XI. PARTY

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Such a beautiful view

XI. PARTY.



Il pub è sulla spiaggia, nella parte più a sud della città in una zona isolata. All'esterno non è che uno dei tanti edifici anonimi, dall'aspetto un po' fatiscente e dalla forma quadrata che si estende su una piccola duna di sabbia. Sul retro, a sorpresa, un lungo pontile di legno lo collega al mare aprendosi in una piattaforma sull'acqua illuminata da una fila di lanterne bianche.


L'interno è in stile soft grounge; pareti di mattoni, o di vernice, tutte di colori diversi e accesi. Sgabelli di legno alternati ad eleganti divanetti bianchi in stile rinascimentale, e puff di velluto rosso sparsi ovunque.
Taemin scende dal motorino bianco di Jinki, un vero gioiello in confronto al suo, si slaccia il casco mentre il più grande assicura il mezzo legandolo con la catena all'apposito paletto nel parcheggio riservato.
Quel posto gli piace subito al primo sguardo. Forse perché a vederlo è un po' un casino proprio come lui, un caos generico. O forse perché di interior design non ci ha mai capito niente.
La musica dentro è alta, da spaccare i timpani. Nei dintorni non ci sono abitazioni, solo un parco divertimenti poco distante e qualche bancarella lungo la strada principale.
Nessuno reclama mai per il troppo baccano è il posto adatto se si vuole ballare fino a perdersi.
Si guarda intorno e si ritrova a sorridere inconsciamente, l'atmosfera di festa, la musica forte che sembra essere riprodotta dentro alla sua testa anziché da un mixer, le luci psichedeliche...sono tutte cose che generalmente gli mettono il buono umore. È positivo, riuscirà a far passare quella notte senza piangersi troppo addosso. Senza pensare a lui.
Riconosce la testa bianca di Jonghyun quasi subito, gli basta un'occhiata panoramica e la vede, è l'unica che riflette i colori delle luci: prima rosa, poi verde, blu e viola...
È nell'angolo a sinistra seduto su uno sgabello di legno sporco di vernice bianca ma dall'aspetto comodo. S'incammina verso di lui trascinando Jinki per un lembo della maglietta per non rischiare di perderlo di vista, c'è troppa gente lì dentro a dividersi e non ritrovarsi basta un attimo.
Si fa strada a suon di gomitate e "permesso" urlati tra i corpi che ballano scatenati e poi si ferma di colpo.
L'attenzione gli cade sul divanetto bianco che prima non era riuscito a vedere, nello stesso angolo accanto allo sgabello di Jonghyun, è a chi c'è seduto sopra.
Una maglietta verde smanicata, capelli color grano, uno sguardo perso nel vuoto, le sopracciglia aggrottate e una bocca carnosa, imbronciata, con uno stecco di gelato che gli pende tra le labbra.
Anche così, in quella situazione del cavolo, anche se lo odia, non può fare a meno di sentire il cuore scoppiargli nel petto. È troppo bello.
Gli toglie il fiato tutte le volte.
Quanto non gli piace quella sensazione di debolezza, quel rendersi conto che se solo Minho glielo chiedesse lui si abbandonerebbe nelle sue braccia subito. Tutte le sante volte. Anche ora.
È capace di annullare tutte le parole e le offese in un secondo, perché di stare lontano da lui ne ha già abbastanza.
«Hyung», dice a voce alta per sovrastare la musica, ma più che altro i suoi stessi pensieri così schifosamente remissivi. «Perché cazzo non mi hai detto che ci sarebbe stato anche lui
«Eh? Ma chi
Taemin lo guarda scocciato. È a braccia conserte, gli fa un cenno leggero con la testa verso Minho. Jinki lo segue con lo sguardo.
«Ah, lui.» Si gratta il capo imbarazzato, l'espressione però è innocente. Non credeva ce ne fosse il bisogno. «Dai Taem, è la festa di un suo amico te l'ho detto, pensavo fosse scontato.»
«Non lo era. Ti pare che sarei venuto?»
«La colpa è tua che sei sempre con la testa tra le nuvole. Ormai sei qui...goditi la festa.»
«Senti hyung, è l'ultima persona che voglio vedere in questo momento. Me ne torno a casa.»
«Non puoi.»
«Certo che posso. Non darmi ordini.»
«Invece no, perché ti ha visto
Taemin si volta di scatto senza sapersi trattenere, Minho ha alzato gli occhi, lo sta fissando. Lui ricambia, perlomeno ci prova. Cerca di sostenere il suo sguardo impossibile come meglio può, anche se sente già lo stomaco in poltiglia.
Sconfitto miserabilmente.
«Cazzo...» sibila. È fregato. Non può andarsene adesso, ha ragione Jinki. Che razza di figura ci farebbe se scappasse via come un codardo?
Non è nella sua indole.
Non può dargli quella soddisfazione.
«Va bene, andiamo.»
Va da loro a testa alta, ma per l'espressione scocciata che gli arriccia i lineamenti del volto non riesce a fare granché. È troppo concentrato a tenere a bada la rabbia, l'istinto di andarsene o di prendere ogni singolo oggetto in quel pub e scaraventarlo in faccia a Minho. O, perché no, quello di baciarlo fino a scordarsi di respirare, lì, davanti a tutti, su quel dannato divano.
Si siede sulle gambe di Jonghyun, gli avvolge amichevolmente un braccio intorno alle spalle per comodità. L'altro lo stende, prende una bottiglia di birra chiusa da un tavolino ricco di spuntini e bibite, la apre e se la porta alle labbra. Guarda Kibum, che è seduto sul divanetto vicino a Minho, gli chiede il permesso con lo sguardo e lo trova. Sono tutti amici ormai, non c'è malizia nell'abbracciarsi o condividere un contatto più stretto come quello, e l'unico altro posto libero sarebbe stato il puff rosso che si trova praticamente davanti alle gambe di Minho; non se ne parla.
Il puff se lo prende Jinki.
«Dov'è il festeggiato?»
«In consolle a dirigere il dj. Ci tiene che ci sia la musica giusta.» Risponde Jonghyun indicandogli il punto esatto con un pollice.
«E conosce tutta questa gente? Sono tutti invitati? Accipicchia.» Fischietta. Ci saranno almeno duecento persone lì dentro.
«No in realtà. Ma Changmin è uno stacanovista vuole sempre dare una buona impressione. Fa le cose in grande.»
«Da bere è ottimo», dice Tamin pulendosi con il dorso della mano la bocca umida e amara di birra.
«Occhio a Minho», fa Kibum verso il più grande del gruppo. «Si è sparato già due di quei ghiaccioli al Mojito che gli piacciono tanto. Vorrei evitare spiacevoli inconvenienti tipo riportarlo a casa di peso, o pulire il vomito da terra.»
«Sto bene.»
«Vacci piano schiappa.»
«Ho detto che sto bene.» Ripete serio.
Taemin evita di guardarlo. Stavolta decide che non gli importa se si prende una sbornia, problemi suoi. Anzi meglio, così magari arriveranno a tormentarlo un po' di sensi di colpa per tutto quello che gli ha sputato addosso come veleno da cui disfarsi. Avvelenando lui.
«Le quantità di alcol in questi ghiaccioli sono davvero minime, se riesce a sbronzarsi così c'è da ridere.» Jinki legge gli ingredienti scritti sul retro della bustina di carta, stringe gli occhi per riuscire a distinguere i caratteri minuscoli. Poi il suo volto si illumina. «Ehi, c'è anche alla Piña Colada, ne voglio uno!»
«Certo, che si può fare affidamento su di te Lee Jinki. Sei peggio dei bambini a volte.»
«Lasciami in pace Kibum. E' una festa, possiamo sgarrare un po'. Tu vuoi qualcosa Taem? Siamo arrivati e non abbiamo preso nulla.»
Anche Taemin s'illumina.
«Voglio lo champagne hyung!»
«Ricevuto!»
Minho sbuffa. Si alza dal divano e si sistema i jeans sulle ginocchia. Di quel quadretto ne ha già abbastanza. Taemin è tornato ad essere il pupillo di tutti come se niente fosse, se lo viziano e se lo coccolano come sempre. Nello stato d'animo in cui riversa non ce la fa proprio a vedere tutte quelle gentilezze, tutti quei sorrisi, a sentire quelle voci allegre capaci di divertirsi sul serio. Specie la sua.
«Dove stai andando?» Gli chiede Jonghyun mentre sgranocchia patatine.
Stavolta Taemin non riesce a controllarsi, gli occhi scattano diretti sul suo viso.
«Vado a prendere una boccata d'aria in terrazza. Questo non è il mio habitat, lo sai.»
«Stai bene? Vuoi che venga con te?»
Minho fa cenno di no.
«Giusto il tempo di una sigaretta. Ce l'hai Kibum?»
Kibum si rovista nelle tasche per sicurezza ma sa già la risposta.
«Finite prima di entrare.»
«'Fa niente, chiederò a qualcuno su.»

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