»
«Giusto, è probabile. Be', non abituarti allora.» Ammicca verso il suo polso ancora rinchiuso nella mano del più grande. Scrolla il braccio, si libera da quella presa ferrea e fa un piccolo salto scendendo giù dal cornicione.
Ora è sul pontile, sono soli. Qualche persona siede al bar, ma è parecchio distante dal punto dove si trovano loro.
A volte faticano a sentirsi, il vento soffia troppo forte, anche il mare è agitato, si schianta contro le colonne portanti del pontile ed ogni volta è un tonfo sonoro. Qualche schizzo riesce persino a raggiungerli.
Se Minho non avesse imparato a conoscerlo un minimo penserebbe che sia sceso perché ha paura.
La vista è suggestiva, l'oceano nero e arrabbiato a lui ha sempre messo inquietudine. Ma è un sentimento giusto, una presa di coscienza verso qualcosa di così immenso e brutalmente forte.
Scende anche lui, di buon grado.
«Credo che non ci riuscirei nemmeno volendo. Siamo troppo diversi io e te.»
Cammina dietro Taemin a passo lento, nessuno dei due ha fretta.
«Le stranezze sono belle proprio perché incomprensibili, e l'abitudine fa perdere fascino ad un sacco di cose, meglio così. E poi dal mio punto di vista quello strano sei tu
«Perché siamo agli antipodi, è normale
«È bello
«Davvero lo pensi?»
«Non dubitare sempre di quello che dico. Lo penso,
Minho guarda l'orologio, è passata più di un'ora e nemmeno se ne è reso conto. Forse dovrebbe tornare da Jonghyun, alla fine gli ha promesso che sarebbe stato con lui. Si sente un traditore, ma anche più leggero. Quella con Taemin è una questione strana e andava chiarita, ed ora che le cose sono a posto è pronto a mettere una pietra sopra agli insulti detti, è pronto a tendere una mano verso la conoscenza che hanno iniziato da poche ore.
«Torniamo?» chiede incerto. Non è sicuro di avere voglia di andarsene da lì, -anzi la pensa esattamente come prima riguardo al tempo- spera quasi che Taemin gli risponda di no. Che gli dica che è un vecchio, noioso attento al coprifuoco. Ma quello che vuole lui non accade quasi mai.
«
Taemin si ferma, si aggiusta i pantaloni sui fianchi che gli stanno almeno tre volte e ogni volta scivolano giù. Sono troppo grandi per lui, per quella vita che sembra tanto sottile.
Aspetta che Minho lo raggiunga per riprendere a camminare fianco a fianco con lui, verso la spiaggia. Entrambi mantengono un andamento lento, hanno deciso di tornare ma continuano a non avere alcuna fretta. La notte è infinita, li aspetta, li accompagna.
Fanno qualche metro in silenzio, poi Minho decide che deve dirgli una cosa, ci pensa da un po'.
Si volta e lo guarda. Dalla sua prospettiva è proprio piccolo, lo vede così gracile e ossuto che gli viene spontaneo pensare che forse non mangia a sufficienza. Poi gli guarda le guance paffute e si rasserena. Sul suo viso si notano solo le labbra, grandi e rosse, e le ciglia lunghe che sporgono sopra agli zigomi incurvandosi verso il cielo.
Sì, deve dirgliela per forza.
«Ehi, Taemin?»
«Mh?»
«Ho una domanda giusta
Taemin sì ferma di nuovo e lo guarda. Non dice niente, assimila solo quello che ha sentito e poi sghignazza.
«No dico davvero.»
«Sono qui allora, spara dai.»
«Hai da fare domani?»

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