V. [Interludio]KIBUM

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Such a beautiful view

V. [Interludio]KIBUM


«Tu non parli mai.»

L'acqua che scorre dal rubinetto è l'unico suono netto che si avverte, se si escludono le onde che vanno infrangendosi sul bagnasciuga e il grido dei gabbiani che sorvolano l'oceano in attesa di un bel pesce.
Sono le cinque passate del mattino, la spiaggia è vuota e le lucine del bar che piacciono tanto a Minho, ancora accese anche se con il sorgere del sole non si notano più di tanto.
Kibum lava a mano gli ultimi bicchieri rimasti nel lavandino, non può permettersi una lavastoviglie e in fin dei conti nemmeno la vuole. Non si fida. L'igiene del bar è una cosa della quale si deve occupare personalmente.
È sabato mattina, quello che li ha salutati è stato un venerdì sera intenso, di quelli belli tosti. Un venerdì sera da pienone. Si sente stanco, ma nulla d'ingestibile, c'è abituato.
La maglietta larga che indossa sembra quella dei giocatori di basket, ma non ha la stessa stazza; le maniche che dovrebbero arrivare al bicipite a lui cadono oltre gli avambracci. Se le è arrotolate già tre volte per non bagnarle. Sulla fronte ha ancora una di quelle fascette da tennista, ne ha una collezione intera, tutte firmate e diverse, da abbianre alle magliette.
Una delle treccine sulla frangia gli è finita dietro l'orecchio lasciandogli il viso ben scoperto. Il suo profilo è grazioso, con quegli occhi stretti e lunghi, il nasino piccolo e leggermente all'insù. Le labbra a cuore che nella concentrazione, o spensieratezza, hanno assunto un delicato broncio all'infuori, sempre rosa e mai davvero rosse.
Jonghyun lucida il bancone e ogni tanto butta l'occhio verso di lui. Non può farne a meno.
Il lavoro al bar gli piace più di quanto avesse mai creduto possibile, lo occupa, lo diverte. I suoi amici vengono a trovarlo quasi tutte le sere, condividono una birra o due quando c'è meno lavoro e si fanno due risate. La mattina dorme beatamente fino a pomeriggio inoltrato e giura di non aver mai dormito meglio in vita sua, quando la testa tocca il cuscino crolla, perso in un sonno profondo e senza sogni, gli sembra una benedizione, una meraviglia. Lui, che ha sempre lottato con i suoi problemi d'insonnia, lui che gli occhi non li chiudeva mai se non vedeva il sole sorgere.
La notte è sempre stata dura e adesso affrontarla gli sembra più facile. Adesso fila via e non se ne accorge.
Gli sembra di aver trovato proprio il suo posto giusto, e il profilo di Kibum è una conferma. Anche lui gli piace più di quanto avesse creduto possibile, anche se non lo capisce. Non riesce a decifrarlo come vorrebbe.
«Tu non parli mai.» ripete, sicuro che l'altro non l'abbia sentito la prima volta per via del getto dell'acqua.
«Ho capito. Non parlo ma ci sento. Dimmelo una terza volta già che ci sei.»
«Ma non mi hai risposto!»
Jonghyun sbatte lo straccio sul banco, lo guarda incredulo. Anche un filo offeso.
«Dovevo? Non mi sembrava una domanda.»
«Le conversazioni normali, quotidiane, tra due persone che lavorano insieme e si vedono tutti i santi giorni, non sono basate sulle domande, quelli sono gli interrogatori, e a me non interessa fartene uno. Parlami, dai. Parliamo.»
«Ve bene. Giusto, io non parlo molto. Tu invece sì. Conversazione finita.»
«Perché sei così
«Siamo passati all'interrogatorio ora?»
«Ti guardo quando ti relazioni ai clienti e sei così radioso e gentile. Sorridi a tutti...poi tutti se ne vanno e tu ti spegni.»
«Tu la lasci accesa la luce nella tua stanza quando esci?»
«Ma qui ci sono ancora io. Non sono degno della tua luce?» Ride. Forse non gli va più di tanto a genio, il sospetto l'ha sempre avuto. E' troppo freddo con lui, rigido.
«Tu non conti, tu non mi dai da mangiare. Vedi, quando si fa un lavoro come questo a stretto contatto con le persone, bisogna scendere a compromessi. Il cliente vuole essere servito con un bel sorriso e non con un cipiglio. Se è un giorno di tempesta tu devi vedere comunque il sole, devi fare finta. Con loro devo essere quello che hai visto fino a venti minuti fa, altrimenti avrei chiuso baracca già da un bel po'. E poi mi dici cosa faccio, come mangio? È un discorso che ti ho già fatto. »
Jonghyun scuote la testa. Questo lo sa già. È un discorso che hanno affrontato il suo primo giorno di lavoro e che ricorda ancora a memoria, tanta era la paura iniziale di sbagliare qualcosa.
«Non è quello che intendevo dire...se ti spegni non mi importa, anzi. Penserai che sono un folle ma vorrei tanto sapere cosa ti passa per la testa quando siamo solo tu ed io, quando non sei più il barista ma solo Kibum. Quando il sole se ne va e resta la tempesta. Ti ammutolisci e diventi più...diventi più bello», china il capo, e si gratta il retro del collo come fa sempre quando è in imbarazzo «Sì, lo so sono uno scemo ma dovevo dirtelo.»
Adesso si sente un po' meglio.
Non lo sa nemmeno lui quando ha cominciato a guardarlo con occhi diversi. Kibum è sempre bello, ed è un dato di fatto. La mattina con il sole che gli bacia tutto il viso, e gli occhi gli diventano più stretti ancora. Il pomeriggio quando la luce del tramonto si diverte a creare riflessi argentei sui suoi strambi capelli turchini. La sera, quando sorride a tutti, quando è dolce e docile come un bambino.

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