XV. FERITO

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Such a beautiful view

XV. FERITO.


Sulla sua lingua il caffè è bollente ma soprattutto è intenso, delizioso, insostituibile.Improbabile.Le abitudini a volte cambiano e cambiano pure i gusti. A volte arriva qualcuno che ci stravolge da cima a fondo e quando ci si guarda indietro ricordando le preferenze del passato ci viene semplicemente da sorridere, tutto sembra solo così lontano da noi. Estraneo, come se non ci fosse mai appartenuto.
Ed ecco che il tè nero bollente della mattina viene sostituito con una piccola tazza di espresso - che prima odiava davvero con tutte le sue forze- addolcito da un cucchiaino scarso di zucchero. E i biscotti secchi, da una bella fetta di pane imburrato ricoperta di marmellata agli agrumi.
È tutto normale visto da fuori; un ragazzo bello e giovane appena sveglio, che fa una colazione perfettamente normale, giusto un po' europea, nel suo appartamento. Solo chi lo conosce davvero riesce a cogliere il cambiamento, la stranezza dietro quel gesto.
Quella è la colazione preferita da Taemin e in qualche modo, nel corso dell'ultimo mese, tra una litigata e l'altra e il fare l'amore ovunque, è finita per diventare anche la sua colazione preferita, abituale. Forse è la vicinanza, quando si condivide più o meno tutto con una persona si finisce per assimilare non solo i suoi modi di fare, ma anche i suoi gusti, un po' della sua stessa essenza, e ce ne accorgiamo quando quella persona non c'è più, quando rimane solo la sua assenza ad avvolgerci completamente. Quando la storia bellissima che stavamo leggendo d'un tratto finisce e voltando pagina ci si ritrova davanti ad un anonimo foglio bianco e muto, gli occhi vagano, cercano ma non trovano più niente.
Forse è per questo che mentre la consumava tutto aveva un sapore così dolce in un primo momento poi, una volta terminato, l'amaro gli ha avvolto la lingua senza andarsene più.
Esattamente come ha fatto Taemin con la sua vita.
Sente il bisogno di mandare giù un bel bicchiere d'acqua fresco, dissetante capace di scacciare via almeno l'amaro dalla sua bocca - l'unico che è in grado di debellare- che gli impasta la lingua e chiude la gola, ma forse per quest'ultimo sintomo la colpa va attribuita ai ricordi. Arrivano all'improvviso, indesiderati, durante la giornata, dietro ai gesti più semplici.
Fare colazione senza Taemin che gira scalzo e mezzo nudo per tutta la cucina gli fa schifo. Senza il casino che fa per cucinare, senza l'eco della sua risata gioiosa che esplodeva quando lui lo sorprendeva da dietro iniziando a solleticargli i fianchi.
Quell'appartamento è diventato di nuovo silenzioso. È morto, appassito. Troppo vuoto.
Con un polso si pulisce il rivolo d'acqua che gli è colato sul mento, nel frattempo si impegna a non pensare. Né al passato, ai primi giorni folli e felici con Taemin. Né alla delusione, al dolore devastante e improvviso arrivato la notte scorsa. Si concentra sul bicchiere che tiene in mano rigirandoselo sotto agli occhi attenti, lasciandosi rapire dai giochi di luce arcobaleno che crea contro le piastrelle quando viene sfiorato dai primi raggi del sole. Pensa a quanto sia pulito e leggero, un cristallo così delicato da poterlo rompere in un baleno...renderlo simile a lui. Contempla l'idea di scaraventarlo a terra, guardarlo farsi in frantumi, guidato da un impeto pieno di egoismo, tanto per avere un po' di compagnia, per non essere l'unico a pezzi, ma un colpo sordo, improvviso contro la porta, blocca il suo gesto folle. Uccide sul nascere quel pensiero così sciocco.
Arriva un altro colpo, stavolta più deciso e rapido.
Minho fa una smorfia infastidita, non aspetta nessuno. Non ha voglia di vedere nessuno. Resta a fissare il vuoto valutando l'idea di ignorare la richiesta di quell'ospite inatteso.
Arrivano altri due colpi secchi, insistenti ma non lo smuovono, al contrario, sembrano passare ore prima che si decida finalmente ad alzarsi dallo sgabello, rassegnato con le spalle basse. Poggia il bicchiere sopra uno dei banconi della cucina, lo posa al centro lontano dai bordi per evitare che cada a terra. Ha cambiato idea: di cocci da raccogliere ce ne sono già abbastanza nella sua vita non ha bisogno di accumularne altri. Toglie la tovaglietta di plastica dal bancone della cucina, sgrulla le briciole nel lavandino poi la ripone in un cassetto, solo allora si trascina fino alla porta prendendosela con calma, chiunque ci sia dall'altra parte non gli interessa affatto quindi può benissimo aspettare, anzi in tutta sincerità spera di non trovarci più nessuno.
Come sempre gli va male.
Apre, è Jinki. L'istinto è quello di richiudere subito, con rabbia, e forse deve averci anche provato inconsapevolmente perché il più grande afferra rapidamente la porta con un braccio e spinge per entrare.
«Buongiorno!» Dice. Accenna un sorriso. Lo fissa con attenzione e la sua faccia cambia. Sorpresa poi dispiacere si alternano sul suo volto stanco, sembra che anche lui non abbia chiuso occhio quella notte.
«Che vuoi?»
Minho resta impassibile, è scocciato. Il fatto di aver dormito male e di essersi alzato così presto è di per sé un valido motivo per rendersi scontroso, se poi mette in conto tutto quello che è successo nelle sue ultime quarantotto ore...
Quello che più lo infastidisce è lo sguardo compassionevole che gli viene rivolto.
Non si è guardato molto allo specchio ma è più che sicuro di avere un aspetto orribile. Gli occhi saranno gonfi per le pochissime ore di sonno, i lividi si saranno fatti più neri, quelli sul busto invece avranno terminato il loro processo di espansione ricoprendogli quasi tutta la pelle.
Ma se gli viene riservato quello sguardo è per altri motivi, non di certo per il suo aspetto, ed è proprio quello che non tollera.
Richiude bruscamente la porta dietro alle sue spalle sfogando la rabbia che quel pensiero gli provoca.
«Dovrei chiederti come stai, per educazione, ma te lo risparmio. Direi che è evidente.»
«Potevi risparmiarti anche questa visita.»
«Ma come Minho, non sono il benvenuto? Ed io che credevo di essere il tuo hyung preferito...che colpaccio che mi dai.» Jinki scherza come sempre, o perlomeno ci prova. Gli dà anche una gomitata giocosa come fa sempre dopo aver sparato una battuta che solitamente nessuno capisce.
Ha una busta della farmacia in mano, di solito gli amici per tirarti su il morale portano da bere roba buona, roba forte, come ha fatto Jonghyun la sera scorsa nel cuore della notte, e non antidolorifici e garze di varie dimensioni. Gliela porge provando a formulare un nuovo sorriso.
È proprio un vecchio che sta sempre a preoccuparsi per gli altri in qualsiasi situazione, questa volta però Minho non riesce ad apprezzare quelle premure. Taemin deve averlo messo al corrente delle sue condizioni e quel nuovo pensiero non fa che incrementare la sua rabbia impetuosa. Non ha il diritto di mandargli i suoi amici a casa a fare da controllori, non ha il diritto di preoccuparsi delle sue condizioni fisiche, non quando è stato proprio lui a recargli la ferita più profonda.
«Non lo sei. Vattene.»
Afferra la busta con poco interesse e la lancia sul tavolo. Non ha intenzione di medicarsi con quella roba, per quel che gli riguarda può rimanere a marcire sopra a quel tavolo in eterno.
Jinki sospira guardandosi intorno, alla fine decide di andarsi a sedere sul divano, non è la prima volta che va a casa di Minho quindi si sente completamente a suo agio, anche se l'accoglienza che gli viene rivolta è tutt'altro che amichevole ma l'aveva messa in conto.
«Dovresti essere felice di vedermi, cos'è quel cipiglio?»
«Solo la mia faccia.»
«Taemin mi ha detto che non stai proprio...in forma. Ti sei fatto dare un'occhiata da qualcuno?» Jinki lo scruta preoccupato mordendosi le labbra non appena finisce di parlare. Forse tirare fuori quel nome adesso non è stata proprio una mossa intelligente, ha visto un'ombra scura calarsi sulla faccia dell'amico non appena gli è uscito dalla bocca.
Gonfia le guance in una smorfia carina.
«'Fanculo. Tu e lui.»
È l'unica, orribile risposta che riceve. C'era da aspettarselo.
Sospira. Gli fa strano sentire Minho che di solito è educato e rispettoso, rivolgersi a lui con quei toni ma non lo biasima. Nei suoi panni sarebbe stato furioso anche lui. Sapeva che smuoverlo non sarebbe stato facile, d'altronde nemmeno la situazione lo è.
«Va bene, volevo parlarti normalmente ma forse non è il modo giusto per affrontarti. Mettiamo subito le carte in tavola: ritengo che quello che è successo con...» si blocca di colpo, ci pensa un attimo. Poi decide che censurare il suo nome stavolta non ha nessun senso, ormai l'argomento è saltato fuori. Continua: « Quello che è successo con Taemin non vada ad intaccare la nostra amicizia, o sbaglio?»
Minho lo guarda un attimo allibito, poi si allontana nella sua stanza alla ricerca di abiti puliti da mettersi addosso dopo la doccia, borbottando fra sé e sé. Non ha intenzione di perdere tempo, o cambiare i suoi piani
-quali piani?-
per la giornata solo per stare a sentirlo blaterare stronzate.
Gli parla da lì.
«Non sei un'idiota, non puoi pensare che sia tutto come prima. Mi fai...schifo almeno quanto mi fa schifo lui. Sei suo complice.»
Jinki rimane a bocca aperta e sembra irrigidirsi all'improvviso. Quelle parole gli hanno fatto diventare il sangue di ghiaccio.
Si aspettava un'accoglienza fredda ma non parole così severe.
Cavoli, c'è andato giù pesante.
Si alza e lo segue in camera poggiandosi contro lo stipite della porta a braccia conserte. Ha intenzione di braccarlo stretto.
Se Minho è testardo e impunito, lui allora è caparbio e dalla buona volontà di ferro. Ognuno ha le sue armi.
«Gli hai detto che ti fa schifo?» Aggrotta le sopracciglia, è preoccupato. Lui ha le spalle larghe e forti, incassare un paio d'insulti da parte di un amico ferito non è una grande cosa, anzi gli va benissimo se ciò serve a farlo sfogare è lì per quello. Ma per Taemin è diverso, per spezzare lui basta molto meno.
«No...certo che no...non gli avrei mai detto una cosa del genere.»
Minho si ferma a fissare il pavimento con un paio di boxer in mano. Ha un cipiglio triste sulla faccia che la dice lunga.
Non ha importanza quanto fosse arrabbiato ieri, non sarebbe mai riuscito a dirgli una cosa così cattiva. Lui non ha mai avuto intenzione di ferirlo, di fargli male anche solo per sbaglio, il solo pensiero l'ha sempre terrorizzato. A pensarci bene non doveva dirla nemmeno ora a Jinki, quella frase. Sputare veleno in faccia alla gente non è nel suo stile, per questo i sensi di colpa non tardano ad arrivare. Lo sta usando come suo parafulmini personale, sfogando su di lui tutta la cattiveria che non è riuscito a tirare fuori ieri sera e non è giusto.
«Grazie al cielo, non credo l'avrebbe sopportato...è già abbastanza a pezzi.»
Minho lo guarda di scatto. Non fa in tempo a pentirsi per le sue parole affilate che di nuovo gli viene voglia di riempirlo d'insulti.
Più quella conversazione va avanti e più non riesce a contenere la rabbia. Lui ci prova a tenersi calmo, a mettere un freno alla sua lingua, a valutare i suoi comportamenti con giudizio senza farsi guidare dall'emozioni, ad essere quello buono e razionale di sempre ma Jinki sembra volergli mettere i bastoni tra le ruote tirando fuori le argomentazioni sbagliate.
Ed è proprio l'ultima sua parola a far scatenare in Minho una nuova ondata di rabbia.
A pezzi.
«Certo, povero piccolo ragazzo innocente. È diventata lui la vittima?» Stringe i pugni. I boxer nella sua mano non diventano che una pallina di cotone bianca.
Qui se c'è uno che sta male, che può stare male, quello è lui. Solo lui.
Si sente come un giocatore onesto che ha preso parte ad una gara truccata in partenza. Lui è quello vittima dell'inganno gli altri sono tutti corrotti. Non ammette parole compassionevoli per nessun altro.
«Taemin ha molte più fragilità di quante credi. Tu sei più forte. E non cominciamo ad attribuire ruoli.»
«Aspetta un momento, è la terza volta che tiri fuori quel nome ma...chi è Taemin? Lo conosco? Io dico di no. Anzi dimmi...è davvero il suo nome quello? Ho seri dubbi, ora come ora.»
«Tch, non metterti a fare il bambino», Jinki scaccia via quell'affermazione sciocca con un cenno della mano. «Facciamoci una bella chiacchierata piuttosto, ne abbiamo bisogno.»
«Come mai sentite tutti quanti il desiderio di parlarmi adesso?» Compie mezzo cerchio nell'aria muovendo l'indice a scatti. «Tic-Tac, il tempo è scaduto. Me la sono vista da me.»
Jinki sospira rassegnato, chiude gli occhi. Si sente colpevole di un reato non commesso, vedere Minho in quello stato gli fa male. Il suo muro di resistenza è più solido di quanto aveva previsto.
«Io non potevo farlo prima. Se ti dico che non né sapevo niente delle sue bugie cambi atteggiamento?»
«Bella questa...»
«Be', non sapevo che ti avesse mentito riguardo alla sua età...»
Minho si mette a ridere urtandolo contro la spalla mentre esce dalla stanza per dirigersi al bagno.
«E tutto il resto? Quello è il male minore. Sono altre le cose che non gli posso perdonare, non prendiamoci per il culo.»
«Il fatto che non ti abbia mai parlato del suo passato? Posso spiegartelo io.»
Il più grande continua a seguirlo, come un piccolo cucciolo che aspetta intrepido di essere portato a spasso dal padrone. Cerca di racimolare un po' di attenzione e di spazzare via quell'atteggiamento scontroso e sulla difensiva.
«Il fatto che mi voleva lasciare senza dire niente.»
Stavolta Jinki non ha nulla da dire e Minho gli sbatte la porta in faccia, soddisfatto di essere riuscito a zittirlo, ma è una soddisfazione labile perché torna a fargli male il petto e quel dolore sovrasta tutto.
Apre l'acqua della doccia, Jinki riesce a sentirla dall'esterno.
Sospira e si poggia con la schiena contro la porta. Decide di armarsi di tanta buona pazienza e di aspettare. Minho se lo merita e ha tutta la sua comprensione.
«Va bene, fai con comodo. Io ti aspetto qui fuori, magari nel frattempo preparo una spremuta e un paio di tramezzini da portare via. Ho bisogno di dirti delle cose e tu hai bisogno di saperle. C'è una cosa che devi vedere.»

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